Dietro le pellicce, il dramma dei visoni

Il 2022 si è aperto con l’emendamento 157.04 alla Legge di Bilancio corrente, approvato dalla Commissione Bilancio del Senato, la cui prima firmataria è la senatrice Loredana De Petris. Di cosa stiamo parlando? Di una legge che chiude definitivamente le fabbriche di pelliccia di animali in Italia. Una tradizione secolare, cruenta e diabolica, legata a una moda che è durata fin troppo e che non hai mai considerato i diritti degli animali. I visoni sono le prime vittime di questo meccanismo. Fino a dicembre 2021 erano ancora attivi cinque allevamenti presenti in Lombardia, Emilia-Romagna e Abruzzo, per un totale di circa 7 mila animali. Anche se nati in cattività, i visoni sono animali selvatici. Per questo negli allevamenti sviluppano dei comportamenti “stereotipati”: saltano per ore senza darsi pace dentro alle gabbie, diventano aggressivi tra loro, si infliggono gravi lesioni (mutilazioni di orecchie e coda), graffiano, mordono e scavano la gabbia, inseguono la propria coda in circolo.

Dietro le pellicce, il dramma dei visoni

I visoni di Silvia

Lo sa bene Silvia, 24enne della provincia di Torino, che da qualche anno, i visoni li salva. Regala loro quanto ancora hanno da vivere, in serenità e libertà. Silvia comunica le sue attività sui social, è attiva su Instagram e Facebook con il suo profilo Whiskers of WildOak: le cronache dei suoi visoni baffuti e birichini. Silvia si autofinanzia, ha allestito la sua casa a misura di visoni che tiene in casa e in giardino nelle voliere e che porta sempre con sé nella natura e nei parchi vicino casa. Silvia è da sempre appassionata di animali, ma non animali qualsiasi. La sua sensibilità è rivolta verso animali disabili o dal carattere difficile. Non solo visoni, anche cani, gatti, oche. Si prende cura di loro. Ormai è diventata un punto di riferimento in Nord Italia per chi non può, non riesce o non vuole più tenere il proprio visone. “Quattro anni fa c’è stato l’incontro con una visoncina. Ho deciso di portarla a casa, non sapendo cosa stessi facendo. Infatti mi sono trovata subito in grande difficoltà, perché si trattava di un animale ingestibile, ma che mi ha regalato delle grandi emozioni. Da lì ho adottato e recuperato altri sei visoni. Oggi sono senza dubbio i miei animali preferiti”. In Italia molte persone hanno o vendono visoni. Solitamente però li tengono fino ai sei mesi di vita, quando in loro avviene il cambio caratteriale passando da cuccioli ad adulti. E’ in questo momento che gli animali diventano ingestibili e aggressivi in cattività. Non sono assolutamente classificabili e vendibili come animali domestici, ma le persone non ne sono ancora al corrente. In natura infatti la loro vita è ben diversa: i visoni sono animali semiacquatici, che possono immergersi fino a trenta metri di profondità. Abili corridori sulla terra ferma, per cacciare coprono fino a 3km di distanza. Sono animali solitari, che non vivono in branco. Non sono documentati comportamenti stereotipati nei visoni liberi in natura. Prevedendo una  convivenza forzata tra animali che in natura vivrebbero soli, per di più in gabbie minuscole (che in genere misurano 35X70cm e 45 cm di altezza), l’allevamento intensivo dei visoni è davvero un sistema crudele che causa gravi privazioni. In Italia nel 2020 – tra Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Abruzzo – venivano allevati oltre 60.000 visoni l’anno. Dopo una vita di privazioni, trovavano una morte lenta e dolorosa: uccisi con il monossido o con il biossido di carbonio in speciali camere a gas. I visoni, vittime dell’Industria della Pelliccia, sono stati colpiti anche dalla recente pandemia di Covid-19: milioni di animali sono stati infettati dall’uomo che ha introdotto il SARS-CoV-2 negli allevamenti. Dove il virus ha trovato condizioni ideali per replicarsi, mutare e tornare nell’uomo.

Il divieto in Europa

In Europa l’allevamento da pelliccia è già vietato in Austria, Belgio, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Lussemburgo, Macedonia del Nord, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia. Germania e Svizzera hanno le leggi severe sul benessere degli animali che complicano tantissimo l’apertura di attività di questo tipo. Bulgaria, Estonia, Lituania, Montenegro, Ucraina, Polonia stanno discutendo il divieto e l’Irlanda lo farà a breve. “L’Italia è stata prima in tante cose quest’anno, ma non su questo tema”, aggiunge Rocchi. “Portato a casa questo risultato si dovrà affrontare il tema degli allevamenti intensivi, altrettanto problematici per la salute degli animali e dell’uomo”. Dopo 10 anni di investigazioni e mobilitazioni, la campagna Visoni Liberi ha raggiunto l’obiettivo prefissato: chiudere gli allevamenti di visoni ancora attivi in Italia e spingere il Governo a vietare per sempre la produzione di pellicce. “Grazie a tutte le attiviste e attivisti che sono stati in prima linea assieme a noi, partecipando ad azioni e cortei, firmando petizioni e condividendo quel messaggio che ora è diventato realtà: gli allevamenti di visoni devono essere chiusi! Si tratta di una grande vittoria, ma questo è solo il primo passo verso una società più rispettosa degli animali. Ora vogliamo che questo divieto sia esteso a tutta l’Unione Europea”. Nel 2013 hanno lanciato la campagna #VisoniLiberi, diffondendo in TV la prima indagine realizzata in Italia negli allevamenti di visoni. Il dibattito si è così spostato sui media e le terribili condizioni di allevamento dei visoni sono state finalmente conosciute al grande pubblico. A partire dal loro primissimo corteo, hanno realizzato molte iniziative di sensibilizzazione e raccolto un totale di oltre 210 mila firme per l’abolizione degli allevamenti di animali per pellicce in Italia. A partire dal 2013 sono riusciti a impedire l’insediamento di quattro nuovi allevamenti di visoni, tra cui quello che con 40 mila animali sarebbe diventato il più grande d’Italia. Fondamentale anche l’appoggio dei cittadini in queste campagne. Prima della diffusione del coronavirus negli allevamenti di visoni, non vi era un registro pubblico ministeriale con indicati il numero degli allevamenti per pellicce. Sono stati i primi a mapparli e a stimare il numero di animali uccisi, un lavoro che hanno continuato a fare fino al raggiungimento del divieto di allevamento.

I numeri

  • 1990: circa 125 allevamenti di visoni, volpi e cincillà che uccidevano 400.000 animali.
  • 2016: circa 30 gli allevamenti di visoni che uccidevano 180.000 animali.
  • 2017: circa 20 allevamenti di visoni che uccidevano 160.000 animali.
Dietro le pellicce, il dramma dei visoni
  • 2019: circa 13 allevamenti di visoni che uccidevano 100.000 animali.
  • 2020: il coronavirus si manifesta negli allevamenti di visoni e anche in Italia vengono scoperti animali positivi al virus SARS-CoV-2. Migliaia di visoni vengono abbattuti e inceneriti per limitare i rischi sanitari.
  • Febbraio 2021: la produzione di pellicce viene sospesa, le riproduzioni dei cuccioli di visoni sono vietate, in gabbia però rimangono gli animali riproduttori.
  • Dicembre 2021: l’Italia si aggiunge ai numerosi Paesi che in Europa hanno vietato gli allevamenti per pellicce.

Ora, assieme ad associazioni di tutto il mondo, chiediamo un divieto di allevamento e produzione pellicce esteso a tutta l’Unione Europea”.

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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