Lo YouTuber che intervista i russi per strada

Lo conoscono tutti come 1420, il numero della scuola di Mosca che Daniil Orain ha frequentano insieme al suo amico Artem, il volto dietro alla telecamera che ha aiutato a rendere famosi i due giovani online. Quasi mezzo milione di iscritti al canale YouTube “1420”, creato nel 2019 per un semplice motivo, chiedere ai russi la loro opinione sugli argomenti più disparati, dall’esistenza di Dio fino ai diritti LGBTQ, passando per Aleksey Navalny, il leader di opposizione russo detenuto dal 2021, e la guerra. L’inizio della cosiddetta operazione militare speciale in Ucraina e la stretta sui media hanno quasi costretto Daniil a cambiare il suo progetto iniziale, seppur “il successo” dell’ultimo anno sia arrivato proprio grazie e a causa del conflitto in Ucraina. Con un sempre crescente interesse dei contenuti da parte di utenti “occidentali”, curiosi di capire di più cosa i russi pensano della guerra – nell’ultimo anno, dall’inizio dell’invasione russa, il numero di utenti è aumentato di circa 300.000, con circa il 70% del traffico proveniente dall’Europa. Nonostante Daniil sia in un primo momento emigrato dalla Russia dopo il febbraio 2022, e sia poi tornato, l’annuncio dello scorso settembre da parte di Putin della mobilitazione parziale non gli ha lasciato scelta se non andare via. E allargare la squadra di 1420 per continuare a fare domande e pubblicare le risposte sulla popolare piattaforma video – a differenza di Facebook, Instagram e TikTok, bloccati in Russia dal marzo 2022, YouTube è sempre rimasto accessibile nel Paese. Non solo per il canale creato da Daniil ma anche per la disinformazione sulla guerra che continua a “passare” proprio da YouTube: secondo un rapporto pubblicato a febbraio 2023 da Newsguard, società che si occupa di monitorare l’affidabilità delle informazioni diffuse da testate e applicazioni, sulla piattaforma sarebbero ancora disponibili centinaia di documentari prodotti dal canale controllato dal Cremlino Russia Today. Eppure, i rischi di intervistare semplici cittadini per strada e parlare di e contro la guerra davanti ad una telecamera, sono reali ma poco chiari: sebbene i media russi abbiano riportato casi di persone accusate di aver screditato l’esercito russo per aver partecipato a interviste per strada, non si sa quante abbiano avuto sanzioni amministrative e problemi con le autorità. Alla fine dello scorso febbraio, secondo l’organizzazione russa per la tutela dei diritti umani OVD-Info, quasi 6.000 russi hanno ricevuto la stessa accusa, e circa un terzo di questi a causa di commenti e post sui social media contro l’operato delle Forze Armate russe in Ucraina

Lo YouTuber che intervista i russi – La storia di 1420 

Nel 2019, nelle 3 ore di viaggio da casa a lavoro, Daniil inizia a guardare video su YouTube con protagonisti normali cittadini che, fermati per strada, rispondevano a delle semplici domande. L’idea gli piace così tanto che in poco tempo convince il suo ex compagno di classe Artem a prendere una telecamera, riprenderlo durante le interviste e caricare i video sul canale YouTube 1420. In quasi 5 anni sono più di 300 i video caricati sulla piattaforma e quasi mezzo milione di iscritti, non senza difficoltà: con la stretta sui media e la censura, il team ha iniziato a realizzare alcune interviste anonime, oscurando i volti e camuffando le voci. “Molti russi preferirebbero andare avanti con le loro vite e guardare video su qualsiasi cosa diversa dalla guerra in corso – ha dichiarato Daniil in una intervista – le interviste sono una finestra preziosa, anche se non scientifica, sull’opinione pubblica, perché i sondaggi tendono a non essere molto utili in un paese non democratico in cui la televisione di stato è censurata”. 

Seppur non un dato assoluto, quindi, le opinioni dei moscoviti intervistati riescono a dare uno spaccato della società russa e della differenza tra generazioni: “Ho un grande rispetto per Putin”, dice convinta una donna, “[Putin] è un santo, sono d’accordo su tutto quello che fa”, risponde un’altra anziana. Nei quasi 10 minuti di girato c’è spazio per tutti, compreso un uomo che ritiene di vivere sotto un regime autoritario con Putin al centro di tutto, senza vedere alcuna prospettiva per il futuro. Tra le tante facce davanti alla telecamera, quella di un giovane che ammette non ci sia più libertà di espressione, e quelle di molti che credono nell’integrità territoriale dell’Ucraina definendo l’annessione dei territori ucraini come il progetto di una sola persona. Tanti anche i commenti, una buona parte in inglese (le interviste sono in russo con sottotitoli in inglese), nei quali gli utenti ringraziano, e criticano, sia Daniil che alcuni intervistati, per far vedere cosa realmente pensano i russi, ma anche per accusare il canale di essere solo veicolo di propaganda. Nonostante l’imparzialità delle domande, e un solo obiettivo, registrare le risposte, qualsiasi esse siano. 

Lo YouTuber che intervista i russi – La libertà di stampa in Russia 

“Se mi definisco giornalista, allora probabilmente devo comportarmi come un giornalista. Ma non mi sono mai etichettato così”, ha dichiarato Daniil in un’intervista. Aggiungendo di non aver ricevuto pressioni per i contenuti pubblicati. Eppure, la condizione della libertà di stampa nella Federazione russa è sempre più grave: a sottolinearlo in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa lo scorso 3 maggio, è Reporters Sans Frontières (RSF), che nel World Press Freedom Index 2023 ha valutatolo stato dei media in 180 Paesi. Con la Russia, già precipitata in classifica lo scorso anno dopo l’invasione dell’Ucraina, scesa di altre nove posizioni (al 164° su 180), anche a causa dei media statali che ripetono servilmente la linea del Cremlino e i media di opposizione costretti all’esilio. “La censura sistematica e l’esodo forzato dei media indipendenti russi e stranieri hanno liberato spazio per la diffusione di propaganda coordinata da parte dei media filogovernativa”, ha scritto l’organizzazione non governativa, sottolineando come l’apparato di propaganda sia stato rapidamente imposto anche ai territori ucraini sequestrati dalle forze russe. Senza contare i giornalisti detenuti nel Paese, al momento 22. Tra loro, Evan Gershkovich, giornalista americano del Wall Street Journal arrestato il 29 marzo 2023 a Ekaterinburg, in Russia, con l’accusa di spionaggio. Per chiederne il rilascio immediato anche 332 giornalisti provenienti da 22 Paesi: “Abbiamo lavorato tutti in Russia come corrispondenti esteri, chi per qualche mese, chi per decenni. Siamo scioccati e sconvolti dall’arresto del nostro collega Evan Gershkovich e dalle accuse mosse contro di lui”. Inizia così la missiva inviata il 24 aprile scorso al ministro degli esteri russo Sergey Lavrov: “Gershkovich – prosegue il testo – ha una lunga e impressionante carriera giornalistica. Non abbiamo dubbio che l’unico scopo e l’intenzione del suo lavoro era quello di informare i suoi lettori sulla realtà attuale in Russia. Cercare informazioni, anche se significa disturbare gli interessi politici, non fa di Evan un criminale o una spia, lo fa un giornalista. Il giornalismo non è un crimine”. L’arresto invia un segnale inquietante e pericoloso sul disprezzo della Russia per i media indipendenti e mostra indifferenza per il destino di un giornalista giovane, talentuoso e onesto, si legge nella lettera, prima dell’appello finale per la liberazione del reporter. Al momento, senza alcun successo

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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