(Adnkronos) – Il Lecce segna il 3-2 contro il Milan al 94' con Piccoli, l'arbitro Abisso annulla dopo il richiamo del Var per un mini-pestone subìto da Thiaw. Polemiche inevitabili, con coda in Parlamento. "Abbiamo assistito a una cosa assurda, eravamo in tanti allo stadio, all'Ettore Giardiniero, non è possibile che questa cosa passi, lo dico pure da presidente della Commissione Sport del Senato, non ci fermiamo qui…", dice Roberto Marti, senatore leccese della Lega. La mancata vittoria contro i rossoneri, dopo che i salentini avevano già fatto l'impresa di rimontare due gol al Milan, manda su tutte le furie gli onorevoli del Lecce Club Parlamento: "L'arbitro Rosario Abisso ha rovinato una favola bellissima che i giocatori giallorossi hanno costruito con merito e fatica", dicono in coro Erio Congedo di Fratelli d'Italia, il pentastellato Antonio Trevisi, senatore della Lega, Leonardo Donno (M5S), Andrea Caroppo (Forza Italia), il dem Claudio Stefanazzi e il leghista Toti Di Mattina. Per loro oggi non conta sedere sui banchi della maggioranza e dell'opposizione. Anzi, tutti d'accordo nel condannare il Var che ha annullato il gol di Piccoli. "Il giocatore del Lecce -spiegano nella loro ricostruzione- ha sempre guardato la palla e non si può pretendere che un attaccante possa avere anche due occhi dietro la schiena per evitare ogni minimo contatto con giocatori che si trovano alle sue spalle". Congedo e gli altri fanno notare come poi "i giocatori del Milan non hanno protestato, essendo consapevoli che non c'era nessun fallo, ma semplicemente una normale azione di gioco". Marti guida la rivolta: "Non ci fermeremo, il Parlamento e i parlamentari devono fare chiarezza, mi muoverò come presidente della Commissione Sport. Abbiamo diritto e dovere di far luce su questo incredibile episodio, una cosa mai vista e – dice all'Adnkronos – nelle prossime ore vedrete le nostre iniziative. Io sono un rappresentante delle Istituzioni e stavo pure allo stadio, non posso tirarmi indietro…". —sportwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
- La legge fondamentale trae ancora oggi la sua forza dai cosiddetti “contrappesi” che la abitano.