Fùcino, il lago diventato piana

Un tempo, nella provincia de L’Aquila, c’era il terzo lago più grande d’Italia per estensione: il Fùcino. Bonificato nel 1875 ad opera di Alessandro Torlonia, riutilizzando parte delle preesistenti opere ingegneristiche, di cui già i romani si erano serviti in un tentativo fallito. Venticinque anni dopo il lago diventa una piana di 16.507 ettari, oggi 12mila coltivabili: una terra nuova, fertile, le cui condizioni climatiche la rendono perfetta per la coltivazione di ortaggi. Tra i tanti, la patata e la carota sono i prodotti di eccellenza del posto: la prima è “denominazione di origine protetta” e la seconda “indicazione geografica protetta”. Numeri alla mano, ogni anno vengono raccolte sul Fùcino oltre un milione e mezzo di quintali di patate. Record per la piana che ottiene, nella produzione, il terzo posto in Italia, dopo Emilia-Romagna e Campania. Quella che oggi definiamo “la fortuna economica” del posto, nasce però da un passato burrascoso. Torniamo indietro nel tempo. Prima della bonifica il Fùcino era il lago più in alta quota d’Italia. Posizionato a 600 metri sul livello del mare, condivideva il podio con il lago di Garda e il Maggiore per estensione, raggiungendo i 160 kmq. Il suo bacino si forma in epoca glaciale e, nel corso di diciotto secoli, le acque si alzano di circa otto metri, a causa delle piene frequenti, raggiungendo una profondità massima di trenta metri. La bonifica di questo lago ha una storia lunghissima che inizia in epoca romana: sotto Giulio Cesare, per la prima volta, si pensa a prosciugarlo per utilizzare il suo fondo come terreno coltivabile. Bisognerà aspettare l’imperatore Claudio per dare inizio ai lavori attraverso la costruzione di un canale emissario sotterraneo, che dal monte Salviano incanalava le acque del lago nel fiume Liri.

Il progetto iniziale

L’opera ingegneristica di Claudio durò ben poco a causa del grande flusso di acque da dover gestire. Gli studi però erano giusti e il cunicolo costruito evitò al lago nuove inondazioni, mantenendo il livello stabile. Dopo diverse invasioni barbariche sul territorio e un disinteresse generale riguardo la possibilità di rendere coltivabile il fondo del lago, durante il Medioevo l’emissario costruito da Claudio si chiude definitivamente e il Fùcino torna a essere un lago chiuso. Bisognerà attendere il 1836 per avere un nuovo progetto, questa volta a cura di Afan De Rivera, commissionatogli dal re Ferdinando II di Borbone e approvato due anni dopo. L’anno di svolta è 1852 quando Tommaso D’Agiout fa domanda per ottenere dal re la concessione dei lavori. Alessandro Torlonia, allora principe, cogliendo l’occasione si promuove come maggiore azionista della reggia napoletana, una specie di società che ottiene la concessione in cambio del possesso delle terre emerse. Insieme all’ingegnere Alessandro Brisse, Torlonia riesce a sfruttare gli studi eseguiti in precedenza costruendo un emissario di maggiori dimensioni e altri accorgimenti in maniera tale da prosciugare l’intero lago. Trascorsi venticinque anni, il Fùcino da lago diventa una piana.

Fùcino, il lago diventato piana

Nel 1870 comincia la sistemazione idraulica del bacino attraverso la realizzazione di un grande canale collettore e di una fitta rete di canali minori: 100 km circa di canali primari e 680 km di canali secondari. L’opera ingegneristica realizzata sotto Alessandro Torlonia fu talmente valida e avanzata che Vittorio Emanuele gli attribuì la carica di “principe del Fùcino”. Vengono alla luce 16.507 ettari di terreno, successivamente attraversato da strade di collegamento. 2500 ettari vengono concessi agli abitanti del luogo, mentre la restante parte diventa proprietà dei Torlonia. Questa suddivisione genera grande astio tra il popolo e i regnanti che sfocia in delle vere proprie “lotte alla terra”. Dopo numerose battaglie e tanti morti, nel 1951 i Torlonia rimangono senza terre. Gli anni successivi vedono l’approvazione di una riforma agraria e la nascita dell’ente Maremma-Fùcino, dal quale quest’ultimo si stacca nel 1954 diventando un ente a sé.

Vegetazione e condizioni climatiche

La storia del Fùcino, da lago a piana, non è fatta solo di date e regnanti. Sono i popoli del posto che, più di tutti, subiscono e vedono cambiare questo territorio, a un colpo d’occhio da casa. In pochi anni, dopo l’avvio dell’ultima bonifica, la morfologia e l’economia del posto si trasforma. I pescatori diventano agricoltori, le tradizioni di vita e lavoro si adattano al cambiamento, prima senza poter opporsi, poi conoscendo benessere e fortuna. Sì, perché la piana del Fùcino, dal secondo dopoguerra, è tra i distretti agricoli più importanti d’Italia. Conosciuta e apprezzata da tutti i mercati per le sue caratteristiche organolettiche, per la sapidità e per la lunga conservabilità grazie al particolare ambiente di coltivazione e alla sinergia tra terreno-microclima e acqua. Le condizioni climatiche influenzano le caratteristiche dei vegetali, tanto da attribuirgli una qualità e una bontà ineguagliabili: la struttura limo-argillosa delle terre; i suoli ricchi di elementi nutritivi quali l’azoto, il fosforo, il selenio, il potassio; la capacità di ritenzione idrica dei terreni e la risalita idrica delle falde sottostanti; l’escursione termica nel periodo produttivo, sono sole alcune delle condizioni tipiche della zona che permettono alle colture di esprimere il meglio del loro potenziale. Insomma una terra perfetta per ospitare l’orto d’Italia. 

Fùcino, il lago diventato piana

Una grande fortuna

La patata è il prodotto che meglio rappresenta questa zona, sebbene sia coltivata in tutta la piana, la si associa ad Avezzano perché sede da quarantaquattro anni della sagra settembrina. La patata del Fucino ha ricevuto la “Denominazione di Origine Protetta” nel settembre del 2016. Si presenta con una forma tonda ovale e una buccia irregolare. La consistenza asciutta permette al calore di entrare a fondo e di cuocere la patata in modo uniforme, mantenendo il suo colore originale dopo la cottura. Dalla buccia gialla o rossa a seconda della varietà, la patata del Fùcino si distingue per il suo contenuto d’acqua che, durante la cottura, assicura un gusto migliore e permette al tubero di mantenere inalterato il colore giallo della pasta. Ottima in cucina si presta a qualsiasi tipo di preparazione, utilizzata per un tipico piatto del territorio: zuppa di patate e zucca. Dei 10.000 ettari coltivati (con finocchi, radicchi, bietole, cavolfiori, indivie, pomodori e cavoli) ben 2.500 sono destinati alle carote, le uniche in Italia insignite del marchio IGP (indicazione geografica protetta) proprio per le particolari caratteristiche del suolo. La certificazione “Carota dell’Altopiano del Fùcino” comprende le carote della specie “Daucus carota L.” derivanti dalle varietà Maestro (Vilmorin), Presto (Vilmorin), Concerto (Vilmorin), Napoli (Bejo), Nándor (Clause), Dordogne (Sg).

Fùcino, il lago diventato piana

Sono caratterizzate da un colore arancione brillante e da forma cilindrica che tende ad assottigliarsi ed arrotondarsi in prossimità della punta priva di peli radicali e senza cicatrici profonde nei punti di emissione del capillizio. La consistenza, invece, è croccante e tenera allo stesso tempo, mentre il sapore è dolce e corposo. La carota della piana del Fùcino costituisce il 30% della produzione nazionale di questo ortaggio e rappresenta un autentico vanto della tradizione ortofrutticola della zona. Originariamente seminata “a spaglio” mescolando i semi con cenere, segatura, sabbia o perfosfato minerale, con l’avvento della meccanizzazione agricola le tecniche di coltivazione si sono modernizzate e oggi gli agricoltori ricorrono all’utilizzo di sofisticate seminatrici dotate di sistemi di regolazione sia del numero di semi per unità di superficie, sia delle file da formare all’interno delle carreggiate. Negli ultimi decenni, inoltre, si ricorre sempre più frequentemente all’espediente di anticipare la semina al periodo tra la metà di febbraio e la fine di marzo in modo da poter procedere al raccolto tra la fine di giugno e l’inizio di luglio, così da poter usare la stessa superficie per una seconda coltura. Da lago a piana, quella del Fùcino è una storia unica ed eccezionale. Un esempio di luogo e comunità che hanno saputo adattarsi al cambiamento, conoscendo una grande fortuna. 

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