Speciale Qatar 2022: un Mondiale (in)sostenibile

“Prima qui non c’era nulla”, dice un tifoso qatarino mentre osserva le costruzioni davanti a lui, appena sceso da uno dei vagoni della scintillante metropolitana costruita proprio per l’occasione. Perché qui, a Lusail, cittadina a 20 km da Doha, sulla strada che porta allo stadio Al Bayt, circa 60 km a nord dalla capitale e realizzato dal Gruppo Webuild, prima dei mondiali, non c’era nulla. Se non sabbia. Proprio gli 8 stadi, 7 dei quali sono stati costruiti ex novo dal 2010 per ospitare l’evento calcistico più importante al mondo, sono tra le caratteristiche più visibili dai satelliti che hanno trasformato il territorio della città sulla sponda orientale della piccola penisola sul Golfo Persico. E la promessa, da parte del Qatar ma anche della Fifa, di poter organizzare il primo Mondiale a emissioni zero. Tanto da eliminare dal sito internet ufficiale dell’evento la pagina dedicata proprio alla neutralità carbonica della Coppa del Mondo. A parlare da sole sono le immagini della Nasa, scattate il 13 novembre dall’Operational Land Imager-2 (OLI-2) montato sul satellite Landsat 9 che mostrano le imponenti costruzioni calcistiche e il cambiamento urbanistico di Doha

Lo stadio Made in Italy 

Eppure, come si legge sul sito di WeBuild, il gruppo multinazionale italiano che opera nel settore delle costruzioni e dell’ingegneria e che ha costruito lo stadio della cerimonia di inaugurazione, lo stadio Al Bayt “è stato ispirato ai principi della sostenibilità, tanto nella forma della tenda beduina che rappresenta proprio il senso e il valore dell’inclusione, quanto nelle caratteristiche dell’opera”. L’Al Bayt, spiega il gruppo, ha infatti ottenuto la GSAS 4stars rilasciato dalla Gulf Organization for Research & Development, ovvero uno dei più alti standard di sostenibilità riconosciuto nell’area del Medio Oriente e Nord Africa. Il riconoscimento si basa, oltre ai parametri di energia, efficienza e sicurezza, anche alla capacità di riutilizzare la struttura dopo l’evento, allo sviluppo delle comunità locali e alla tutela dell’ambiente autoctono. Una sostenibilità che vanta di avanzate tecniche ingegneristiche: lo stadio, costruito su un altopiano desertico, sorge su un terreno rialzato di 14 metri sul livello del mare e presenta particolari caratteristiche anche in tema di materiali, dall’utilizzo di uno speciale tecnopolimero per la realizzazione delle facciate all’aria condizionata diffusa attraverso prese di ventilazione che si trovano sotto i sedili degli spettatori creando delle vere e proprie bolle di refrigerio. E infine la copertura retrattile che riduce il consumo energetico e consente alla luce solare di favorire la crescita del manto erboso. 

Speciale Qatar 2022: un Mondiale (in)sostenibile
Foto Maria Michela D’Alessandro

Cosa dicono gli esperti 

La sola tecnologia italiana non ha però convinto, al momento, gli esperti: secondo una indagine condotta dall’organizzazione no-profit Carbon Market Watch, le intenzioni dietro ai tentativi degli organizzatori di rendere la Coppa del Mondo neutrale dal punto di vista delle emissioni di anidride carbonica possono essere oggetto di dibattito, ma, come ha dichiarato Gilles Dufrasne di Carbon Market Watch, “è chiaro che non sono corrette”. Il riferimento è al rapporto ufficiale della Fifa sulle emissioni di gas serra per i mondiali in corso e le stime di una produzione di circa 3,6 milioni di tonnellate di anidride carbonica, 1,5 milioni di tonnellate in più rispetto a Russia 2018. Per quanto la Fifa abbia sottolineato come gli stadi siano stati realizzati per lo più con materiali locali e riciclati, e certificati per il loro design sostenibile, la caratteristica più importante sarebbe il loro riutilizzo una volta conclusi i mondiali. Come lo stadio Al Bayt, progettato anche per ridurre in futuro la capacità dagli attuali 60mila a 32mila posti e convertendone una parte in un hotel, o quello 974, nome ispirato al numero di container navali che ne compongono la struttura, che verrà interamente smontato dopo la Coppa del Mondo

Andata e ritorno in giornata 

A non avere scuse, invece, sono le emissioni relative agli spostamenti e ai voli aerei da e per il Qatar tra novembre e dicembre che ne rappresenterebbero oltre il 40%. Secondo la Fifa la costruzione e il funzionamento delle infrastrutture del torneo sono responsabili solamente del 25% delle emissioni totali della Coppa del Mondo contro il 20% degli alloggi. Ed è proprio per far fronte all’alta domanda di turisti che la compagnia aerea statale Qatar Airways ha organizzato un servizio operato da compagnie aeree regionali dentro e fuori Doha nei giorni delle partite dalle città del Golfo, inclusi almeno 60 voli giornalieri da e per Dubai. Mentre Careem, l’app che fornisce servizi di trasporto automobilistico, per l’occasione offre corse di andata e ritorno tra l’Arabia Saudita e il Qatar per poco più di 500 dollari.  Nell’organizzazione pedissequa dei trasporti, spuntano però anche delle anomalie, come quella degli autisti degli shuttle messi a disposizione per giornalisti e tifosi per raggiungere gli stadi e che, a volte, non conoscono il tragitto ma che guidano per ore senza sapere realmente dove andare. 

Speciale Qatar 2022: un Mondiale (in)sostenibile
Foto Maria Michela D’Alessandro

Il primo mondiale con l’aria condizionata 

E poi le alte temperature e l’aria condizionata negli stadi, anche se sarebbe più preciso chiamarlo sistema di raffreddamento innovativo: ad eccezione dello Stadio 974, tutti gli stadi sono provvisti di un sistema che invece di prelevare aria calda dall’esterno e raffreddarla, forma uno strato di aria fredda all’interno di ogni struttura e la ricicla. Le griglie sparse per tutti gli impianti aspirano l’aria, la filtrano, la incanalano attraverso tubi riempiti di acqua refrigerata per raffreddarla e poi la indirizzano verso i giocatori attraverso gli ugelli a bordo campo e in direzione degli spettatori tramite i diffusori sotto i sedili sugli spalti. L’intero sistema è alimentato da una centrale fotovoltaica nel deserto che secondo Saud Abdulaziz Abdul Ghani, professore di climatizzazione all’Università del Qatar e progettista, utilizza il 40% di energia in meno rispetto a qualsiasi altro sistema di raffreddamento sul mercato. Una soluzione ideale per l’inverno caldo e secco del Qatar e per il primo Mondiale in Medio Oriente. Al momento non così sostenibile e con enormi sbalzi di temperatura. 

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