Il futuro dell’Ucraina non è ancora nella NATO

Aveva chiesto certezze ancor prima di arrivare a Vilnius, in Lituania, per il vertice NATO dello scorso 11 e 12 luglio, il quarto da quando è cominciata l’invasione russa in Ucraina il 24 febbraio 2022. È il Presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ad aver sottolineato di voler chiarire le idee al suo popolo sull’ingresso del Paese nell’Alleanza Atlantica, candidatura che va oltre a una rassicurazione, così come la dichiarazione di aprile del segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, ovvero che “il futuro dell’Ucraina è nella NATO”. La stessa frase contenuta nel comunicato a margine del vertice di Vilnius. Il viaggio istituzionale di Zelensky, l’ospite tanto atteso al summit in cui i 31 Paesi membri hanno discusso di come affrontare il conflitto prendendo in considerazione le richieste del Presidente ucraino ma anche per dare il benvenuto alla Finlandia, neo-alleata, si è però concluso con una amara certezza, quella che l’Ucraina potrà entrare a far parte della Alleanza ma soltanto “quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte”. E quando non ci sarà più un conflitto armato, clausola inderogabile in base all’articolo 5 della Alleanza secondo la quale le nazioni della NATO concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in Nord America, sarà considerato un attacco contro tutte.

Il futuro dell’Ucraina non è ancora nella Nato – Perché non può ancora entrare

“Non c’è una timeline per il processo d’ingresso nella NATO, si basa sul raggiungimento delle condizioni, è sempre stato così – ha detto Stoltenberg al termine del primo giorno del vertice di Vilnius –. È il messaggio più forte che abbiamo mai mandato all’Ucraina e nel comunicato sosteniamo che l’Ucraina è andata oltre la necessità di avere una road map”. Le condizioni, continua il segretario generale, sono precisate nell’articolo 10 del Patto Atlantico e sono gli alleati a dover giudicare se sono rispettate o no. La clausola di difesa collettiva dei Paesi membri, contenuta nel Trattato istitutivo dell’Alleanza, recita infatti che le parti convengono che un attacco armato contro uno o più di loro in Europa o Nord America sarà considerato un attacco contro tutte le parti. E un attacco rivolto a uno Stato NATO legittima qualsiasi azione considerata necessaria, “ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale”. I leader hanno sì riaffermato l’impegno assunto al vertice di Bucarest del 2008 sul fatto che l’Ucraina diventerà membro della NATO, come si legge nel paragrafo 11, riconoscendo anche che il suo percorso verso la piena integrazione euro-atlantica sia andato oltre la necessità del piano d’azione per l’adesione. Non senza l’insoddisfazione di Zelensky che, sempre a margine del primo giorno di summit, ha tuonato, “la NATO renderà l’Ucraina più sicura e l’Ucraina renderà la NATO più forte”. Nessuna apertura a bruciare le tappe, quindi, ma comunque in linea con la Carta del 1997 su un partenariato distintivo tra la NATO e l’Ucraina e il Complemento del 2009, secondo cui gli alleati continueranno a sostenere e rivedere i progressi del Paese su più fronti, dal settore democratico a quello della sicurezza. I ministri degli Esteri della NATO, si legge nel documento, “valuteranno regolarmente i progressi attraverso il programma nazionale annuale adattato. L’Alleanza sosterrà l’Ucraina nel compiere queste riforme nel suo cammino verso la futura adesione: saremo in grado di estendere un invito all’Ucraina a aderire all’Alleanza quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte”.

Il futuro dell'Ucraina non è ancora nella NATO
Il Ministro della Difesa Guido Crosetto e il Ministro degli Esteri Antonio Tajani (foto LaPresse)

Il futuro dell’Ucraina non è ancora nella Nato – La posizione degli alleati

Da Erdoğan a Meloni fino a Biden e Stoltenberg, nonostante l’esito ‘positivo’ del summit, la posizione e le azioni degli alleati sembrano viaggiare su due binari che al momento vorrebbero tendere la mano tesa verso Kiev ma che non possono con la stessa facilità pretesa da Zelensky. L’importanza del vertice che dà “una nuova postura alla NATO”, l’approccio a “360 gradi” con l’attenzione da rivolgere al fianco Sud e in particolare all’Africa, anche per fronteggiare il fenomeno delle migrazioni, e “lo straordinario sostegno all’Ucraina”, che va portato avanti fino a quando sarà necessario. Sono questi, invece, i tre punti principali dell’intervento della premier Giorgia Meloni il primo giorno di lavori a Vilnius, durante il quale ha ribadito che la coesione è l’arma più efficace. “La decisione di far entrare l’Ucraina nella NATO di fatto c’è, il punto è quando – ha invece dichiarato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani,  sempre dalla capitale lituana –. Non certamente durante la guerra per i rischi di escalation: abbiamo tutti pensato di far aderire Kiev dopo la fine della guerra. Stiamo aiutando Kiev a difendere la propria indipendenza, il proprio territorio. La pace non può prescindere dal fatto che i soldati russi lascino l’Ucraina. Sulla fine della guerra, è difficile capire che cosa intenda fare Mosca. Noi vogliamo che gli ucraini riescano a riconquistare parti importanti del loro territorio”. Anche il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è detto favorevole alla semplificazione del processo di adesione dell’Ucraina alla NATO per accelerarne l’ingresso, ma ha sottolineato ancora una volta che, questo, potrà avvenire solo a conflitto concluso. Se l’Alleanza si prepara ad accogliere “il prima possibile” la Svezia grazie al via libera della Turchia, Mosca non ha esitato a commentare gli argomenti principali sul tavolo di Vilnius, dimostrando che l’alleanza occidentale stia tornando allo schema da Guerra fredda. E che la pace non sia ancora neanche lontanamente vicina.

(foto copertina LaPresse)

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