Cent’anni insieme al Tempio della Velocità

“A corsa finita si perde un’ora e mezzo per uscire dal groviglio del parco, ma ci si sente afferrati e contagiati dall’entusiasmo collettivo”. Così scriveva Ciro Verratti sul Corriere della Sera nel 1950, descrivendo alla perfezione il trambusto e il trasporto del Gran Premio d’Italia. Il suono delle macchine che sfrecciano dietro ai secolari alberi del parco è quanto di più suggestivo si possa vivere una volta scesi alla stazione di Biassono. Non si vede, ma si sente, lasciando tutto il resto al lavoro dell’immaginazione. Ma nell’immenso Parco di Monza, il quarto parco recintato più grande d’Europa, cent’anni fa ha preso il via una storia molto concreta.

Cent'anni insieme al Tempio della Velocità

Le origini “anarchiche”

Il circuito di Monza è il terzo a nascere a livello globale dopo quelli di Brooklands (Inghilterra) e Indianapolis (USA), il primo autodromo permanente in Italia (fino a quel momento le gare automobilistiche si svolgono soltanto su circuiti cittadini o percorsi extraurbani), ed il solo ad essere progettato e realizzato seguendo caratteristiche che consentono di testare la potenza del motore e la tenuta di strada, senza sovrapporsi ai contorni paesaggistici ma piuttosto sfruttandoli per definire la propria morfologia e la propria identità. Il destino dell’automobile si intreccia con quello della Casa Reale: dopo la morte di Umberto I, assassinato proprio nei pressi della Villa Reale di Monza il 29 luglio del 1900 dall’anarchico Gaetano Bresci, i Savoia decidono che non vogliono più avere niente a che fare con quei luoghi ameni diventati nefasti (e c’è anche una questione legata ai costi di manutenzione), tanto che nel 1919 cedono la tenuta monzese all’Opera Nazionale Combattenti (ONC) che, a sua volta, per l’incapacità di generare ricchezza da quella scomoda eredità, cede tutto ad un Consorzio formato dai Comuni di Milano e Monza e dalla Società Umanitaria (CMMU). L’Automobile Club Milano, quindi, costituisce la Società Incremento Automobilismo e Sport (SIAS), soprattutto con la finalità di gestire una struttura tecnologica dove poter sperimentare e promuovere le autovetture prodotte dalle imprese socie: i lunghi rettilinei e le curve sopraelevate, d’altronde, si prestano.

Decollo industriale

La costruzione dell’Autodromo inizia il 15 maggio 1922 e il 20 agosto dello stesso anno è pronto per ospitare il secondo Gran Premio d’Italia riservato alle “vetturette” (2000 cc di cilindrata e un peso minimo di 650 chili). Il primo progetto di Alfredo Rosselli viene bocciato dal Ministero della Pubblica Istruzione a causa di un eccessivo consumo di suolo; il secondo vede un autodromo più compatto, ideale per esaltare e promuovere l’automobilismo sportivo e la velocità dei Futuristi dell’epoca. I lavori durano appena 110 giorni e ci lavorano 3.500 operai. Il risultato sono dieci chilometri di asfalto (quattro in meno rispetto al progetto originario) e l’inaugurazione ufficiale si svolge il 3 settembre alla presenza del Presidente del Consiglio Luigi Facta. Il 10 settembre, sotto la pioggia, prende il via il secondo Gran Premio d’Italia, dopo quello svoltosi a Montichiari, vicino Brescia, e vinto da Jules Goux. A sfidarsi in pista, ci sono otto avversari d’alto rango.

Cent'anni insieme al Tempio della Velocità

La Fiat ha invitato persino qualche migliaio di operai per incitare l’astro nascente Pietro Bordino. Il pilota alla guida della Fiat 804 si aggiudica la gara al termine di 800 chilometri (80 giri) e viene premiato con l’imitazione della Corona Ferrea di Carlo Magno. È una vittoria che ha effetti diretti sulle vendite dei modelli di serie. Nel 1923, per alzare ulteriormente l’asticella e rimanere al passo di Alfa Romeo e Benz Tropfenwagen, la Fiat si presenta con un compressore Roots in grado di portare la velocità alla soglia dei 220 chilometri orari. Il 9 settembre, con lo starter Benito Mussolini in pista, ci sono quattordici vetture alla partenza del GP, che si aggiudica Carlo Salamano, pilota-collaudatore. La Fiat non vincerà più a Monza, ma il decollo industriale, a quel punto è diventato inarrestabile, tanto che nel 1925 taglierà il traguardo del miliardo e 260 milioni di lire di fatturato, superiore a qualsiasi altra impresa meccanica in Europa.

Una garanzia sociale

In quel momento, nella vicina provincia di Torino esistono già ben 70 fabbriche di automobili. Nel 1922 la Fiat ha avviato la costruzione dello stabilimento del Lingotto che verrà inaugurato il 22 maggio del ’23. In quel momento, la mobilità in Italia, un paese attraversato principalmente da carri e animali, è praticamente nulla: la prima autostrada, Milano-Laghi, non viene ultimata prima del 1924, mentre le autovetture circolanti sono poco più di 41.000, in contrasto con Francia (287.188), Gran Bretagna (quasi mezzo milione) e Germania (oltre 91.000). Lo stesso Mussolini, che il 28 ottobre si accinge a marciare su Roma, riconosce ben presto il valore dell’utilitaria come strumento di pace sociale nonché in funzione anticomunista; nel 1928, infatti, in un’intervista rilasciata ad un giornale francese, il Duce dichiara che «chiunque comperi un’automobile, diventa immediatamente antirivoluzionario. Non vuole sentire parlare di quel comunismo che gli porterebbe via, forse, la sua vettura. Non vi sarà un movimento rivoluzionario in America perché ogni operaio pilota la sua Ford. Un milione di automobili in circolazione rappresenta una garanzia sociale». L’atomizzazione dell’uomo al volante, insomma, per scongiurare qualsiasi eventuale aggregazione (assembramento, diremmo nel XXI secolo) e ribellione al Regime.

Gloria e coraggio

Sono innumerevoli i campioni che hanno sgommato su questo circuito che ha visto propagarsi come una scintilla la rivalità tra Achille Varzi e Tazio Nuvolari; quindi Juan Manuel Fangio, la morte di Alberto Ascari (in un incidente del quale le cause non sono mai state chiarite), Clay Regazzoni (un viveur svizzero col baffo e il tango in prima serata dalla Carrà), Jackie Stewart, Niki Lauda (a Monza a soli 40 giorni dal rogo del Nürburgring), Emerson Fittipaldi (GP e titolo), Ronnie Peterson (morto all’ospedale di Niguarda), Graham e Damon Hill (entrambi vincitori), Gilles e Jacques Villeneuve (mai vincitori), Ayrton Senna, Michael Schumacher (famose le sue lacrime in conferenza stampa nel 2000), Sebastian Vettel (e lo storico scatto di Emilio Ferranti del 2008) ma pure Mario Andretti (mai un tifo più vibrante nel 1982) e Lewis Hamilton (che continua ad inseguire la sesta vittoria a Monza, che sarebbe un record assoluto). E poi la 1000 chilometri e la 500 miglia, anche detta Monzanapolis, la “corsa dei due mondi”, così chiamata per la somiglianza dell’Autodromo con il circuito di Speedway, ma anche e soprattutto perché nel ’57 e nel ’58 i team statunitensi vennero in Brianza a competere direttamente con quelli europei di F1 (e vinsero). Senza dimenticare i campioni delle due ruote che in Brianza hanno dato vita a duelli entusiasmanti come Jarno Saarinen e Renzo Pasolini che a Monza, il 20 maggio del 1973, persero la vita alla Curva Grande nei “giorni del coraggio”.

Cent'anni insieme al Tempio della Velocità

Il Tempio della Velocità

Eppure, il rischio e il pericolo sono stati la molla più grande per correre a tempi di record. Se a Monza un’auto riusciva a fare un certo tempo, quel tempo diventava il parametro di riferimento per tutti i costruttori. L’autodromo della Brianza è stato «il nostro primo ‘laboratorio a cielo aperto’ – come ha detto Marco Tronchetti Provera, Vicepresidente Esecutivo e CEO di Pirelli in occasione della presentazione dell’ultimo GP – All’interno del tracciato esiste ancora una parte che si chiama ‘Circuito Pirelli’ dove i nostri ingegneri svolgevano i test dei prototipi dei nostri pneumatici stradali. Anche per questo siamo molto felici, nello stesso anno del nostro centocinquantesimo anniversario, di unirci alle celebrazioni per il primo secolo dell’Autodromo di Monza, che rappresenta nel mondo un simbolo di competizioni e passione per il motorsport». Un accento sulla velocità che è stato costante nel corso del tempo: «negli anni ’80 – spiega Pierluigi Martini al Giornale di Monza – la potenza era tutto a Monza e se in Formula 3 più o meno eravamo livellati, nel Mondiale era penalizzato chi non aveva cavalli». Le staccate per esaltare lo slancio, ma anche le varianti per contenere il rischio: non a caso però, nel 2003, Michael Schumacher fa registrare una velocità media di 247,585 km/h, la più elevata della storia della Formula 1. L’Autodromo di Monza è ancora il circuito permanente più veloce in assoluto, tanto che, come riferisce Gian Carlo Minardi, «i piloti tengono l’acceleratore tutto aperto per il 75% del giro».

Numeri da record

Dall’inizio degli anni Ottanta fino al 2006 l’Italia ospitò due gran premi nello stesso Campionato: Imola apriva la stagione europea in primavera, mentre Monza la chiudeva a metà settembre. Nel 2022, l’accoppiata è tornata in vita, anche se da Liberty Media giurano che potrebbe non durare. L’edizione del Centenario si è svolta a ritmi da record e con un pizzico di polemiche. L’area da 40.000 metri quadrati che doveva ospitare la Fan Zone, infatti, era stata messa sotto sequestro il 13 agosto a seguito della pubblicazione di foto riguardanti un campo da padel costruito nell’area del Roccolo; il Comitato Parco Villa Reale aveva quindi inviato una segnalazione ufficiale con richiesta di accesso agli atti, bloccando così il cantiere. Sabato 3 settembre, il Gip incaricato dal magistrato aveva rinunciato all’incarico, e lunedì 5 settembre il nuovo Gip ha dato il via libera al cantiere.

Cent'anni insieme al Tempio della Velocità

Una vera e propria corsa contro il tempo per aprire i battenti giovedì 8 e poter accogliere la bellezza di 336.000 spettatori (l’affluenza di pubblico più grande di sempre, hotel sold-out come nel 2019), allietati dalle note di Andrea Obiso, Sherol Dos Santos, Timmy Trumpet (diventato ultimamente virale in America grazie ad un lanciatore dei New York Mets) e Mara Sattei. Senza contare le attrazioni temporanee e gli spazi ricreativi per grandi e piccoli, compresa una pista di skiddy Kart. Sugli spalti e nei paddock, le presenze di Sergio Mattarella, Alberto di Monaco, Zlatan Ibrahimovic, Roberto Mancini, Fabio Rovazzi, Albano, Federica Pellegrini, Francesca Michielin, la coppia Fedez-Ferragni, Flavio Briatore, e Patrice Evra hanno dato un ulteriore tocco di glamour al GP dei record. In città invece ha tenuto banco il Fuori GP tra motori, giochi, poesia, talk, spettacoli, mostre dedicate e persino concerti (Enrico Ruggeri si è esibito in Piazza Trento e Trieste alla vigilia del grand prix).

Verso i prossimi 100 anni

Come ha spiegato Angelo Sticchi Damiani, presidente di Aci, «l’autodromo ha cento anni e qualche acciacco, servono lavori per poter proseguire oltre il 2025, quando scadrà la convenzione con F1. Non abbiamo bisogno di soldi, ma di regole certe per operare». I punti di intervento interesseranno praticamente la totalità dell’impianto: sottopassi, anello d’Alta Velocità, sistemazione della zona delle Vecchie Rimesse e riadattamento della palazzina sopra la corsia box. Come ha spiegato l’assessore regionale Fabrizio Sala, fino allo scorso anno il contributo regionale era di cinque milioni di euro annui; quei soldi adesso arrivano direttamente dal governo, cosa che ha lasciato libera la Regione Lombardia di dirottare il proprio contributo (verso gli adeguamenti strumentali finalizzati al rilancio dell’impianto), che nel frattempo è salito a otto milioni a gestione per quattro anni, deliberando un ulteriore sforzo di due milioni per il centenario. Ma anche mezza maratona, biciclette, e il progetto Ville Aperte per visitare l’Autodromo come attrazione turistica: l’idea di sognare l’atmosfera del Gran Premio tutto l’anno sembra esagerata, ma in realtà si è già messa in moto. Con la velocità di sempre.

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