Speciale Qatar 2022: Molto più di una partita

Sono venuti da Bushehr, città sulla costa sud-ovest dell’Iran, per supportare la Nazionale iraniana in Qatar, e sono tranquilli che questa sera porteranno a casa la vittoria contro gli avversari di sempre, gli Stati Uniti. Parlano del gioco, della sconfitta contro l’Inghilterra e della vittoria con il Galles; quando la conversazione si fa più politica, uno di loro prende il telefono, va su Google Translate e scrive, in persiano, “Siamo tutti a favore dell’Iran e condividiamo lo slogan ‘donna, vita e libertà’. Ma il nostro Governo è dittatoriale e accettiamo di lottare per cambiarlo”. Karim e Marjan (nomi di fantasia) sono atterrati questa mattina direttamente dagli Stati Uniti solo per vedere Iran-Usa. Sono entrambi nati nella Repubblica Islamica ma da anni vivono oltre Oceano: “siamo venuti solo per un giorno per assistere alla partita”, dice lei, “vogliamo supportare la nostra Nazione”, la segue il marito. Quando la conversazione si fa più politica, dicono che sono a favore della protesta delle donne iraniane ma che la politica dovrebbe rimanere fuori dagli stadi e da questo Mondiale. “A casa ci sono le nostre famiglie e non siamo indifferenti ma è pericoloso protestare oggi, tutti ne parlano fuori dall’Iran come se fosse facile farlo”. Sono quasi tutti della stessa idea qui, al Souq Wakif, il mercato antico di Doha, ma non possono dirlo apertamente: qualcuno ha paura, quasi tutti vorrebbero si parlasse dei risultati sul campo e non delle tensioni, anche se tenere la politica fuori dal calcio, soprattutto oggi, non è facile. 

Speciale Qatar 2022: Molto più di una partita
Foto Maria Michela D’Alessandro

A peggiorare la situazione, questa volta sui social, una bandiera a bande orizzontali verde, bianca e rossa senza il simbolo della Repubblica islamica. A pubblicarla ieri l’account ufficiale della nazionale statunitense che ha motivato l’azione per mostrare il sostegno alle donne che in Iran lottano per i diritti umani fondamentali. E così per 24 ore, gli account social della Nazionale a stelle e strisce hanno pubblicato la classifica del gruppo B del Mondiale con la bandiera iraniana volutamente modificata. Scatenando la dura replica dell’Iran affidata al tweet della Tasnim News Agency, organo di stampa vicino al regime, “Pubblicando un’immagine distorta della bandiera della Repubblica islamica dell’Iran sul suo account ufficiale la squadra di calcio americana ha violato lo statuto della Fifa, che prevede una sospensione di 10 partite, la sanzione appropriata. La squadra degli Stati Uniti dovrebbe essere espulsa dalla Coppa del mondo“. Anche se allo stadio Al Thumama di Doha è tutto pronto per il match che vale gli ottavi di finale, con i controlli di sicurezza raddoppiati e tanti tifosi che scattano foto con le due bandiere, a 24 anni di distanza dall’ultima volta che le due nazionali si sono sfidate. 

Iran-Stati Uniti due decenni dopo 

Nel 1998, a Teheran, due milioni di persone scesero in piazza per festeggiare la qualificazione ai mondiali dello stesso anno disputati in Francia, pescando nel girone i rivali di sempre, gli Stati Uniti. Nelle strade della capitale e delle principali città iraniane si balla, si beve e ci si toglie anche il velo: tra la folla in festa le donne alle quali anni prima Khomeini aveva concesso loro di guardare il calcio, ma solo in televisione, per uno sport malvisto dall’Ayatollah. Una stretta che non spense l’entusiasmo per quella che fu molto più che una semplice partita, Stati Uniti-Iran, giocata a Lione il 21 giugno del 1998 e vinta dagli iraniani con due reti ad una. 90 minuti per provare a cancellare la presa dell’Ambasciata statunitense a Teheran del 1979, l’evento che segnò per sempre il futuro dei rapporti con Washington. Novanta minuti che oggi, 29 novembre 2022, pesano più di quanto lo siano stati 24 anni fa, con le piazze iraniane ancora piene di donne: questa volta, però, non per una partita di calcio ma per la morte di Mahsa Amini, la giovane 22enne curda iraniana arrestata lo scorso 13 settembre dalla polizia morale iraniana per non aver rispettato l’obbligo di indossare correttamente il velo. Iran contro Stati Uniti due decenni dopo ha il sapore di uno scontro ben al di fuori dei mondiali in corso in Qatar. Non solo per le proteste contro la morte di Mahsa Amini, che secondo il leader iraniano Ali Khamenei sono stati “ideati e pianificati dagli Stati Uniti, dal falso e usurpatore regime sionista e dai loro seguaci”, ma anche per il conflitto in Ucraina dove Teheran è presente con la fornitura di armi e droni a Mosca. Iran contro Stati Uniti, gruppo F nel ’98, e gruppo B, di oggi, insieme a Inghilterra e Galles, ma senza il supporto di tanti iraniani che avevano chiesto a gran voce di boicottare i mondiali ed escludere la Nazionale dalla competizione internazionale.

Speciale Qatar 2022: Molto più di una partita
Foto Maria Michela D’Alessandro

Le proteste, per lo più sui social, contro gli undici di Carlos Queiroz sono aumentate quando alla vigilia della partenza per Doha i calciatori sono stati ricevuti dal presidente Ebrahim Raisi, con tanto di scatti per la stampa e gli inchini a Raisi in segno di rispetto. Immagine che si contrappone a quella condivisa online con un pallone rosso che indossa un turbante nero, e una scritta, in persiano, “la storia non dimenticherà coloro che non hanno mostrato dignità”, e l’hashtag #MahsaAmini. Alla fine, però, da Doha il capitano Ehsan Hajsafi, 32 anni, difensore-centrocampista dell’Aek Atene, ha parlato, in conferenza stampa, esprimendo le condoglianze alle famiglie in lutto: “dobbiamo ammettere che nel nostro Paese le condizioni delle persone non sono giuste. Siamo qui ma questo non è un motivo per non essere la loro voce”. Una voce che non si è fatta sentire in campo, almeno prima dell’esordio dell’Iran in Qatar contro l’Inghilterra, durante gli inni nazionale. La solidarietà nei confronti delle donne, questa volta, è arrivata con il silenzio e il rifiuto di cantare l’inno nella partita inaugurale, gesto che ha scatenato a casa le critiche da parte di alcuni esponenti del regime. Dal commento di Mehdi Chamran, il presidente del consiglio comunale di Teheran, “non permetteremo a nessuno di insultare il nostro inno e la nostra bandiera”, al titolo del giornale conservatore Kayhan il giorno dopo la sconfitta, “Iran 2Inghilterra, Israele, Sauditi e traditori 6”.  Se dopo la vittoria contro il Galles la Guida Suprema ha invece ringraziato la Nazionale dicendo di aver reso felice la Nazione, a poche ore dalla sfida con gli Stati Uniti, una fonte della Cnn rivela che il governo di Teheran avrebbe arruolato decine di agenti per monitorare i calciatori impegnati in Qatar: nessuno potrà aderire a qualsiasi forma di protesta, compreso il silenzio durante l’inno. In attesa di vederli sul campo, pensare sia solo una semplice partita di calcio, rimane ancora solo un sogno mondiale. 

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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