Il calcio in Israele e Palestina

Nonostante il conflitto in corso, i campionati e le rispettive nazionali cercano di andare avanti tra mille difficoltà

No, non parleremo di politica. No, non ci addentreremo nei risvolti del conflitto. Sì, questa volta ci limiteremo a raccontare le implicazioni della guerra sul contesto sportivo di Israele e Palestina. Alcuni, infatti, si sono chiesti: dopo l’offensiva di Hamas e la feroce risposta israeliana, che ne è stato del calcio in questi due Paesi? Non è la prima volta che il mondo del pallone subisce le consegue del conflitto israelo-palestinese. A livello di nazionale, nel 1974 Israele fu bandita dalla Asian Football Confederation come conseguenza della Guerra del Kippur dell’anno precedente.

Scorta della nazionale israeliana in Kosovo
La polizia kosovara scorta la nazionale israeliana a Pristina (LaPresse) – ilMillimetro.it

I rapporti, tutt’altro che amichevoli, con il resto del Medio Oriente non aiutarono in tal senso: Iran e Kuwait si schierarono apertamente contro la presenza della selezione israeliana, che in quell’occasione cedette il posto alla Cina. In seguito, più precisamente a partire dal 1994, la Federcalcio israeliana decise di tagliare i ponti con l’Asia e di affiliarsi alla UEFA. Un segnale emblematico, al quale purtroppo si devono associare episodi collaterali: dalla sospensione delle singole partite a giornate intere di campionato rimandate a causa del conflitto sempre vivo. Tra gli episodi tristemente famosi ricordiamo quello della stagione 2008-2009, quando a gennaio un razzo colpì il campo dell’Ashkelon, club situato nella città israeliana di Ascalona. Tornando però ai fatti più recenti, andiamo ad analizzare le conseguenze di quanto successo negli ultimi due mesi.

La situazione del calcio in Israele

Nessuna partita fino a nuovo ordine. Il pallone ha smesso di rotolare, la decisione è arrivata dall’alto già a metà ottobre. E ha avuto delle ripercussioni anche sui club che disputano le coppe europee. La UEFA ha fatto sapere di aver condotto una “valutazione approfondita dell’attuale situazione di sicurezza nell’intero territorio di Israele” prima che la decisione fosse presa dal proprio Comitato Esecutivo. Maccabi Haifa e Maccabi Tel Aviv, che gareggiano rispettivamente in Europa League e Conference League, hanno visto stravolto il loro calendario. “Alla Federcalcio israeliana e ai suoi club Maccabi Haifa FC e Maccabi Tel Aviv è stato chiesto di proporre sedi/stadi alternativi (che devono rispettare tutte le normative UEFA applicabili) al di fuori del territorio di Israele per le loro partite casalinghe da utilizzare per tutto il tempo questa decisione rimane in vigore”, ha affermato la UEFA. La partita del Maccabi Haifa in casa del Villarreal del 26 ottobre è stata rinviata al 6 dicembre, mentre la partita casalinga del Maccabi Tel Aviv contro lo Zorya Luhansk, prevista per lo stesso giorno, si è svolta il 25 novembre (3-2 il risultato finale).

La squadra israeliana del Maccabi Haifa
Il Maccabi Haifa schierato prima della partita con il Villarreal (LaPresse) – ilMillimetro.it

All’inizio di ottobre, la UEFA aveva rinviato tutte le partite previste in Israele per un periodo di due settimane dopo l’attacco terroristico del gruppo di Hamas, inclusa ovviamente la sfida di qualificazione a Euro 2024 della Nazionale contro la Svizzera in programma al Bloomfield Stadium di Tel Aviv. Non solo, l’organo di governo aveva rinviato anche la partita di qualificazione di Israele contro il Kosovo in trasferta “perché le autorità israeliane attualmente non consentono alla propria squadra nazionale di viaggiare all’estero”. Il match si è poi svolto a Pristina il 12 novembre scorso, terminato con il risultato di 1-0 per i padroni di casa. Quattro partite nel giro di nove giorni, con Israele che ha chiuso il girone al terzo posto e dovrà disputare gli spareggi (prima partita contro l’Islanda) per poter accedere al prossimo Europeo in Germania. Le proprie gare interne la Nazionale le ha disputate alla Pancho Aréna di Felcsút, in Ungheria. In passato, invece, era stato utilizzato Cipro come luogo alternativo per le partite di calcio da giocare in campo neutro nei periodi di maggior pericolo. Nel 2014, ad esempio, sull’isola si erano svolte diverse partite durante l’operazione Protective Edge, l’ultimo conflitto con il gruppo di Hamas. La stessa cosa era successa anche durante i giorni peggiori della Seconda Intifada risalente al 2002.

La situazione del calcio in Palestina

Anche in questo caso, le ripercussioni principali hanno riguardato la Nazionale. Al momento dell’esplosione del conflitto, la Palestina stava per iniziare il proprio cammino di qualificazione per i Mondiali del 2026. Una guerra che ha reso impraticabile lo stadio utilizzato dalla selezione palestinese che si trova in Cisgiordania, nei territori occupati attualmente da Israele. Di conseguenza, la Confederazione asiatica ha preteso che le partite casalinghe fossero organizzate in un luogo neutrale. L’Algeria si è offerta di ospitare le partite della Palestina e di coprire i costi dei suoi giocatori, anche se poi la sfida contro l’Australia (finita 0-1), valida per la seconda giornata del Gruppo I, si è svolta al Bin Rashid al Maktoum Stadium di Dubai. Ma come mai l’Algeria aveva proposto questo aiuto? Qual è la storia del rapporto con la Palestina?

Palestina, la nazionale in campo
La nazionale palestinese in campo (LaPresse) – ilMillimetro.it

Esistono parallelismi tra i sistemi coloniali in Algeria e Palestina. Entrambe le nazioni sono state sotto occupazione militare diretta e di insediamenti. Nel caso dell’Algeria ciò avvenne fino all’indipendenza nel 1962. L’Algeria aveva una grande popolazione di coloni europei che confiscarono le terre della popolazione araba e berbera. La Francia ha legittimato la sua occupazione sulla base del fatto che prima del 1830 non esisteva una nazione algerina con un’entità statale. Così come l’ideologia israeliana nega l’esistenza di una nazione palestinese prima dell’annuncio unilaterale della nascita dello Stato di Israele nel 1948. Gli algerini hanno utilizzato vari mezzi per rivendicare la propria indipendenza dalla Francia, inclusa la lotta armata. E il movimento nazionalista palestinese si è ispirato a quello algerino nella sua lotta per raggiungere l’indipendenza utilizzando mezzi sia politici che violenti.

Il parallelo con l’Algeria

Ma qui subentra un’altra domanda, quella più rilevante per il nostro focus: in che modo la loro storia calcistica unisce questi due Paesi? Entrambe sono nazioni con una grande passione per il calcio. Lo sport porta speranza nei momenti difficili ed è un veicolo di espressione politica. A spiegarlo in modo dettagliato è Mahfoud Amara, Associate Professor in Sport Management & Social Sciences College of Education Qatar University. “Il popolo algerino – spiega il professore – sotto la guida del Fronte di Liberazione Nazionale o FLN (proclamato rappresentante della rivoluzione algerina, simile all’Autorità Palestinese), ha utilizzato tutti i mezzi per amplificare la causa dell’indipendenza dell’Algeria, compreso lo sport. Il calcio ha avuto un ruolo significativo”.

I giocatori algerini con la bandiera
La nazionale algerina ai Mondiali in Brasile (LaPresse) – ilMillimetro.it

Nel 1958, anno dei Mondiali, il FLN ordinò a tutti i giocatori professionisti algerini in Europa – la maggior parte dei quali giocava in Francia – di lasciare la loro vita agiata e la notorietà per recarsi segretamente in Tunisia e formare una squadra di calcio. Questa azione servì a portare sotto i riflettori il conflitto algerino, soprattutto agli occhi del popolo francese. Anche se la FIFA non riconobbe ufficialmente quella come la selezione, la causa algerina fece il giro del mondo. A distanza di pochi anni, nel 1964, la Federcalcio algerina entrò ufficialmente a far parte della FIFA. La Federazione sportiva araba palestinese, invece, fu fondata nel 1931 e vantava tra le proprie fila 55 club. In seguito all’esodo del 1948, la Nakba, gli sport nazionali palestinesi videro la loro fine. Solo dopo gli Accordi di Oslo nel 1993, la Federcalcio palestinese ha ottenuto l’affiliazione con varie federazioni sportive internazionali, FIFA compresa (1998). Tuttavia, da allora, la federazione ha dovuto affrontare sfide persistenti nel creare un’infrastruttura calcistica nazionale valida. Attualmente la Palestina occupa il 96° posto del ranking mondiale (classifica aggiornata al 27 ottobre 2023) e si è qualificata per la Coppa delle Nazioni Asiatiche per tre anni consecutivi. Un evento che viene visto come simbolo di unità nazionale. Per la Federcalcio palestinese, mantenere una presenza sulla scena calcistica internazionale aiuterà a promuovere il diritto dei palestinesi a praticare sport e a rappresentare il proprio Paese.

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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