Israele alla sbarra, Europa in silenzio

Il processo verrà celebrato nei prossimi mesi presso il Tribunale Internazionale dell’Aia, l’organo giudiziario principale delle Nazioni Unite

Quale sarebbe il comportamento di media e politici europei se ci fosse la Russia alla sbarra per genocidio? Immagino i fiumi di articoli, di editoriali, i titoli nei Tg. E poi commenti dei politici, commenti durissimi, prese di posizione nette, condanne unanimi.

A Gaza si continua a morire senza sosta
Israele alla sbarra per genocidio, Europa in silenzio – (foto LaPresse) ilMillimetro.it

Tuttavia, a processo per genocidio, accusato di voler sistematicamente distruggere un’intera popolazione, c’è lo Stato ebraico, dunque questo fatto clamoroso e scandaloso va coperto il più possibile.

Un racconto distorto dall’informazione

Israele non è stata ancora condannata per genocidio, ma il fatto che uno strettissimo alleato del blocco occidentale, l’unica democrazia in Medio Oriente e per di più uno Stato nato dopo l’olocausto sia imputato per genocidio è un fatto sconvolgente. Un fatto che fa crollare in un istante la narrazione propagandistica che le autorità israeliane (e i suoi trombettieri nei giornali di mezzo mondo) hanno alimentato dal 7 ottobre in poi, ovvero che Israele, a Gaza, si stia difendendo e basta.

Una guerra etnica che dura da sempre
Da ottobre la Striscia di Gaza è sotto assedio – (fotoLaPresse) ilMillimetro.it

Evidentemente questa narrazione (già ampiamente smentita dal numero di morti civili nella Striscia, parliamo di oltre 30.000 morti tra i quali 13.000 bambini) cozza con un processo per genocidio che verrà celebrato nei prossimi mesi presso il Tribunale Internazionale dell’Aia, l’organo giudiziario principale delle Nazioni Unite. Un organo, tra l’altro, le cui decisioni dovrebbero essere vincolanti. Dovrebbero. 

Copertura mediatica e militare

Il 26 gennaio la Corte dell’Aia, oltre ad aver rigettato la richiesta di archiviazione presentata da Tel Aviv, sostenendo, di fatto, che vi siano elementi sufficienti per ritenere Israele colpevole di tentato genocidio, ha preso altre tre decisioni importanti. Non ha chiesto il cessate il fuoco, è vero, e questo è stato utilizzato da Israele per giustificare il massacro. Tuttavia, la Corte ha deciso molto altro. Ovviamente il sistema mediatico occidentale (italiano in primis) si è concentrato su quel che la Corte non ha chiesto piuttosto che evidenziare le disposizioni date. Perché? Ripeto, perché le richieste del Tribunale dell’Aia sono imbarazzanti per lo Stato ebraico e per tutti quei paesi che gli stanno dando copertura politica, mediatica e sostegno militare. 

I giudici dell’Aia hanno imposto a Israele tre azioni: la prima è adoperarsi immediatamente affinché non venga realizzato un genocidio. Un genocidio non è un atto che si realizza in 48 ore. Il genocidio è un processo, un processo che può durare anni, che si sviluppa in fasi diverse, che necessita della disumanizzazione dell’altro per concretizzarsi. Ecco, la Corte ha chiesto ad Israele di interrompere immediatamente il processo. Israele se ne frega. Negli ultimi giorni ha intensificato i bombardamenti e le azioni criminali nel sud della Striscia. Secondo: i giudici hanno chiesto a Israele di punire tutti coloro che incitano al genocidio.

Una guerra politica

Netanyahu dovrebbe rimuovere mezza dozzina di ministri se volesse, davvero, dare seguito alle disposizioni dell’Aia. Alcuni giorni fa a Gerusalemme centinaia di coloni sionisti si sono radunati per chiedere la colonizzazione definitiva della Striscia. Si tratta di un chiaro progetto di pulizia etnica. Ebbene, si sono radunati dopo che il Tribunale internazionale aveva chiesto a Tel Aviv di punire l’istigazione al genocidio. Presenti al convegno oltre a coloni fanatici e razzisti c’erano uomini politici al governo con Netanyahu.

Il presidente israeliano punta alla riconferma una volta vinta la guerra
Netanyahu e la sua guerra politica – (foto LaPresse) ilMillimetro.it

Politici che, di fatto, mantengono al potere Netanyahu. C’erano 12 ministri e 15 membri della Knesset, il Parlamento dello Stato ebraico. Tra questi c’era Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e Itamar Ben-Gvir, ministro della Sicurezza nazionale. Itamar Ben-Gvir, da mesi, distribuisce ai coloni israeliani in Cisgiordania (ricordo che la colonizzazione israeliana dei cosiddetti territori occupati è illegale e viola decine di disposizioni dell’ONU) fucili d’assalto dando a gruppi di fanatici licenza di uccidere. La caccia al palestinese è prassi da decenni in Cisgiordania ma si è intensificata dal 7 ottobre. Oltre 500 palestinesi sono stati assassinati in Cisgiordania negli ultimi 3 mesi. Questa è la realtà. Infine, i giudici dell’Aia hanno chiesto a Israele di far entrare gli aiuti umanitari a Gaza. Le bombe sono uno dei problemi per gli abitanti di Gaza, non sono certo l’unico. Oggi decine di migliaia di persone si stanno ammalando nei campi profughi della Striscia per la contaminazione dell’acqua e per una dieta insufficiente. Mancano farmaci, acqua, cibo. I bambini vengono operati senza anestesia. Le epidemie stacco scoppiando. Fame e sete si diffondono in modo apocalittico.

Non fare entrare aiuti umanitari o comunque bloccare la maggior parte dei camion è funzionale ad un processo di genocidio. Lo spiegò perfettamente il presidente del Sudafrica Ciryl Ramaphosa quando, nel discorso di apertura della riunione dei Brics dello scorso 21 novembre, disse: «La punizione collettiva dei civili palestinesi attraverso l’uso illegale della forza da parte di Israele è un crimine di guerra. La deliberata negazione di medicine, carburante, cibo e acqua ai residenti di Gaza equivale a un genocidio». Israele continua a bloccare (o quantomeno a rallentare) gli aiuti umanitari diretti a Gaza. 

La strategia di Israele

La ragione, ahimè, è semplice. C’è chi, all’interno del governo Netanyahu, intende provocare un tale dramma umanitario a Gaza per costringere paesi europei o paesi musulmani a farsi carico degli abitanti della Striscia. Appena sette giorni dopo il 7 ottobre, il ministero dell’Intelligence israeliano ha pubblicato un documento dove è sintetizzata la strategia che si vuole adottare su Gaza. Prima spostare a suon di bombe la popolazione da nord a sud. Poi costringere l’Egitto all’apertura di corridoi umanitari, infine la soluzione egiziana: lo spostamento dell’intera popolazione palestinese della Striscia nel Sinai.

Per molti è impossibile curarsi, mangiare e bere
La crisi umanitaria degli abitanti della Striscia – (foto LaPresse) ilMillimetro.it

Ovviamente le autorità egiziane dovrebbero esser d’accordo e, ad oggi, non lo sono affatto. Tuttavia, il progetto esiste. Alcuni giorni fa il ministro degli Esteri israeliano Katz, davanti ai ministri degli esteri dell’Ue, ha presentato un suo vecchio pallino: la costruzione di una grande isola artificiale a largo di Gaza dove trasferirci un mucchio di palestinesi. Persino Borrell si è indispettito. 

“Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti”

Ad ogni modo, come disse Ramaphosa, “la deliberata negazione di medicine, carburante, cibo e acqua ai residenti di Gaza equivale a un genocidio”. Ebbene, una deliberata negazione di aiuti umanitari da parte israeliana è in atto dall’inizio delle operazioni militari. Tutti gli ospedali di Gaza sono stati colpiti. Decine di ambulanze sono state distrutte. Camion di aiuti sono fermi al di fuori della Striscia. In quest’ottica va letta la crociata (spalleggiata in modo vergognoso anche dal nostro paese) di Israele contro l’UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East), l’agenzia ONU che si occupa dei rifugiati palestinesi. Pare che 12 dei 15.000 dipendenti dell’UNRWA abbiano avuto legami con Hamas e alcuni siano stati direttamente coinvolti nell’attentato terroristico del 7 ottobre. Questo è quello che sostengono gli israeliani almeno. Ad ogni modo, le Nazioni Unite hanno licenziato 9 di questi 12 impiegati dell’agenzia. Ma non basta. Italia, Stati Uniti, Canada, Australia, Gran Bretagna e Germania hanno cancellato i finanziamenti all’UNRWA, l’agenzia, ripeto, che mantiene in vita gli abitanti di Gaza.

Gli abitanti di Gaza non hanno un futuro
Cosa sarà del futuro? – (fotoLaPresse) ilMillimetro.it

Il direttore dell’UNRWA Philippe Lazzarini ha commentato così questa scelta: «L’assistenza dell’UNRWA sta per terminare in seguito alla decisione di alcuni paesi di tagliare i finanziamenti all’Agenzia. La nostra operazione umanitaria, da cui dipendono 2 milioni di persone a Gaza, sta crollando. I palestinesi di Gaza non avevano bisogno di questa ulteriore punizione collettiva. Questo macchia tutti noi». La carneficina di Gaza è per la nostra generazione quel che il Vietnam è stato per quella dei nostri genitori. Le future generazioni giudicheranno quel che stiamo facendo (o che non stiamo facendo) oggi. Giudicheranno politici, giornalisti, pubbliche opinioni. Israele è a processo per genocidio. Soltanto questo avrebbe dovuto spingere i principali politici dell’UE a imporre sanzioni allo Stato ebraico per costringerlo a rispettare le disposizioni dell’Aia. Invece in molti si sono trasformati in avvocati difensori di Israele. Un genocidio, d’altro canto, non può avvenire senza un numero significativo di complici. Come canta De Andrè: “Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti”. 

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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