Il vuoto lasciato da Jacinda Ardern

Termina ufficialmente oggi, 7 febbraio, l’incarico di Jacinda Ardern, ormai ex premier neozelandese che ha annunciato a sorpresa le sue dimissioni il 19 gennaio, dopo cinque anni e mezzo di mandato. “Sono umana – ha detto in conferenza stampa rivolgendosi ai membri del suo partito laburista – noi diamo tutto quello che possiamo per tutto il tempo che possiamo e poi arriva il momento.  E per me quel momento è arrivato. Semplicemente non ho più le energie per altri quattro anni”. Ha sottolineato, poi, che sono stati i cinque anni e mezzo più appaganti della sua vita, sebbene ricchi di sfide. Finita la conferenza stampa, Ardern si è rivolta alla figlia Neve: “La mamma sarà accanto a te quando comincerai la scuola quest’anno”. E poi al compagno Clark: “E ora sposiamoci”. Coraggio, professionalità, passione e leadership. A 42 anni ha deciso di porre fine al suo mandato politico e di ri-prendersi la sua vita, comprendendo che, sia per sé sia per gli altri, era meglio ritirarsi. Con il suo forte gesto ha fatto parlare di sé tutto il mondo, riaccendendo il dibattito sull’assunzione di responsabilità e la vita di coloro che rivestono importanti incarichi istituzionali. 

Jacinda Ardern – Il suo governo tra ostacoli, difficoltà e soddisfazioni 

Fin dall’inizio del suo primo mandato, il 26 ottobre 2017, Ardern ha dimostrato prima alla sua Nazione, poi al mondo intero, la forza di una donna in grado di conciliare maternità governo (sua figlia è nata nel giugno 2018).  Affermandosi, tra l’altro, come la premier più giovane del mondo e sopportando per mesi stereotipi non del tutto rispettosi come “la premier fotogenica”, “la premier giovane”, “la mamma premier”. I media l’hanno presa in giro dopo un incontro con la premier finlandese Sanna Marin, scrivendo che le due donne hanno in comune soltanto bellezza e giovinezza. Appellativi che è riuscita a scrollarsi di dosso affrontando con determinazione, fermezza e professionalità momenti critici che hanno sconvolto il Paese: la strage di Christchurch, quando il 15 marzo 2019, un terrorista australiano uccise 50 fedeli in due moschee; l’eruzione del vulcano Whakaari, il 9 dicembre 2019, che provocò la morte di 21 turisti. Anche nella lotta contro il Covid la premier ha saputo guadagnarsi un consenso sempre crescente. Quella della Nuova Zelanda è considerata una vera e propria “vittoria” contro il coronavirus. I media internazionali hanno parlato positivamente della risposta di Wellington al Covid, e quindi dell’approccio di Ardern, soprattutto per la rapidità della risposta e l’efficacia delle cosiddette “bolle di viaggio”, aree ristrette all’interno delle quali era consentito muoversi, per esempio tra alcune isole.   

Jacinda Ardern – Pressione e odio verso una governatrice rivoluzionaria 

La sua pazienza, la sua determinazione e la qualità della sua leadership le hanno fatto guadagnare la designazione, da un sondaggio effettuato nel maggio 2020, come “capo di governo neozelandese più popolare da un secolo”, fino ad essere soprannominata da molti media angloamericani come “la anti-Trump”. È pur vero che negli ultimi mesi l’indice di gradimento di Ardern e dei laburisti è sceso al punto che, secondo recenti sondaggi, una coalizione di centrodestra sarebbe in grado di vincere le elezioni legislative del 14 ottobre. Proprio per questo motivo alcuni hanno pensato che dietro l’addio della premier ci fosse proprio il calo di popolarità. Un gesto inedito e dirompente, quello di dimettersi, in continuità con il suo forte estro e con l’impostazione del suo Governo, all’insegna della diversità. A partire dal vicepremier Grant Robertson, amico e alleato politico di Ardern di lunga data, primo uomo apertamente gay a ricoprire la carica di vice premier del Paese, fino al ministro degli Esteri, Nanaia Mahuta, prima donna Maori a capo di un ministero. Un parlamento in sé atipico rispetto al resto del mondo: quasi il 50% dei legislatori neozelandesi sono donne e circa il 7% è Lgbtq

Il vuoto lasciato da Jacinda Ardern

Nei giorni seguenti le dimissioni non sono mancate le illazioni sulle minacce e pressioni che l’avrebbero costretta a fare questo passo. Voci che lei stessa ha smentito, ma che sono state ribadite con convinzione da alcune personalità pubbliche del Paese che hanno rimarcato la “costante denigrazione”, gli abusi e gli attacchi personali che avrebbero contribuito all’esaurimento psico-fisico della premier. L’ex primo ministro Helen Clark (prima leader donna eletta nel Paese) ha affermato che la Ardern ha subito “attacchi senza precedenti” e ha sottolineato che “le pressioni sui primi ministri sono sempre grandi, ma in quest’era di social media, click, bit e talk 24 ore su 24, 7 giorni su 7, Jacinda ha affrontato un livello di odio al vetriolo che nella mia esperienza non ha precedenti nel nostro Paese”. Minacce contro Ardern che, oggettivamente, negli ultimi tre anni sono triplicate, anche secondo la polizia neozelandese. In particolare, molti hanno contestato la gestione del Covid e una legge di regolamentazione delle armi da fuoco che Ardern voleva introdurre dopo la strage di Christchurch.  

Jacinda Ardern – Il futuro del partito laburista e del Paese 

Le prossime elezioni sono già convocate per il 14 ottobre e il partito laburista ha indicato come nuovo primo ministro Chris Hipkins, che nel governo Ardern è stato ministro di Polizia e dell’Educazione.  Il neo-premier porterà avanti i tanti progetti già avviati da Ardern, la cui politica è stata connotata da una particolare attenzione nei confronti dei diritti civili, del welfare, dell’ambiente. Un Paese che, in generale, viene collocato tra quelli che vantano la qualità della vita più alta. La Nuova Zelanda, infatti, consegue buoni risultati in numerosi aspetti del benessere rispetto agli altri Paesi esaminati nel Better Life Index (uno studio pubblicato annualmente dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), soprattutto in termini di reddito, occupazione, istruzione, salute, qualità ambientale, relazioni sociali, impegno civile e soddisfazione di vita. Solida anche l’economia del Paese, una delle economie più aperte al mondo, guidata dalle esportazioni che rappresentano il 30% del PIL. Economia sana e prospera perché negli ultimi anni il Governo ha dato una netta svolta, passando dall’agricoltura all’industria, che è sempre più in crescita. Il settore industriale impiega oggi un po’ meno del 20% della popolazione e rappresenta oltre il 25% del Pil.

Il vuoto lasciato da Jacinda Ardern

Le principali industrie riguardano il settore agroalimentare, il settore tessile e quello minerario. In pieno boom il settore terziario. Più o meno il 75% della popolazione lavora nel settore dei servizi contribuendo al 70% della ricchezza del Paese. Un Paese lontano, molto lontano, ma naturalisticamente incantevole e tra i più ricchi in quanto a bio-diversità. Durante il suo mandato Ardern ha dato una spinta fondamentale a diversi settori dell’economia della Nuova Zelanda, ma non solo. È stata una figura fondamentale nel processo di normalizzazione della leadership femminile, in un Paese che, tra l’altro, è storicamente in prima linea per l’uguaglianza di genere. Fu proprio la Nuova Zelanda, infatti, ad introdurre per la prima volta nel 1893 il suffragio universale, quindi maschile femminile. Rimarranno storiche le immagini della ex-premier impegnata in appuntamenti istituzionali con il pancione in vista o le immagini della stessa all’Assemblea dell’Onu con la figlia neonata. Un peccato che lo scenario politico internazionale perda una figura simile ma, chissà, forse la sua è un’uscita di scena solo provvisoria. Socialdemocratica, progressista e femminista, così si è definita la ex-premier di cui, non solo la Nuova Zelanda, ma tutto il mondo, sentirà la mancanza.  

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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