Lula, ultima speranza del popolo brasiliano

«Non è una vittoria mia o del mio partito (Pt), ma di un immenso movimento democratico, oggi c’è un solo vincitore: il popolo brasiliano. Dal primo gennaio governerò per tutti i brasiliani e non solo per quelli che mi hanno votato. È tempo di riunire la famiglia. A nessuno interessa vivere in un Paese perennemente in guerra. È tempo di deporre le armi», ha dichiarato Luiz Inacio Lula da Silva a San Paolo poco dopo l’esito del voto. Il Tribunale superiore elettorale ha ufficializzato la vittoria di Lula col 98, 86% del totale delle sezioni scrutinate – il 50,83% dei voti (59.596.247) – contro il 49,17% di Bolsonaro (57.675.427). «Durante tutta la mia vita, ho sempre detto che Dio è stato davvero generoso con me, così ho potuto arrivare dove sono. Soprattutto in questo momento, in cui non siamo solo di fronte a un avversario, non abbiamo affrontato un candidato. Abbiamo affrontato la macchina dello stato brasiliano messa al servizio di un candidato per evitare di farci di vincere le elezioni. Grazie al popolo brasiliano, cui sono grato con tutto il cuore, alle persone che hanno votato per me e alle persone che hanno votato per il mio avversario» ha aggiunto il leader del Pt, ringraziando l’elettorato che l’ha reso Presidente permettendogli di scavalcare, seppur di poco, il suo sfidante. Lo scarto minimo tra i suoi voti e quelli di Bolsonaro rivela un paese diviso nettamente in due.

Lula, ultima speranza del popolo brasiliano

Lula, il simbolo della sinistra sudamericana

Nato il 6 ottobre 1945 nello stato brasiliano rurale di Pernambuco, Luiz Inacio Lula da Silva, ha origini molto umili. A fine anni ’70 guida i grandi scioperi nel Sudest del Paese e finisce in carcere 31 giorni, dove inizia a pensare al futuro del Partito dei lavoratori, di cui poi diverrà leader. Oggi, a 77 anni, è al terzo mandato alla guida del Brasile. Il leader del Pt è stato infatti eletto per la prima volta nel 2002 e riconfermato nel 2006. I suoi governi precedenti vengono ricordati per la crescita economica della Nazione e per i programmi di sovvenzioni ‘Bolsa Familia’ e ‘Come Zero’, in sostegno dei più poveri, che lo hanno reso uno dei leader latinoamericani più popolari nel Paese e all’estero. Nell’ultima campagna elettorale, Lula ha puntato tutto sulla nostalgia dei suoi governi, promettendo di prendersi nuovamente cura del popolo e di ripetere la difficile missione di debellare la fame che da anni è uno dei problemi più gravi del Brasile. Ma il suo passato non è tutto rose e fiori, motivo per cui la sua vittoria viene considerata come una vera e propria “rinascita”. Nel 2016 è stato condannato per lo scandalo “Lava Jato”, un giro di corruzione nella compagnia petrolifera statale Petrobras. Dopo 18 mesi in prigione è stato liberato nel 2019 e le sue condanne sono state annullate per motivi procedurali nel 2021, restituendogli così i diritti politici. Nell’ultimo anno Lula ha pian piano riconquistato la fiducia del popolo puntando sullo slogan «Riprendiamoci la democrazia»; per arrivare a sconfiggere Bolsonaro tuttavia ha dovuto, per forza di cose, stringere una serie di alleanze che lo hanno spinto sempre più verso il centro. Strategie che in fin dei conti si sono dimostrate efficaci.

La scelta tra due poli

La battaglia tra i due è stata tesa fino all’ultimo. Continuità, Bolsonaro, contro cambiamento, Lula. 156 milioni di brasiliani hanno votato per le elezioni più importanti dal 1985, quando nel Paese è tornata la democrazia. Elezioni considerate da molti – in virtù delle profonde differenze tra i due – le più polarizzate della storia. Al primo turno (il 2 ottobre) il leader del partito dei lavoratori era in testa con il 48,3%, contro il 43,2% di Bolsonaro. Nessuno dei due, però, ha ottenuto più del 50% dei voti, tanto che si è dovuto rimandare l’esito al ballottaggio del 30 ottobre. La distanza tra i due mondi, quello della destra estrema del presidente uscente contro quello progressista del neo eletto, è emersa in modo lampante sin dai primi confronti, ancor più platealmente nell’ultimo su GloboTv, proprio due giorni prima del voto. Tra attacchi e accuse (si sono dati del “bugiardo” e del “bandito”) sono stati toccati i temi principali delle rispettive campagne elettorali, tra tutti l’urgenza di alcune misure volte a risollevare le finanze del Paese. «L’economia brasiliana sta per decollare, abbiamo una delle migliori economie del mondo» ha detto Bolsonaro. «I brasiliani sapranno scegliere tra la democrazia e il fascismo, tra la democrazia e le barbarie» ha risposto Lula

Lula, ultima speranza del popolo brasiliano

Entrambi cattolici, nell’ultimo mese i due candidati hanno cercato sostegno tra gli elettori cristiani evangelici, che costituiscono quasi un terzo della popolazione brasiliana. Tra i tanti argomenti su cui si sono scontrati c’è quello della gestione del Covid. Bolsonaro è stato pesantemente criticato dal suo avversario che ha più volte sottolineato il triste bilancio delle vittime del Paese: il Brasile ha avuto l’11delle vittime per coronavirus nel mondo. Da parte sua Bolsonaro ha dichiarato che sono state acquistate oltre 500 milioni di dosi di vaccino e che il Brasile è uno dei paesi più vaccinati al mondo. Nel sostenere uno o l’altro la Nazione si è spaccata a metà e gli elettori un po’ dovunque sono scesi per strada: nella notte post voto caroselli di auto e moto, grida dalle finestre delle abitazioni, suoni di clacson e bandiere al vento con il volto dell’ex sindacalista. A Rio de Janeiro, la seconda metropoli più grande del Brasile, in migliaia si sono riversati sulla spiaggia a festeggiare, invadendo il quartiere di Copacabana. Tanto l’entusiasmo anche nelle ‘favelas’ e nei quartieri popolari delle città.

Il futuro del Paese

Il programma del neo eletto prevede diversi obiettivi, tra cui la transizione ecologica, la reindustrializzazione del Brasile e l’agricoltura sostenibile. Lula ha promesso il credito per le imprese, l’adeguamento del salario minimo, il ripristino di alcuni programmi di tutela sociale come “Minha casa minha Vida” – per agevolare l’acquisto della prima casa” – e “Luz para todos”, per fare arrivare anche nelle aree rurali l’elettricità da fonti rinnovabili. Altro focus, grazie al quale ha ottenuto il sostegno internazionale, è la tutela dell’ambiente. Il leader del Pt ha promesso di porre fine all’estrazione illegale di oro e portare avanti una dura lotta contro la deforestazione dell’Amazzonia, per porre fine all’abbattimento degli alberi volto a creare spazio destinato ai pascoli e alle piantagioni di soia. Lula ha infatti attribuito alla crisi climatica “una priorità assoluta” e ha promesso di riportare il Paese al centro del dialogo internazionale sull’ambiente. Per raggiungere questi obiettivi il neo eletto intende restituire i giusti poteri ad autorità di monitoraggio come l’Istituto brasiliano dell’ambiente e delle risorse naturali. La nuova presidenza si discosta dalla destra dichiaratamente omofoba e reazionaria di Bolsonaro non solo per la maggiore attenzione alle politiche verdi ma anche per altri aspetti come l’attenzione ai diritti delle classi povere, delle donne e delle comunità Lgbtq+. Nei prossimi 4 anni Lula avrà il difficile compito di ricucire le profonde fratture sociali che si sono aggravate negli anni della pandemia, in un paese in cui circa 30 milioni di persone soffrono la fame e un terzo dei lavoratori sono precari e sottopagati. L’economia brasiliana è in profonda crisi da oltre 8 anni, con gli aumenti dei prezzi di beni alimentari e benzina che colpiscono il 30% della popolazione che vive con meno di 100 dollari al mese. Il debito pubblico è salito fino a sfiorare l’80del pil, mentre la moneta brasiliana – il Real – ha perso costantemente valore rispetto al dollaro americano. Questi e altri aspetti rendono la sfida di Lula per nulla semplice, ma potrà contare sulla fiducia di metà del Paese. Che sia tanto o poco, dipende dai punti di vista: 59.596.247 brasiliani si aspettano che la promessa di un “Brasile migliore” diventi realtà.

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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