Congo, la rinascita del Parco Upemba

Il progresso di Upemba è il simbolo di un’Africa che non si arrende: animali e vegetazione rappresentano l’ultima speranza di sopravvivenza

Un parco dall’immenso patrimonio naturalistico che, a causa di un lento declino negli ultimi vent’anni, si è trovato sull’orlo del baratro. La riserva di Upemba è un tesoro verde che si trova nel sud-est della Repubblica Democratica del Congo (RDC) e fu creata nel 1939 dai colonizzatori belgi. Per tanto tempo è stato considerato il parco più grande dell’Africa ed è stato popolato da decine di migliaia di elefanti, zebre, leoni e altri mammiferi.

In Congo il parco più importante è tornato a vivere
La riserva di Upemba – ilMillimetro.it

Tuttavia, la situazione a Upemba è degenerata a partire dal 1998, quando in questa area vastissima della RDC si sono iniziati a rifugiare un gruppo di ribelli: i Bakata Katanga. Il loro insediamento, per il parco, si è rivelato deleterio e ha portato lo stato di salute dell’ecosistema a condizioni sempre più gravi, con molte specie arrivate a essere considerate a rischio estinzione. Oggi, per quanto la conservazione della riserva abbia un costo molto elevato, iniziano a vedersi i primi segnali di miglioramento. Segnali molto incoraggianti.

Il lento declino del parco negli ultimi vent’anni

I Bakata Katanga si sono insediati nella zona della Repubblica Democratica del Congo alla fine del XX secolo con lo scopo di cercare e ottenere la propria indipendenza dalle forze governative, sfruttando anche le ingenti risorse del territorio. Vaste aree del parco hanno così subìto profonde trasformazioni, diventando delle vere e proprie zone protette, inaccessibili e poste sotto severo controllo dei miliziani, tanto che le comunità confinanti sono arrivate a chiamare queste zone interdette “il triangolo della morte”.

Le zebre sono tornate a popolare il parco di Upemba
Le zebre del Parco di Upemba – ilMillimetro.it

Durante il delicato e turbolento periodo delle guerre del Congo, molte delle persone che abitavano il territorio riversavano in condizioni di grave povertà e hanno così optato per il bracconaggio, che è diventato una vera e propria minaccia per Upemba. Un lento e complesso degenerare della situazione, con conflitti armati sempre più intensi tra le milizie e le forze del governo, che ha causato la morte di migliaia di animali e dunque il lento declino dello splendore della riserva. Enormi distese di giungla e savana sono gradualmente diventate nascondigli per guerrieri, rendendo sempre più complicata la sopravvivenza per la fauna. Il numero delle zebre a Upemba – nel primo ventennio degli anni 2000 – è così sceso a circa 35 esemplari. Circa 150 gli elefanti. Praticamente scomparsi i leoni.

La graduale rinascita

Fino a pochi anni fa era molto facile trovare, nell’area di Lusinga, decine e decine di trappole posizionate dai bracconieri per catturare gli animali. Oggi, fortunatamente, il fenomeno ha subìto un forte rallentamento e, grazie a una serie di finanziamenti, i numeri attuali promettono bene. Ranger e scienziati attraversano quotidianamente il parco per condurre fondamentali indagini scientifiche volte a preservare il prezioso ambiente. Il nuovo capo del dipartimento di biomonitoraggio, il dott. Ruffin Mpanga, lo scorso settembre ha guidato il suo team, riunito in una grande pattuglia, che ha attraversato la riserva in lungo e in largo. Gli obiettivi principali erano la quantificazione di alcuni importanti indicatori spaziali della biodiversità per misurare l’impatto degli ultimi interventi e l’applicazione di una serie di meccanismi di monitoraggio ornitologico per la conservazione di alcuni specie, come le zebre.

Gli elefanti di Upemba vivono allo stato brado
Gli elefanti del Parco di Upemba – ilMillimetro.it

Queste ultime sono tornate a essere oltre 200, superando quindi il rischio estinzione e Upemba è ancora oggi l’unico posto in Africa in cui le zebre vivono allo stato brado. Gli elefanti, secondo l’ultimo censimento, oggi sono circa 210 e a breve dovrebbero essere dotati di un particolare collare che ne consentirà il tracciamento. Sono tornati a popolare l’area anche altri animali come antilopi, babbuini e gru, il che è sintomatico del miglioramento dello stato di salute dell’intero ecosistema. Per quanto riguarda la flora, al termine della missione guidata dal dottor Mpanga, sono state identificate alcune specie che erano a rischio estinzione: Lysimachia arvensis, Inula salicina, Tanacetum vulgare, Helichrysum italicum, Hibiscus syriacus e Fagonia laevis.

Uno dei finanziamenti più importanti, che si è rivelato di grande utilità, è quello destinato all’utilizzo di un aereo leggero che sorvola e monitora la riserva. Lo scopo, adesso, è quello di impiegare un numero sempre crescente di ranger, che nei prossimi cinque anni dovrebbe passare dagli attuali 200 a oltre 500. L’obiettivo è quello di impiegare maggiori risorse umane che lavorino quotidianamente per mettere insieme dati sempre più accurati sulle specie animali che vivono nel parco.

Tra le tante analisi condotte nell’ultimo anno, una recente indagine sulla biodiversità di una piccola sezione di Upemba ha portato a una serie di risultati incoraggianti. L’ultimo esperimento di questo tipo nella RDC fu svolto negli anni ’40 da un team di scienziati del Belgio. Dopo oltre ottant’anni, i ricercatori hanno trascorso settimane a raccogliere campioni di insetti, lucertole, piante e piccoli mammiferi, il tutto sotto lo stretto controllo dei ranger del parco, armati. È ancora presto per trarre delle conclusioni dai prelievi effettuati quest’estate ma gli scienziati si sono già potuti esprimere constatando che la riserva è tornata a vantare una ricchissima biodiversità.

“Il parco ha sicuramente bisogno di un lavoro più dettagliato su animali e piante, nelle diverse stagioni. Ma il primo campionamento che abbiamo fatto ha sicuramente mostrato grandi promesse”, ha spiegato il dott. Chad Keates, capo scienziato di Hankuzi Explorations, la ONG che ha organizzato l’ultima spedizione. Altro dato positivo emerso è che le acque di Upemba sono pressoché incontaminate e vi sono stati rilevati pochissimi inquinanti.

L’alto costo della conservazione

Purtroppo, le fonti di pericolo non sono scomparse e, anzi, continuano a esserci diversi fattori che minacciano la vita della riserva. Tra tutti, l’attività estrattiva è potenzialmente il rischio maggiore. Nel 2022 il governo congolese ha lanciato un’asta per l’appropriazione di 30 blocchi di petrolio e gas, uno dei quali copre la maggior parte di Upemba. A circa 190 km da Lusinga, inoltre, c’è uno dei più grandi depositi di litio al mondo, la cui strada di accesso costeggia il confine del parco. A breve è previsto l’avvio delle attività di sfruttamento di questo deposito, pertanto si prevede un aumento del traffico e il conseguente danneggiamento dell’habitat circostante.

La vegetazione è l'unica speranza per Upemba
Una suggestiva immagine della foresta di Upemba – ilMillimetro.it

Un altro fattore di rischio preoccupante è che i ranger, oggi, non possono ancora condurre autonomamente le pratiche di biomonitoraggio. Il territorio, infatti, è tuttora estremamente pericoloso. In alcune delle valli fluviali remote del parco, i militanti affiliati a Bakata Katanga continuano a detenere il potere e circa il 45% di Upemba è sotto controllo. Una cifra, quest’ultima, che non è escluso continui ad aumentare. La violenza, purtroppo, impedisce agli scienziati e ai ricercatori di portare avanti le ricerche in libertà, e ai gestori della riserva di monitorare attentamente e preservare le specie. Solo quest’anno sono già stati uccisi due ranger, l’ultimo a giugno 2024.

Gli ultimi elefanti puri allo stato brado dell’intera savana sono oggi nella Repubblica Democratica del Congo. Eppure, affinché questi incredibili animali non si estinguano, sono necessarie continue pattuglie di ricognizione. Un monitoraggio costante che consenta alla specie di sopravvivere. Il fatto che ancora oggi ci siano gruppi armati che cercano rifugio e risorse nelle aree protette è, e rimane, un problema reale, non facile da risolvere, che purtroppo ostacola il processo di conservazione della riserva.

Il progresso di Upemba, da parco sull’orlo del baratro ai più sconosciuti a parco rigoglioso e florido dove oggi centinaia di animali vivono in piena salute, è comunque il simbolo di un’Africa che non si arrende. Una rara storia di successo di conservazione che dimostra come un patrimonio naturalistico, anche se a lungo trascurato, può tornare a splendere se, chi lo abita, si impegna a rispettarlo.

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