L’uso strumentale dell’antisemitismo

Un fenomeno più che evidente e che si evince dal modo con il quale viene trattato un altro osceno caso: l’islamofobia

Mentre scrivo, Euro-Mediterranean Human Rights Monitor – un’organizzazione indipendente che si occupa di diritti umani, in particolar modo di quelli delle popolazioni che vivono sotto occupazione – ha pubblicato i numeri della carneficina di Gaza. In 49 giorni di attacco, l’esercito israeliano ha ucciso 20.360 persone. Di queste, 18.460 erano civili e 8176 bambini. Gli sfollati, gli abitanti di Gaza che hanno lasciato le proprie abitazioni, sono 1,7 milioni, il 77% dell’intera popolazione della Striscia. I feriti sono 36.350, tra questi, centinaia di mutilati, soprattutto bambini. Le abitazioni completamente disintegrate sono 59.240, quelle parzialmente distrutte oltre 160.000. La Striscia di Gaza è stata, di fatto, rasa al suolo. Israele ha colpito 256 scuole, 22 ospedali, 55 cliniche, 46 ambulanze, 91 moschee e 3 chiese.

Bombardamenti a tappeto sulla Striscia di Gaza
Una bambina palestinese tratta in salvo dopo uno dei bombardamenti israeliani (LaPresse) – ilMillimetro.it

Questi numeri da carneficina e l’intento genocidario che caratterizza le proposte di esponenti di spicco del governo israeliano (“A Gaza stiamo lanciando la Nakba del 2023” – Avi Dichter, ministro dell’Agricoltura; “Sganciare una bomba atomica su Gaza è un’opzione” – Amihai Eliyahu, ministro del Patrimonio) rendono le recenti dichiarazioni di Netanyahu ancor più folli di quel che già sono. Il premier israeliano ha detto di voler “smilitarizzare” e “deradicalizzare” Gaza. Ha parlato addirittura di un cambio di cultura, paragonando Hamas – una modesta organizzazione dal punto di vista militare – alla Germania nazista, che nel 1942 era vicina alla vittoria nella Seconda guerra mondiale. “Potrebbe essere impossibile distruggere il nazionalsocialismo, perché ci sono ancora i neonazisti. Ma il regime nazista è stato distrutto. C’è stata la denazificazione, la cultura è cambiata”. Netanyahu intende, dunque, cambiare la cultura di Gaza, deradicalizzare la popolazione. E lo intende fare, come si è visto in 49 giorni di bombardamenti a tappeto, massacrando la popolazione. Una follia!

Tra antisemitismo e islamofobia

In Italia, una piccola schiera di servi negazionisti mette addirittura in dubbio le dimensioni della mattanza di palestinesi. “I numeri ce li sta dando Hamas, non ci sono così tanti morti”, argomentano alcuni cani da riporto di Tel Aviv sulle tv nostrane. Ebbene, il 25 novembre scorso il New York Times ha pubblicato un articolo sui massacri a Gaza nel quale c’è scritto, lo riporto testualmente, che “il tasso di morti causato dall’attacco israeliano ha pochi precedenti in questo secolo” e che “i civili di Gaza, sotto il fuoco di sbarramento israeliano, sono uccisi a un ritmo di portata storica”. I crimini contro l’umanità commessi a Gaza sono ormai palesi. Dunque, a chi li compie e a chi li avalla politicamente (USA e UE) occorre una strategia per poterli occultare. L’utilizzo strumentale dell’antisemitismo è parte di tale strategia. Sia chiaro, l’antisemitismo esiste ed è osceno. Antisemitismo significa odiare e discriminare un ebreo in quanto tale. Tuttavia, il fatto che tale orrore venga utilizzato in modo strumentale per coprire – ripeto – la strage di palestinesi, si evince dal modo con il quale viene trattato un altro osceno fenomeno: l’islamofobia.

La devastazione di Gaza
Gaza devastata dopo i bombardamenti (LaPresse) – ilMillimetro.it

Questa, al pari dell’antisemitismo, è un’indecenza. Islamofobia significa odiare e discriminare un musulmano in quanto tale. Episodi di islamofobia ve ne sono ogni giorno. Alcuni gravissimi. Vengono spesso riportati sui siti dei giornali online, testate costrette a pubblicare quotidianamente centinaia di articoli, più per clickbaiting che per voglia di informare. Tuttavia, mentre l’antisemitismo è diventato – giustamente – argomento di servizi giornalisti dei TG o di approfondimenti nei talk show, l’islamofobia è un tema tenuto sottotraccia. In Italia si è parlato molto più a lungo di un ragazzo che ha strappato la bandiera di Israele dal cancello della FAO, durante la grande manifestazione di Roma a favore dei diritti dei palestinesi, che di un bambino americano-palestinese di 6 anni assassinato a coltellate a Chicago alcuni giorni prima. Premesso che non reputo l’aver strappato quella bandiera un gesto antisemita, semmai – condivisibile o meno –, un atto politico (come chi strappa una bandiera statunitense, una dell’UE o una della Russia), ma, anche se fosse, possibile che l’aver strappato un vessillo conti di più, politicamente e mediaticamente, di aver strappato la vita a un bambino di sei anni? L’assassino che gli ha inferto 26 coltellate gridava: “A morte gli arabi”. Se quel bambino fosse stato ebreo e il suo carnefice un musulmano intento a gridare “morte agli ebrei” durante la furia omicida, be’, quanto se ne sarebbe parlato? Quanti servizi televisivi, maratone televisive, prime pagine di giornale sarebbero state, giustamente, dedicate a un caso del genere? L’oscena disparità di trattamento dei casi di islamofobia rispetto a quelli di antisemitismo è, oltre a una strategia politica, puro razzismo

La differenza di informazione

L’islamofobia, la cui massima espressione è l’associazione musulmano = terrorista (si dimentica, tra l’altro, che la stragrande maggioranza delle vittime del terrorismo islamico sono cittadini musulmani) è utile a chi vuole far credere che Israele si stia difendendo e basta. D’altro canto, se l’Islam è un cancro e i musulmani sono per lo più terroristi, Israele ci sta quasi facendo un favore a massacrare tutta quella gente.  Alcuni giorni fa, centinaia di manifestanti radunati da Jewish Voice for Peace(Voce Ebraica per la Pace), un’organizzazione americana che da molti anni si batte per i diritti del popolo palestinese e contro l’estremismo sionista, hanno occupato il Manhattan Bridge di New York. C’erano ebrei, palestinesi, rabbini, imam, discendenti delle vittime dell’olocausto. Tutti a chiedere il cessate il fuoco a Gaza e la fine dell’occupazione militare illegale israeliana in Cisgiordania. Ebbene, questa clamorosa manifestazione è passata in sordina sui nostri media mainstream.

Bambina portata in ospedale a Gaza
Un ragazzo palestinese porta una bambina nel Shifa hospital di Gaza (LaPresse) – ilMillimetro.it

Lo stesso è avvenuto tre settimane fa quando è stata organizzata, sempre da Jewish Voice for Peace, l’occupazione della Statua della Libertà come gesto di solidarietà per Gaza. “Non in nostro nome”, “I palestinesi devono essere liberi”, “Cessate il fuoco adesso”. Questi alcuni degli slogan utilizzati dai manifestanti, molti dei quali, ripeto, erano ebrei. Quale tg italiano ha passato queste immagini? Quanti talk show hanno montato un servizio al riguardo? Se, un paio di settimane dopo l’invasione dell’Ucraina, la comunità russa di New York avesse occupato la Statua della Libertà, la Grand Central Station di Manhattan o il Ponte di Brooklyn, chiedendo l’immediato ritiro delle truppe di Mosca e definendo Putin criminale, se ne sarebbe parlato o no? Invece, gli ebrei che scendono in piazza per manifestare il sostegno alla causa palestinese vanno silenziati. L’antisemitismo è osceno, così come chi lo utilizza in modo strumentale. L’islamofobia è tremenda, così come chi la utilizza per ragioni politiche. La mattanza di palestinesi, a detta di Netanyahu, riprenderà dopo la tregua. Evviva chi occupa ponti, stazioni, scuole e università per chiedere un cessate il fuoco. Evviva chi fa rumore oggi per evitare che torni il rumore assordante delle bombe e le urla degli orfani, delle vedove, delle mamme senza figli o dei bambini ai quali vengono amputate braccia o gambe senza anestesia, come è avvenuto a Gaza nelle settimane scorse. Fate silenzio quando i bambini dormono, non quando muoiono!

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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