Danke Benedikt: ricordi, preghiere e applausi

L’unicità dalla giornata si percepisce già solo guardando la Basilica di San Pietro. Non è come appare tutti i giorni, come si vede ritratta nei libri o sulle foto. È senza cupola. È la nebbia a coprirla. Un’immagine insolita, come insolita è la celebrazione che sta per accogliere: un Papa che “saluta” un altro Papa. Un fatto inedito nella storia della Chiesa in epoca moderna. Bisogna tornare al 1802 per avere un Pontefice in carica che benedice la salma del predecessore, quando Pio VII celebrò i funerali di Pio VI. A distanza di oltre duecento anni, ora è Francesco a presiedere il rito funebre sul sagrato della basilica di San Pietro per l’ultimo saluto a Benedetto XVI, il Papa emerito morto il 31 dicembre.

Danke Benedikt: ricordi, preghiere e applausi

Benedetto XVI – I fedeli tra preghiere, abiti tradizionali e bandiere

Mancano più di due ore alla Messa e via della Conciliazione e Piazza San Pietro sono già gremite di fedeli. Circa 50 mila. Arrivano da tutto il mondo. Giovani, anziani, famiglie con bambini, gruppi di studenti, suore e sacerdoti. In silenzio. Non curanti del sonno e del freddo. Neanche la nebbia li demotiva. Avanzano disciplinati lungo la strada. Niente furbate. Nessuno che cerca di superare gli altri per ottenere un posto migliore. In fila, composti, percorrono via della Conciliazione, diretti verso la Basilica. Accolti tra le “braccia” del Colonnato, che li unisce come un’unica famiglia arrivata per l’ultimo saluto ad una persona cara. Una straordinaria ondata di affetto nonostante Benedetto da quasi 10 anni non sia più in carica. Alcuni sono qui dall’alba, altri dalla sera prima: hanno fatto la veglia notturna. Una bandiera tedesca sventola, si intravede tra la nebbia. Ma non è l’unica. Altre più piccole colorano la folla: quelle vaticana, colombiana, polacca… Uomini in Frac, donne con la veletta nera in segno di lutto e gruppi di bavaresi in abiti tradizionali. Sacerdoti che pregano, altri leggono l’edizione straordinaria dell’Osservatore romano. Donne con il capo coperto portano al petto le cartoline con le immagini di Benedetto che i volontari distribuiscono in Piazza. Qualcuno recita il rosario. Un rosario stretto tra le mani infreddolite. Gli occhi lucidi degli adulti incrociano gli sguardi sereni dei bambini che giocano, forse ignari di quello che stanno vivendo. Ognuno, a modo suo, dà l’ultimo saluto a Benedetto XVI. Nonostante l’enorme numero di fedeli il silenzio è impressionante. Chiudendo gli occhi non sembra nemmeno di essere in mezzo a 50mila persone.

Benedetto XVI – Una piazza bianca rossa e nera

Dalla postazione stampa, sulla terrazza del Braccio di Carlo Magno del Colonnato, quello che colpisce – oltre al silenzio – sono i colori della folla che tingono la grigia giornata. La piazza sembra divisa in due: una calca metà nera e metà rossa è quella che si vede dall’alto. In nero i civili, in rosso bianco e fucsia sacerdoti, vescovi e cardinali. Sono più di 4mila. Qualche tocco di colore diverso, difficilmente percettibile dall’alto, è dovuto alle delegazioni ecumeniche. Ci sono poi anche i Patriarchi di Iraq e Libano. Religioni diverse, oggi unite. In segno di stima, affetto e rispetto verso il Papa conservatore, ma rivoluzionario. In prima fila le delegazioni ufficiali, Italia e Germania, guidate dal Presidente Sergio Mattarella e da quello tedesco Frank-Walter Steinmeier, insieme ai rappresentanti di case reali, governi e istituzioni internazionali. Leader mondiali presenti a titolo personale, come da protocollo. Ratzinger non era più un pontefice “regnante” e quindi non si tratta di funerali di Stato. I “potenti della terra” che ora sembrano minuscoli nella vastità della Basilica e del suo Colonnato. Come minuscola sembra la bara che varca il portone della chiesa.

Benedetto XVI – L’ingresso della bara tra rintocchi di campane e applausi composti

Il suono dell’organo, accompagnato dai rintocchi delle campane, rompe il silenzio. Un applauso composto, sempre più crescente, si leva dalla folla e accoglie la bara in rovere del Papa emerito che entra, per l’ultima volta, in Piazza San Pietro. I sediari lasciano il feretro al centro del sagrato, poggiano il trasportino sopra un tappeto. È qui tutto quello che resta del Papa intellettuale, teologo e riflessivo. Di un Papa – per certi versi – ancora da capire. Il segretario personale Georg Gänswein, apre un Vangelo e, in ginocchio, lo poggia sopra la bara. Si inchina e la bacia. Gli sguardi di tutti sono rivolti verso quella piccola bara e quel Vangelo. Un’immagine che riporta a 18 anni fa: ai funerali di Giovanni Paolo II. Quei funerali che, l’8 aprile 2005, fu proprio l’allora cardinale Joseph Ratzinger a celebrare. Un’omelia che ancora oggi sconvolge e scalda il cuore. Quell’uomo che migliaia di fedeli stavano ascoltando e che ora stanno salutando. Questa volta, però, il Vangelo non viene sfogliato dal vento. Resta lì, immobile, come immobili sono i fedeli.  L’atmosfera è raccolta, gli applausi si interrompono. Le bandiere non sventolano più.

Benedetto XVI – Francesco accolto da un raggio di sole

La nebbia del mattino si dissolve lentamente. Il coro canta e commuove. Un lieve e timido raggio di sole accoglie Francesco. Visibilmente stanco, sulla sedia a rotelle, raggiunge il palco. Inizia la celebrazione. Oltre 50 mila mani, contemporaneamente, fanno il segno della croce. Impressionante vederlo dall’alto. L’omelia si snoda a partire dalle ultime parole di Gesù in croce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. E sulla figura di Cristo si concentra la riflessione del Pontefice, così come si è concentrata su Cristo l’intera vita di Ratzinger.

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Benedetto XVI – Qualche modifica al protocollo

I funerali che si svolgono usando il modello adottato per le esequie di un Sommo Pontefice ma con qualche modifica per via dell’ “originalità” del rito. Piccoli cambiamenti che riguardano le “suppliche finali” e le differenti letture utilizzate nella celebrazione. Una cerimonia semplice, ma rivoluzionaria. Un’ora e mezza intensa e toccante.

Benedetto XVI – “Santo subito!” e l’ultima volta sul sagrato

Mentre sta terminando il rito, dopo l’ultimo “Amen” pronunciato da Papa Francesco, la folla esplode in un applauso e per più volte grida: “Santo subito!“. La stessa frase che si legge in uno striscione bianco e rosso che viene sollevato dai fedeli. Un gruppo di bavaresi con abiti tradizionali saluta il Papa emerito portando la mano sulla fronte.  La melodia del coro rende il momento ancora più solenne. I sediari alzano il feretro e lo conducono dietro il palco. Ad aspettarli c’è Papa Francesco. In piedi, poggiato al bastone, attende la salma per una benedizione personale. Il saluto si consuma in pochi gesti. Zoppicante si avvicina alla bara, traccia il segno della croce, posa la mano destra sul feretro, resta con il capo chino e gli occhi chiusi in preghiera. Poi la mano sul cuore, quasi a ringraziare il suo predecessore. Istanti che fanno la Storia. Per l’ultima volta condividono la stessa Piazza. La sofferenza di Francesco e la bara di Benedetto che viene portata dentro la Basilica. Una minuta struttura di legno che scompare dietro i drappi rossi dell’immenso portone. La conferma di quanto si è piccoli davanti a Dio. Il senso della transitorietà degli inquilini e della permanenza schiacciante dell’istituzione.

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Benedetto XVI – I ricordi dei fedeli

La folla defluisce ordinata. Capannelli di giovani applaudono e cantano ancora. Le bandiere tornano a sventolare e i telefoni a scattare. Tutti vogliono immortalare la giornata con una foto. Anche un gruppo di giovani con abiti tipici. Sono dell’ “Alemania Monaco” spiegano. Si tratta di una delle tante confraternite studentesche cattoliche presenti in Germania. “Benedetto XVI era membro onorario di questa confraternita dal 1981” racconta Giacomo, studente tedesco di origini italiane. Oggi, insieme ai suoi compagni, è qui “per onorare il Papa”. “Una giornata per certi versi malinconica, ma per altri emozionante. È stato toccante vedere tutti noi delle confraternite di tutta la Germania riuniti qui”. Poco più in là a scattare una foto ricordo è Markus Söder, ministro presidente della Baviera. “Danke Papst Benedikt” si legge sullo striscione bianco e azzurro che tiene in mano insieme ad altri fedeli. Un modo per ringraziare il Pontefice. Leondina, invece, viene dal Mozambico, ma studia a Roma da diversi anni. Commovente. Così definisce il funerale di Benedetto XVI. “Ho vissuto ogni momento della celebrazione con grande intensità. Un rito che ti spinge a riflettere, a valutare tutta la tua vita”. Per lei Benedetto “è stato un uomo umile, che ha saputo unire spiritualità e fede”. Una figura importante che “mancherà a tutti” dice commossa.  A commuoversi è anche Giovanni, sacerdote colombiano che vive a L’Aquila da molti anni. Oggi è a Roma per dire addio a quel Papa che “nel 2009, subito dopo il terremoto, venne da noi per confortarci. Un momento di grande dolore in cui lui, con la sua presenza, ci ha dato il coraggio di andare avanti”. Per questo Giovanni ha detto che non sarebbe mai potuto mancare. “Glielo dovevo. Sono qui in segno di gratitudine”. Mentre parliamo un gruppo di suore francesi intona una preghiera, poco più in la un altro coro in tedesco, con bambini che sorridenti agitano le loro bandiere. Voci provenienti da tutto il mondo. Un coro unico che si leva verso il cielo. È davvero l’ultimo saluto. La piazza ormai è vuota. Resta solo la Basilica, tornata nella sua normale forma. La Cupola ora troneggia come sempre. A ribadire – ancora una volta – il senso della transitorietà degli inquilini e della permanenza schiacciante della Chiesa.

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Il prigioniero del secolo

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