Coca e socialismo: il Venezuela di Maduro

Con la vittoria alle elezioni, il leader riconferma la sua presidenza che si regge sul pugno di ferro e il narcotraffico

Dal 2013 il Venezuela è governato da un suolo uomo, Nicolás Maduro. Succeduto a Hugo Chávez, Maduro ha portato avanti una politica intransigente e controversa, finendo nel mirino delle sanzioni USA e nell’isolazionismo internazionale. Da poco uscito vincitore dalle elezioni, ha scatenato una dura reazione del popolo venezuelano, che è sceso nelle piazze con violente rivolte sedate nel sangue, stremato da anni di conflitti interni e da una povertà dilagante.

Polemiche e narcotraffico, il Venezuela sprofonda nella crisi
Nicolás Maduro è stato rieletto presidente del Venezuela (foto LaPresse) – ilMillimetro.it

Maduro è anche l’uomo che incarna alla perfezione un sistema corrotto e invischiato nelle bande dei narcotrafficanti. Con le sanzioni statunitensi e l’impossibilità di esportare il proprio greggio, la soluzione è stata trovata nella droga. Così, il Venezuela è diventato il principale hub dove stoccare la cocaina e trasportarla ovunque. Non solo relazioni con i narcotrafficanti ma un vero e proprio Stato-Mafia dove le bande si mischiano all’esercito e alla famiglia Maduro, diventando una sola cosa.

La vittoria alle elezioni e le proteste

Domenica 28 luglio Maduro è stato nuovamente confermato Presidente del Venezuela. Ha ottenuto il 51% dei voti con circa 5.150.092 di schede a suo favore. Delle elezioni svolte all’insegna del broglio. Il Consiglio nazionale elettorale venezuelano (Cne) ha denunciato un attacco informatico che ha rallentato i seggi. Secondo l’opposizione, però, si tratterebbe di un’irregolarità ben architettata, dal momento che il Cne non avrebbe stampato il conteggio del voto per non darlo ai rappresentanti di lista.

Scontri e arresti per la rielezione di Maduro
Le proteste in tutto il Venezuela per la rielezione di Maduro (foto LaPresse) – ilMillimetro.it

Il Cne ha infatti assegnato a Maduro il 51% dei consensi ma non ha pubblicato dettagliatamente una mappa dei risultati. La leader dell’opposizione non più eleggibile, María Corina Machado, ha dichiarato di poter dimostrare la vittoria del suo sostituto candidato Edmundo González Urrutia. Secondo Machado, González avrebbe ricevuto 6,27 milioni di voti, 4 milioni in più circa di Maduro. Alle dichiarazioni dell’opposizione, Maduro ha inneggiato a un tentativo di colpo di Stato fascista, fomentato dagli Stati Uniti. Una disputa, questa, che è poi sfociata per le strade del Paese.

Una manifestazione pacifica si è svolta il 30 luglio nella capitale Caracas. Tra le bandiere venezuelane anche moltissimi indumenti bianchi, il colore della leader dell’opposizione María Corina Machado. Al grido di “No alla frode!”, il popolo venezuelano sta esprimendo il rifiuto di un ennesimo mandato di Maduro e del sistema di narcotraffico che sostiene da più di dieci anni. In questi giorni sono scese in piazza a Caracas migliaia di persone con la leader dell’opposizione, Machado, alla guida.

Anche nel resto del Paese sono scoppiate delle proteste. Secondo il procuratore venezuelano Alex Saab, sarebbero 749 i manifestanti arrestati con l’accusa di atti vandalici e terrorismo e due persone sono rimaste uccise. Tra le forze armate si contano un morto e 48 feriti. La situazione sembra non fermarsi con l’opposizione agguerrita e un Maduro che già durante la campagna elettorale aveva invocato a un “bagno di sangue” in caso di scontri.

Le manifestazioni e le proteste sono figlie di un sistema portato allo stremo da un Presidente autoritario che ha messo a dura prova il sistema democratico venezuelano e che è strettamente connesso con il narcotraffico nazionale e internazionale. 

La terra d’oro per il narcotraffico 

La rabbia è cresciuta esponenzialmente negli anni, e dalle violente proteste del 2017 i venezuelani ne sono usciti martoriati e, ancora una volta, assoggettati alla dittatura. Proprio nel 2017, Maduro aveva annunciato l’intenzione di rivedere il sistema democratico venezuelano formando un’Assemblea costituente che sostituisse l’Assemblea nazionale guidata dall’opposizione, consolidando di fatto i propri poteri legislativi.

Dal 2013 il Paese non è più riuscito a sollevarsi
Con l’arrivo di Maduro è crollata l’economia venezuelana (foto LaPresse) – ilMillimetro.it

Il Venezuela gode delle più grandi riserve di greggio al mondo e un tempo vantava una delle economie più forti dell’America Latina, dopo il 2013 però, con l’arrivo di Maduro al potere, tutto è crollato. La “legge abilitante” ha fatto sì che il Presidente potesse emanare le leggi senza l’approvazione del Parlamento, potere che gli è stato concesso fino al 2014. Nel 2015 ha richiesto un’altra legge abilitante, dopo che gli Stati Uniti avevano imposto sanzioni ad alcuni funzionari del governo venezuelano.

Dopodiché, perdendo alle elezioni legislative, nell’agosto del 2017 Maduro ha convocato un’Assemblea nazionale costituente per far indire nuove elezioni e instaurare un nuovo organo legislativo. È accusato di aver violato l’ordine costituzionale e di aver assassinato, dal 2015 al 2017, più di ottomila persone e di aver inflitto torture, rapimenti e lasciato il giudizio a tribunali militari.

Non c’è solo in ballo una questione di autoritarismo, ma di legami con il mondo del narcotraffico, con cui il Presidente ha stretto rapporti per cercare di svincolarsi dalla disastrosa situazione economica. Sono state le Nazioni Unite a lanciare l’allarme, pubblicando un report in cui denunciano un aumento del traffico di droga proprio in Venezuela. Maduro finanzia le casse dello Stato con la vendita di diamanti e oro nella Guyana, con la quale ha avuto diversi incidenti diplomatici dopo che aveva dichiarato di volerla invadere, e con il narcotraffico.

Un giro d’affari che porta illegalmente nel Paese almeno 15 miliardi di dollari. L’ONU denuncia la creazione di una rete chiamata “Cartello dei Soli”, formata dalla criminalità organizzata e le forze di sicurezza governative. Il Cartello dei Soli ha origini negli anni ’90, quando Hugo Chávez allontanò dal Venezuela la Drug Enforcement Administration (DEA). Da quel momento il cartello si sarebbe rinforzato. Si tratta di un cartello diverso da quelli colombiani e messicani perché fa capo proprio al governo venezuelano.

Questa rete avrebbe trasportato illegalmente dalla Colombia enormi quantità di stupefacenti in direzione del continente europeo e degli Stati Uniti. Il controllo dei porti, così come degli aeroporti, delle frontiere e delle autostrade sono in mano ai militari venezuelani, ciò significa che a facilitare il passaggio degli stupefacenti è proprio il governo venezuelano. Tra gli uomini dei servizi di sicurezza che spicca in questo sistema c’è Hugo Carvajal, ex capo dei servizi segreti, e dietro alla rete del narcotraffico ci sarebbe il vicepresidente per l’Economia Tareck El Aissami.

L’affare della droga non riguarda solo i cartelli venezuelani, si parla anche della presenza di quelli messicani, come quello di Sinaloa. Sarebbero 400 le piste clandestine create sotto il controllo di quest’ultimo per far atterrare e decollare i narcos messicani. Una terra di nessuno ribattezzata dai residenti proprio “Sinaloa”. Altre piste sono state segnalate.

Le accuse di narcotraffico sono arrivate anche da uomini del potere come la magistrata Mildred Camero, a capo della Commissione antidroga creata nel 1999 da Chávez, poi soppressa nel 2005, quando è stata espulsa anche la DEA. Secondo la Camero, infatti, il governo di Maduro è attivo nel narcotraffico così come nel commercio illegale di armi e di oro, in collaborazione con l’Esercito di Liberazione Nazionale colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo, che da anni lottano con il governo colombiano.

Un’impresa a gestione familiare

La rete del narcotraffico di Stato tocca anche i familiari dello stesso Maduro. Si tratta dei cugini Efraín Campo Flores e Francisco Flores, arrestati nel 2015 dall’antidroga americana nella capitale di Haiti, Port-au-Prince, colti in flagrante a ritirare un pagamento di 11 milioni di dollari per una spedizione di 800 chili di cocaina diretta negli Stati Uniti.

I nipoti di Maduro portano droga nel Venezuela
La famiglia e i nipoti di Maduro legati ai clan del narcotraffico (foto LaPresse) – ilMillimetro.it

I Flores sono i nipoti acquisiti proprio di Maduro, figli delle sorelle della moglie del Presidente, Cilia Flores. Non sono due figure di secondo rilievo, Efraín, ad esempio, vive nella residenza presidenziale e viene considerato come un figlio adottivo della coppia Maduro. I due cugini riuscivano a trasportare la droga grazie all’accesso alla rampa 4 dell’Aeroporto Simón Bolívar di Maiquetía, città affacciata sul Mare dei Caraibi, ovvero all’hangar presidenziale. Da lì partiva la droga diretta in tutta l’America Latina.

I due cugini Flores sono stati condannati a 18 anni di carcere ma ne hanno scontati solo cinque perché Maduro ha messo in atto una indiscriminata caccia alle streghe contro i cittadini americani. Una serie di arresti che ha costretto il Presidente americano Biden a scarcerare i cugini Flores in cambio del rilascio dei cittadini americani. Con la collaborazione di familiari, militari e narcotrafficanti, il Venezuela è a tutti gli effetti uno Stato-Mafia. Un Paese in cui viene stoccata gran parte della cocaina prodotta in Sudamerica e poi esportata in tutto il mondo. In questo modo Maduro riesce a non far collassare l’economia del Paese e a mantenere una violenta e repressiva dittatura. Un’impresa criminale a tutti gli effetti.

La sfida con Elon Musk

Martedì, intanto, Maduro ha trovato tempo anche per definire Elon Musk “il nostro nuovo acerrimo nemico”: “Elon Musk, chiunque mi schernisca, si prosciugherà! […] Vuoi litigare? Io non lo faccio. Confrontiamoci dove vuoi, nei quartieri… Se tu vuoi, io voglio!”. Il giorno successivo Musk ha accettato la sfida su X, stabilendo le condizioni: “Se vinco, si dimetterà da dittatore del Venezuela; se vince, lo invito a un viaggio gratuito su Marte”, un’allusione alla sua compagnia di razzi spaziali.

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