Calcio femminile, incognita professionismo

La rivoluzione è iniziata. Era solo una questione di tempo, si tratta di una svolta epocale. Il calcio femminile diventa professionistico. Un salto in avanti inevitabile, annunciato da anni e finalmente è arrivato. Ma cosa cambia in termini pratici? Sono due gli aspetti principali: il primo quello che riguarda le singole calciatrici, che avranno uno stipendio minimo garantito. Il secondo invece si riferisce ai club, che dovranno rispettare dei parametri per l’iscrizione al campionato. Ma andiamo con ordine. Quanto hanno guadagnato fino a oggi le giocatrici? In molti si sono posti questo interrogativo, soprattutto per fare una comparazione con quelli che sono i compensi del calcio maschile. Inutile abbracciare false ipocrisie: il giro d’affari è totalmente diverso e questo ovviamente ha sempre avuto un impatto significativo anche sulla differenza di stipendi. È utile premettere che stiamo parlando di Serie A, la massima espressione del calcio femminile. Il primo passo verso delle garanzie salariali c’è stato all’inizio del campionato 2018/2019, con delle novità sostanziali che hanno migliorato la condizione economica delle calciatrici. Fino a pochi mesi fa, ogni singola atleta poteva accumulare i rimborsi spese con un fisso definito in accordo con la società, cosa che non è possibile per gli altri dilettanti del calcio.

Prima del passaggio al professionismo, comunque, una giocatrice in Italia non poteva ambire a un compenso superiore ai 30.658 euro a stagione. Ai quali vanno aggiunti i rimborsi spese – forfettari e non – e delle indennità di trasferta. Il totale quindi potrebbe aggirarsi intorno ai 40 mila euro. Ovviamente gli accordi di sponsorizzazione, anche extra calcio, non sono compresi nel conteggio. La verità è che in passato a queste cifre sono arrivate veramente poche ragazze, la media è ben più bassa. Fatti i conti, in passato si è stimato che una calciatrice di Serie A guadagnasse intorno ai 15 mila euro lordi annui. Una miseria se messa a confronto con i compensi dei colleghi uomini. Ed è qui che arriviamo alla domanda successiva: cosa cambia con l’istituzione del professionismo nel calcio femminile? Il processo si è concretizzato lo scorso 26 aprile, con il Consiglio Federale della Figc che ha completato le modifiche normative in vista della prossima stagione. “Il processo per il calcio femminile è definitivo – le parole di Gravina – Finalmente ci sono le norme che disciplinano l’attività e l’esercizio del professionismo del calcio femminile, è una giornata importante, dal 1 luglio inizia il percorso”.

Ormai ci siamo, come sottolineato dal presidente della federazione: “Erano tutti d’accordo, tranne qualche piccola resistenza dalla Lega di A che riteneva di proporre un ulteriore rinvio del professionismo, ma su questo poi abbiamo raggiunto l’accordo perché non si poteva tornare indietro”. Si sa già quale sarà il prossimo passo: ovvero l’adesione delle 12 squadre della Serie A femminile, che dovranno diventare società di capitale, oppure scendere di categoria. Ma su questo ritorniamo più avanti. Concentriamoci prima su quelle che saranno le novità per le singole giocatrici. La più importante riguarda il loro futuro. Il passaggio al professionismo infatti garantirà una copertura fondamentale per il post-carriera di un’atleta: le ragazze inizieranno a pagare i contributi e avranno perciò una copertura pensionistica al termine della carriera lavorativa. E a livello di stipendio? Il minimo sindacale sarà lo stesso della serie C: 20.263 euro lordi a stagione dai 19 anni e 26.664 euro lordi a stagione dai 24 anni. Torniamo ora ai parametri che dovranno rispettare i club per essere in regola con l’iscrizione al campionato: la norma prevede che serviranno una fideiussione da 80 mila euro e uno stadio da 500 posti. Il problema, già annunciato, riguarderà le risorse. Il governo assicurerà alla Figc 3 milioni annui per 3 anni, ma il professionismo farà impennare i costi dell’80%. Oggi i club femminili vivono dei 243 mila euro che arrivano loro da contributi statali, della Figc e degli sponsor. Veramente troppo poco per garantire la sostenibilità delle varie società.

L’esempio della Svezia e il caso Usa

Ad aprire gli occhi al resto d’Europa sulla necessità di cambiare le regole in termini di calcio femminile è stata la Svezia. Come? A fine 2020, con il movimento in grave difficoltà economica, furono i colleghi maschia a preoccuparsi di cambiare le cose e intervenire in modo radicale. I calciatori della massima serie svedese si tagliarono lo stipendio per raccogliere 490 mila euro e aiutare il calcio femminile. Una scintilla che permise al movimento di ripartire e di diventare una delle realtà più strutturate del mondo, seconda solo a quella degli Stati Uniti. Grazie alle battaglie portate avanti in questi anni, infatti, negli Usa si è raggiunto un traguardo storico, con la star Megan Rapinoe (miglior giocatrice ai Mondali 2019) impegnata in prima linea.

Calcio femminile, incognita professionismo

La Federazione americana ha stabilito che le donne e gli uomini della nazionale riceveranno un compenso pari. Gli accordi, in vigore fino al 2028, ottengono la parità di retribuzione attraverso condizioni economiche identiche. Questi termini economici includono un compenso identico per tutte le competizioni, inclusa la Coppa del Mondo FIFA, e l’introduzione dello stesso meccanismo di compartecipazione alle entrate commerciali per entrambe le squadre. “In base a questi accordi – si legge nella nota – US Soccer diventa la prima Federazione al mondo a pareggiare il premio in denaro della Coppa del Mondo FIFA assegnato alla squadra nazionale femminile degli Stati Uniti e alla squadra nazionale maschile degli Stati Uniti per la partecipazione ai rispettivi Mondiali“.

La situazione del calcio in Italia

Molto spesso si sente dire questa frase: lo stato di salute della Nazionale rispecchia lo stato di salute del calcio in quella nazione. Una verità che nel caso dell’Italia maschile è venuta meno dopo la mancata qualificazione ai prossimo Mondiali di calcio in Qatar tra novembre e dicembre. Ma questo adagio potrebbe essere tranquillamente applicato alla Nazionale di calcio femminile. Agli ultimi campionati del mondo, svolti in Francia nel 2019, il percorso delle azzurre è stato a dir poco inaspettato. Prima è arrivata la vittoria nel girone, davanti a rivali temibili come Australia e Brasile, poi il netto successo agli ottavi contro la Cina e l’approdo tra le migliori otto. La sconfitta per mano dell’Olanda è ha sminuito quanto fatto dalle ragazze di Milena Bartolini. Anche considerato il valore delle Orange, che in semifinale hanno eliminato la favorita Svezia e in finale ha perso la coppa contro gli Stati Uniti, che restano ancora oggi di un altro livello. E abbiamo spiegato anche il perché.

Calcio femminile, incognita professionismo

E in Serie A qual è la situazione attuale? A fare da padrona è la Juve, che poche settimane fa ha vinto il suo quinto scudetto consecutivo (non ne aveva mai vinti prima). Cosa si nasconde dietro questo dominio non è certo un mistero. Una parola sola: investimenti. La società bianconera è la più virtuosa in questo senso e anche i numeri sono dalla sua parte. il valore complessivo di mercato delle calciatrici della Juventus è di € 1.775.000, più del doppio di quello della Fiorentina Femminile e della AS Roma che si attestano rispettivamente a € 820.000 quello viola e € 792.500 quello giallorosso. La calciatrice della Juventus Women con la valutazione di mercato più alta è Cristiana Girelli con un valore è di € 225.000.

Dietro di lei c’è Lina Hurtig con una valutazione di mercato di € 175.000 e al terzo posto Barbara Bonansea con € 160.000. Non solo. L’incidenza delle giocatrici straniere sull’intera rosa è del 35,7%, oltre cinque punti percentuali in più rispetto all’intera Serie A. Il valore medio delle atlete italiane della Juventus è di € 55.278 mentre quello delle straniere di € 78.000. A testimonianza degli investimenti sul mercato per andare a prendere giocatrici che possano alzare il livello della rosa. Il che si tramuta immediatamente in incassi: solo per aver vinto il proprio girone di Champions League, la Juventus Women ha guadagnato 744 mila euro, grazie ai tre successi e ai due pareggi ottenuti nel Gruppo A. Risultati che le hanno permesso di qualificarsi tra le prime otto squadre d’Europa.

Non è tutto rose e fiori

Il progresso non sempre porta con sé solo cose buone. Anzi. A fare scalpore in questi giorni sono state le parole dell’ex giocatrice del Real Madrid, Kosovare Asllani (paragonata in patria a Zlatan Ibrahimovic). La calciatrice svedese, che stando ad alcune voci di mercato potrebbe finire al Milan, ha denunciato un trattamento a dir poco vergognoso da parte del proprio club di appartenenza. “È difficile entrare nei dettagli – ha spiegato Asllani – Penso che ci sia una cultura nei club che non è salutare per le giocatrici. Sono stata quasi costretta a giocare infortunata e non ho ricevuto alcun aiuto. Per me è importante parlare, visto che non l’ha fatto nessun altro. Ci ho provato a cambiare le cose, ma l’ambiente che si è creato è brutto.

Calcio femminile, incognita professionismo

Non è un caso che mi sia infortunata e ho avuto una battuta d’arresto, dato che ti spingono costantemente a giocare infortunato o malato. Non è un ambiente salubre”. Una denuncia che mette in luce i limiti del movimento. Molto spesso le calciatrici migliori sono costrette a giocare per aumentare gli introiti del proprio club di appartenenza. Una pratica che nel calcio femminile è accentuata visto che il livello tra calciatrici molto forti e quelle di basso livello è molto accentuato. In poche riescono a fare la differenza e per questo vengono mandate in campo a tutti i costi. Bisogna vigilare per evitare che la situazione degeneri. E che l’accusa sia arrivata da parte di una calciatrice svedese è un ulteriore campanello d’allarme.

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