Canada, 200 isole restituite agli aborigeni

Dopo una lunga e faticosa battaglia per i diritti degli indigeni, si è arrivati al tanto atteso accordo, il “Rising Tide”.

Una battaglia legale iniziata decenni fa, da parte della popolazione indigena degli Haida, per rientrare in possesso di 10mila chilometri quadrati di isole boscose a circa 600 chilometri a nord-ovest di Vancouver, terminata con un accordo unico nel suo genere. Per la prima volta, a una popolazione aborigena sono stati restituiti dei territori da parte di una grande potenza.

Il Canada restituisce 200 isole agli indigeni
Per la prima volta un Paese restituisce terra agli indigeni (Pixabay) – ilMillimetro.it

Il Canada ha ceduto più di 200 isole, che fanno parte dell’arcipelago di Haida Gwaii, al popolo che da tempo reclamava il possesso di queste terre al confine del mondo. Soprannominate “le Galapagos del Canada”, sono ufficialmente riconosciute come le isole della Regina Carlotta e vantano una storia millenaria fatta di miti e leggende.

Un negoziato a lungo atteso

Il passaggio, tuttavia, non è stato immediato. Anzi, ci sono voluti decenni e decenni di trattative tra il gruppo di indigeni nativi delle isole Gwaii, che in quei territori abita da millenni, e la Columbia Britannica, la più occidentale delle province canadesi. Una vicenda giuridicamente controversa: solo pochi giorni prima dell’accordo raggiunto lo scorso aprile, la Corte Suprema del Canada aveva stabilito che il governo federale si era comportato “in modo disonorevole”, rinnegando una promessa fondiaria fatta 145 anni fa alla tribù del Sangue in Alberta.

Un negoziato durato molto tempo
I negoziati tra il Canada e gli indigeni sono durati molto tempo (Pixabay) – ilMillimetro.it

Nell’aprile 2024, appunto, si è arrivati al tanto atteso accordo, “Rising Tide”, che ha rappresentato la fine di una lunga e faticosa battaglia da parte degli indigeni per dimostrare che il loro diritto aborigeno alla terra esisteva. Sotto un totem simbolico, in occasione della cerimonia ufficiale, il governo della Columbia Britannica ha formalmente accettato che l’antico popolo abbia il titolo di “aborigeno”. Così, dopo l’approvazione della legislazione, gli Haida sono rientrati in possesso di quasi mezzo milione di ettari di territorio.

Un accordo che, si legge nel testo, non andrà a influenzare la proprietà privata nelle isole, né a modificare la giurisdizione e lo statuto del governo locale. Si afferma, inoltre, che i servizi pubblici, tra cui autostrade, aeroporti, terminal dei traghetti, assistenza sanitaria e scuole, non saranno interessati. I residenti continueranno a ricevere i servizi comunali e a pagare le tasse sulla proprietà nello stesso modo in cui l’hanno fatto fino ad oggi. Continuerà a essere in vigore la legge tradizionale Haida, che afferma che gli abitanti hanno la responsabilità collettiva di prendersi cura dell’arcipelago e di mantenere una coesistenza pacifica e sostenibile tra le persone, la terra, le acque e tutti gli esseri viventi.

È previsto, inoltre, un periodo di transizione durante il quale il popolo degli Haida inizierà a esercitare la propria giurisdizione sulle aree pubbliche del territorio. Un approccio in linea con l’appello dell’UNDRIP (La Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni delle Nazioni Unite è stata adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite durante la sua 62ª sessione a New York, il 13 settembre 2007) per una riconciliazione giusta e pacifica tra i diritti dei popoli indigeni e “le esigenze giuste e più impellenti di una società democratica”.

Il premier della Columbia Britannica, David Eby, ha spiegato che “l’accordo aumenterà anche le opportunità e la prosperità per il popolo Haida, per l’intera comunità e per la provincia – ma sarà anche un esempio e un altro modo per le nazioni – non solo in Columbia Britannica, ma in tutto il Canada – per vedere riconosciuto il loro titolo”, ha detto Eby. Jason Alsop, presidente del Consiglio della nazione Haida, ha affermato che l’accordo pone fine a un capitolo oscuro della storia della sua nazione con il governo canadese e fornisce un giusto punto di partenza per una vera riconciliazione.

Il valore dell’accordo

Una battaglia annosa, quella portata avanti dagli Haida, che per oltre un secolo si sono sentiti “vittime” del sopruso di un’altra potenza. I governi provinciale e federale, infatti, fin dall’inizio del XX secolo hanno iniziato ad approcciarsi nei confronti di queste isole ricche e rigogliose come se fossero colonie da saccheggiare. La varietà della flora e della fauna, d’altronde, è stata oggetto di particolare interesse: dal rame estraibile nelle aree più montuose fino alle più rare specie marine pescate nei corrispondenti mari. Anche gli antichi villaggi, con il pretesto della conservazione archeologica, sono stati depredati e danneggiati.

L'accordo raggiunto in Canada ha un valore altissimo
Il Canada può aprire le porte agli altri Stati (Pixabay) – ilMillimetro.it

Così, a partire dagli anni ’80, il malcontento degli Haida è sfociato in vere e proprie proteste per arginare e porre fine alla distruzione indiscriminata del loro territorio di origine. Dopo anni e anni di sentenze e raccomandazioni da parte di organismi internazionali per i diritti umani, finalmente quest’anno è stato siglato il negoziato per riconoscere ufficialmente la giurisdizione della nazione indigena. Dunque, le isole non verranno più trattate e considerate come una colonia cui attingere per lo sfruttamento delle inestimabili risorse naturali. Quasi la metà del territorio dell’arcipelago di Haida Gwaii, inoltre, è costituita da aree protette, tra cui parchi e riserve. L’accordo afferma che tali aree “saranno gestite principalmente per la loro funzione naturale e per il loro valore culturale”. Il modo in cui ciò verrà fatto sarà tra le questioni più urgenti da affrontare in occasione dei prossimi tavoli negoziali.

Gli Haida, tuttavia, sono ancora impegnati in un’importante causa contro la provincia della Columbia Britannica per danni, tra cui la perdita di quasi 16.000 ettari a favore di proprietà private. “Chiediamo una dichiarazione di danni e un risarcimento per la violazione del nostro titolo”, ha detto il leader di Haida, “che includerebbe un risarcimento per la perdita di accesso e utilizzo di quelle terre private”.

L’accordo raggiunto, secondo gli analisti, ha una notevole importanza storica e funge anche da ispirazione, non solo per le popolazioni indigene del Canada, ma per quelle di tutto il mondo che condividono la lotta comune per ripristinare una vita sostenibile nelle aree più remote del Pianeta. Un altro aspetto particolarmente importante e innovativo dell’accordo siglato è che esso è stato raggiunto al di fuori dei tribunali. Un modo di negoziare molto diverso da quello solitamente utilizzato dal Canada per stipulare accordi sui titoli fondiari. “Potremmo trovarci ancora in un’aula di tribunale, avremmo potuto litigare per anni e anni, ma questa volta abbiamo scelto una strada diversa”, ha affermato il ministro delle Relazioni alla cerimonia della firma, aggiungendo che sono stati necessari creatività e coraggio per trovare questa soluzione.

Determinante, è stata anche l’azione degli organismi internazionali per i diritti umani che, in circostanze come questa, si impegnano attivamente invitando gli Stati a lavorare in modo proattivo e in collaborazione con le popolazioni indigene, per rispettarne i diritti umani e al contempo i delicati e preziosi habitat.

Rimangono, tuttavia, dei punti controversi ancora oggetto di dibattito: gli Haida, come detto, sono impegnati in una serie di cause contro il governo federale. Alcune di queste sono relative alle rivendicazioni sullo spazio aereo e su certe aree di territorio che coprono lo stretto di Ecate, una rotta marittima strategica, nonché una zona particolarmente ricca di specie come molluschi, aringhe, cetrioli di mare, salmone e più di 20 specie di balene e delfini. Si presume, dunque, che l’accordo di aprile non si traduca in una battuta d’arresto ma funga, piuttosto, da apripista per una serie di altri traguardi da raggiungere. Un passo importante che dimostra come, anche nel 2024, popolazioni indigene con un passato millenario possano vedere i propri diritti umani rispettati nella loro totalità.

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Il terrorismo israeliano e lo “spazio vitale” nazional-sionista. Nell’articolo principale Alessandro Di Battista sottolinea come sia «triste constatare quanto i discendenti delle vittime dell’Olocausto stiano, giorno dopo giorno, assomigliando sempre più ai peggiori carnefici della Storia». Greta Cristini analizza geopoliticamente i possibili scenari, mentre Luca Steinmann e Valerio Nicolosi ci raccontano la vita in Libano e in Cisgiordania con i loro reportage. All’interno Line-up, Un Podcast per capello, Ultima fila e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Alessandro De Dilectis, Riccardo Cotumaccio, Marta Zelioli e Cesare Paris.

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