In Francia c’è una legge per gli influencer

Secondo una delle più importanti società di consulenza e ricerche di mercato, il Data Bridge Market Research, l’industria globale degli influencer è destinata a diventare un settore da quasi 70 miliardi di dollari entro il 2029. Un’industria che negli ultimi dieci anni è cresciuta notevolmente e che, nonostante la sua rapida crescita, ancora non gode di una regolamentazione uniforme ed efficace valida a livello internazionale. In questo panorama la Francia è stato il primo Paese a promulgare una legge ad hoc che disciplina la materia e che, tra le altre cose, si concentra anche sulla protezione del pubblico vulnerabile, in particolare i minori. In Europa, difatti, manca un quadro normativo relativo alla professione degli influencer. La conseguenza è che molti account non sono trasparenti nel presentare le pubblicità come tali e tanti altri promuovono con grande enfasi determinati prodotti di cui è dubbia l’affidabilità e la provenienza. Proprio per proteggere gli utenti dal rischio di essere convinti ad acquistare prodotti pubblicizzati illegalmente, il Parlamento francese ha pensato a una serie di misure specifiche e ha definito cosa sia un influencer dal punto di vista legislativo. In Francia sono circa 150mila gli influencer attivi, molti dei quali hanno mosso enormi passi nel settore dell’“influencer marketing” sollevando non poche critiche. In alcuni casi si tratta di pratiche di marketing svolte senza alcuna regolamentazione. È difficile, tuttavia, stabilire quanti francesi vengano realmente persuasi e quindi acquistino prodotti sponsorizzati da questi canali. Molto probabilmente si tratta di una cifra considerevole dal momento che, secondo il governo di Parigi, sono oltre 42 milioni le persone che fanno acquisti online (su un totale di circa 68 milioni) e più della metà di questi lo fa dallo smartphone. All’inizio del 2023 centinaia di presunte vittime si sono fatte avanti con un’azione legale collettiva, accusando gli influencer francesi dei social media di averli portati deliberatamente a perdere denaro sulle piattaforme di trading e NFT.  E proprio in questo ambito, nel 2021, una nota influencer francese, Nabilla Benattia-Vergara (che su Instagram ha attualmente più di 8 milioni e mezzo di follower), ha ricevuto una multa da 20mila euro per una pubblicità non dichiarata sui bitcoin pubblicata sulla piattaforma Snapchat (dove all’epoca aveva 3,6 milioni di follower). Casi come questo hanno avuto una grossa risonanza mediatica in Francia e hanno contribuito ad aumentare l’interesse generale per la regolamentazione del settore.

In Francia c’è una legge ad hoc per gli influencer – La polemica tra il rapper Booba e l’agente degli influencer Berdah 

A lanciare un deciso campanello di allarme è stato uno studio della Direzione generale della concorrenza, del consumo e della repressione delle frodi (DGCCRF), dal quale è emerso che 6 influencer su 10 non seguivano le normative già presenti nel Paese, per esempio l’obbligo di specificare – nella descrizione del post – se sono stati pagati per promuovere un certo marchio o un prodotto. Di pari passo c’è stata anche una grossa mobilitazione da parte di alcuni personaggi noti in tutta la Francia: il rapper Booba ha portato avanti una vera e propria battaglia digitale contro gli “influ-thieves” o “influvoleurs”, così lì ha soprannominati. Il dibattito intorno al tema è aumentato grazie alla seguitissima polemica da lui scatenata contro un’agente di influencer molto popolare, Magali Berdah, descritta da Booba come la massima espressione del fenomeno del marketing che si serve degli influencer. Berdah dirige una società molto redditizia – la Shauna Events – che segue il lavoro di una serie di influencer ed è lei stessa molto seguita su Instagram, dove conta un milione e mezzo di followers. La polemica, che si è tradotta in veri e proprie offese, è iniziata su Twitter dove il profilo di Booba ha 6 milioni di followers. Lì, il rapper ha pubblicato una serie di denunce sulla qualità e affidabilità dei prodotti promossi dagli account gestiti da Berdah. Per raccogliere il maggior numero di testimonianze a favore della sua causa ha anche creato un indirizzo e-mail dove ha ricevuto centinaia di segnalazioni. Dal racconto di molti utenti è emerso che alcune aziende vendono prodotti che non hanno realmente nelle loro disponibilità (pratica del dropshipping), acquistandoli veramente solo dopo aver ricevuto una serie di ordini, con il conseguente rischio di ritardi nelle spedizioni, rincari sul consumatore per oneri doganali, fino all’esaurimento di prodotti. La stessa Berdah ha ammesso che in passato la sua Shauna Events ha fatto ricorso al dropshipping, negando tuttavia che lo facesse ancora oggi. La polemica si è diffusa a tal punto sui social che il web si è trasformato in una potente cassa di risonanza che ha portato anche i politici a prendere una posizione al riguardo. Il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, ha avvertito che il settore non poteva più essere “un Far West”.

In Francia c’è una legge ad hoc per gli influencer – Il Parlamento promulga una legge sugli influencer

Dall’eccessiva promozione di prodotti pericolosi alle accuse di frode, le richieste di regolamentazione del mercato francese sono aumentate tanto che, sia la maggioranza sia la minoranza, si sono interessate al tema e hanno ritenuto indispensabile pensare ad una serie di misure urgenti. Il 1° giugno 2023 il Parlamento francese ha approvato una legge che regola l’attività degli influencer per evitare abusi e in particolare per fissare una serie di paletti da non oltrepassare. La proposta è giunta da parte dei deputati Arthur Delaporte del Partito Socialista e di Stephane Vojetta di Renaissance. “Ci sono state molte vittime di truffe, dalla pratica medica alla consulenza finanziaria. Le persone hanno perso centinaia o migliaia di euro o talvolta subiscono danni fisici sostanziali a seguito di procedure mediche illecite”, ha detto Vojetta, “È stata un’opportunità per regolamentare l’intero settore”. Il testo della norma prevede di definire legalmente gli influencer come “persone fisiche o giuridiche che, a pagamento, usano la notorietà per influenzare il loro pubblico e per promuovere beni e servizi online”. La norma impone il divieto per gli influencer di promuovere “prodotti o pratiche pericolose”, per esempio trattamenti estetici non sicuri, e fissa una serie di misure specifiche per regolamentare un mercato che negli ultimi anni è lievitato, rendendo migliaia di giovani influencer delle vere e proprie star dei social network. Le immagini promozionali dei cosmetici, per esempio, devono indicare se sono state ritoccare con filtri digitali che li rendano più accattivanti. 

In Francia c'è una legge per gli influencer

Ai “vip” dei social, inoltre, sarà vietata la promozione di prodotti contenenti nicotina, il gioco d’azzardo e le scommesse. In alcuni dei casi concessi sarà obbligatorio posizionare un banner informatico sui rischi. Chi violerà la legge potrà ricevere una multa fino a 300mila euro e fino a due anni di reclusione. Ma “al di là dell’iter giudiziario, notoriamente lento in Francia”, ha spiegato il promotore della norma Vojetta, “il vero deterrente consisterà nella azioni che dovranno intraprendere le piattaforme”, per esempio la rimozione di post e storie che violano la legge o la rimozione totale degli utenti dalle loro piattaforme. La norma prevede che anche gli agenti degli influencer vengano sottoposti a un regolamento con un contratto scritto obbligatorio, in particolare quando gli importi collegati alla loro attività superano una determinata soglia. Per molti personaggi di successo che lavorano in un Paese diverso dalla Francia e al di fuori dell’Unione Europea, il governo francese richiede che essi nominino un proprio rappresentante legale per l’Europa al quale poter fare riferimento in caso di violazioni. L’obiettivo ultimo è poi quello di creare un fondo per risarcire le eventuali vittime anche grazie alla creazione di una task force dedicata all’identificazione delle infrazioni.

In Francia c’è una legge ad hoc per gli influencer – Tutto il mondo ha bisogno di un regolamento specifico

In tutto il mondo ci sono stati diversi episodi in cui le autorità hanno accusato alcuni personaggi, non solo veri e propri influencer ma anche personalità del mondo dello spettacolo, di aver svolto tramite i propri account azioni illegali. Negli Stati Uniti, per esempio, l’attrice Lindsay Lohan e l’influencer dei social media Jake Paul sono stati accusati dalla Securities and Exchange Commission di aver promosso illegalmente criptovalute. In Europa, invece, il Parlamento del Regno Unito ha avviato un’indagine sulla cultura degli influencer ed ha constatato la quasi totale assenza di una regolamentazione sulla promozione dei prodotti. Dallo scorso novembre nell’Unione Europea è entrata in vigore una legge sui servizi digitali (Digital Service Act), che tra le altre cose costringe le piattaforme digitali a mettere in atto misure per proteggere i consumatori da alcune eventualità come l’incitamento all’odio, le molestie online e dall’acquisto di prodotti falsi. Una legge che, pur non coprendo esplicitamente il marketing degli influencer, costituisce un importante passo avanti nell’ambito della regolamentazione del web e che è stata infatti accolta positivamente dal deputato francese Vojetta, il quale ha sottolineato che il governo di Parigi mira a garantire che le misure del Digital Service Act siano “copiate nella legge francese”. Per quanto riguarda le specifiche attività di marketing da parte degli influencer manca però un regolamento valido a livello internazionale. L’Unione europea nel 2005 ha promulgato una serie di norme contro le pratiche commerciali ingannevoli sui social media che, tuttavia, secondo gli esperti di diritto informatico è soggetta a molte interpretazioni e necessita dunque di essere sviluppata.

In Francia c’è una legge ad hoc per gli influencer – Norme e controlli in Italia

Nel 2019 in Italia è stato introdotto, nell’articolo 7 del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria, un rinvio al Regolamento Digital Chart (sulla riconoscibilità della comunicazione commerciale diffusa attraverso internet) che contiene alcune regole finalizzate a evitare forme di pubblicità occulta. L’influencer deve infatti utilizzare una serie di diciture che siamo ormai abituati a vedere sotto tanti post: (“pubblicità/advertising, “promosso da/sponsorizzato da”, “in collaborazione con…), in alternativa deve inserire tra i primi tre hashtag le stesse diciture (#pubblicità/#advertising/#sponsoredby…). Nei video, inoltre, le diciture devono essere rese visibili sia all’inizio sia alla fine. L’obiettivo è quello di far sì che il follower si renda immediatamente conto di essere davanti a un contenuto promozionale. La questione, tuttavia, è controversa poiché il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria è vincolante soltanto per coloro che vi aderiscono direttamente o indirettamente, anche tramite associazioni professionali o di categoria. Ad oggi, però, i principali social media non aderiscono al Codice. Questo vuol dire che le piccole o medie imprese, dunque anche gli influencer, che fanno promozione pubblicitaria solo tramite questi canali non sono soggetti al Codice e non possono quindi essere sanzionate dal Giurì della pubblicità. Fortunatamente ciò non significa che le imprese che non aderiscono al Codice di Autodisciplina Pubblicitaria possano comportarsi come fossero nel “Far West”, dal momento che l’obbligo di trasparenza è imposto anche dalle leggi nazionali, in particolare dal Codice del Consumo che tratta le pratiche commerciali scorrette e le norme sulla concorrenza sleale. 

In Francia c'è una legge per gli influencer

Inoltre, riguardo l’influencer marketing, l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha imposto regole e misure quasi identiche a quelle contenute nel Regolamento del Digital Chart. Chi viola le norme di trasparenza rischia la sospensione della campagna pubblicitaria e di subire una serie di sanzioni da parte dell’AGCM per le pratiche commerciali scorrette. Sanzioni che arrivano solamente in seguito a una serie di segnalazioni ricevute. Dunque, le autorità competenti chiamate a verificare che la pubblicità sia a norma di legge in Italia sono: l’AGCM, che procede su segnalazione; il Giudice Ordinario per le violazioni del Codice del Consumo e del Codice Civile; lo IAP (Istituto di Autodisciplina pubblicitario) che ha autorità rispetto ai soggetti che vi hanno aderito. Tra questi ci sono alcune società che fatturano milioni, come la TBS Crew fondata da Chiara Ferragni e altre agenzie di rilievo dell’ambito dell’influencer marketing come la Open Influence e la Hoopygang. Considerando l’influenza della Francia nell’industria globale della moda e del lusso (tra i settori che più sfruttano l’influencer marketing), la speranza è che la legge promulgata dal governo parigino abbia un effetto a catena sul panorama internazionale dei social media, affinché quello che adesso è per molti aspetti un Far West incontrollabile diventi presto un ambiente più sicuro per i milioni di utenti che lo frequentano. 

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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