Perché bisogna conoscere la storia di Rocchelli

In una sala gremita, presso Francavilla al Mare, Rino Rocchelli sorride alla platea e ringraziando, dopo aver ricevuto un premio dedicato alla memoria del figlio, dice una frase molto significativa: “La Verità è stata trovata, non la Giustizia”. Non si può riassumere meglio quello che è successo il 24 maggio del 2014. Andy Rocchelli era un talento fotografico riconosciuto, i suoi reportage dai territori dell’ex Unione Sovietica erano precisi nello stile e riconoscibilissimi, la stima del suo lavoro era evidente e non deve essere riscoperta. Coprendo la questione del Donbas nei mesi dei referendum non riconosciuti del 2014, Rocchelli morirà insieme al collega e amico Andrej Mironov sotto il fuoco dalla parte ucraina nei pressi di Slovjiansk. Rimarrà ferito ma vivo il corrispondente francese William Roguelon. La notizia sconvolse l’industria fotografica nel profondo, furono tantissimi i presenti al funerale di Rocchelli a Pavia, e il ricordo addolorato dei ragazzi e delle ragazze di Cesuralab, realtà fotografica che Andy fondò anni prima insieme ad un pugno di altri fotografi, è un’immagine fortissima che rimarrà impressa a tutti i presenti. Il caso Rocchelli purtroppo si evolverà in una questione politica, da una parte i filo ucraini in Italia considereranno la questione argomento di propaganda filorussa, dall’altra molti canali simpatizzanti proprio dei filorussi useranno Rocchelli per descrivere gli ucraini come atroci assassini. È un’ingiustizia nell’ingiustizia, poiché la morte di Rocchelli rimane un dolore umano: un collega è rimasto brutalmente ucciso mentre faceva il suo mestiere, e chiunque abbia voluto indagare per capire chi fosse il colpevole di quest’atrocità ha fatto il suo sacrosanto dovere. Invece le indagini saranno sempre inquinate dalle urla di varie tifoserie, in particolare quando verrà arrestato Vitalij Markiv nel 2017. Il soldato ucraino venne accusato dell’uccisione dei reporter poiché era presente sulla collina da dove sono partiti i colpi, la quale era presieduta dal reparto della Guardia Nazionale di cui Markiv faceva parte e da uno dell’esercito. Il processo sarà piuttosto teatrale, ucraini presenti sempre in aula accoglieranno ogni volta Markiv con l’urlo “Slava Ukraïni!” e la risposta “Heroiam slava!” (Gloria all’Ucraina! Gloria agli Eroi!). Secondo il governo ucraino Markiv è vittima di un processo persecutorio fatto nell’isterismo di trovare un colpevole. Dall’altra parte le autorità italiane denunceranno chiaramente gli ostacoli posti dalle autorità ucraine durante le indagini nel tentativo di sabotarle. Il processo, il 3 novembre del 2020, finisce con l’assoluzione di Markiv che arriva per un errore formale. In un battito di ciglia Markiv se ne torna in Ucraina accolto da eroe. Il suo paese è già governato dal presidente Zelenskiy, che su questo tema non ha mai pronunciato una sillaba negli incontri oramai super amichevoli tra i nostri paesi. Solamente lo sforzo di due reporter italiani, Giuseppe Borello e Andrea Sceresini, porterà nuovi dettagli che metteranno luce su chi è colpevole di quello che è successo.

Perché bisogna conoscere la storia di Rocchelli
Andrej Mironov e Andrea Rocchelli, entrambi uccisi a Slovjiansk

Perché bisogna conoscere la storia di Rocchelli – Nella lista ‘Myrotvorec’

Seguendo le carte del processo i due reporter si concentreranno sul ruolo della 95esima brigata aviotrasportata, che presiedeva la collina insieme alla Guardia Nazionale e l’unica in possesso ai tempi dei mortai usati per colpire il luogo dove erano presenti Rocchelli e gli altri. Al comando c’era Mikhailo Zabrodskyi, che mai è stato chiamato al processo nonostante il suo ruolo cardine, anzi lui, come gli altri uomini della brigata, è stato tenuto ben lontano dai microfoni e dalle indagini. Intanto, negli ultimi mesi il governo Meloni si è impegnato a mostrarsi alleato fondamentale per l’Ucraina, e durante gli incontri le domande sono sempre le generiche questioni riguardanti l’attuale conflitto, ma tutto quello che potrebbe essere un attrito non viene affrontato: giornalisti a cui viene sospeso l’accredito o non viene rilasciato dietro l’ostruzionismo silenzioso delle autorità ucraine, l’imbarazzo del nostro Paese che ha ministri e presidenti di partito che fino a pochi giorni fa si sono dichiarati putiniani di ferro, per non parlare proprio della questione Rocchelli. Il governo Zelenskiy sta mostrando alla propria popolazione una chiara intenzione di non accettare più che la corruzione sia presente nella politica ucraina, ma riconoscere la colpevolezza di membri del proprio esercito no. Nelle alleanze, come nei rapporti umani, ci deve essere un paritario rispetto e riconoscimento dell’altro, e su questo fatto non ci sono sviluppi, perché da una parte il governo italiano non mostra irritazione per un proprio cittadino ucciso, dall’altra i colpevoli passeggiano per i parchi di Kyiv scortati. In tutto questo sulla famigerata lista ‘Myrotvorec’ il nome di Rocchelli era presente e orribilmente segnalato come: “liquidato”. Come se fosse stato un nemico politico, non un giornalista che svolgeva il suo lavoro. Ma su quella lista molti corrispondenti italiani ci finiscono ancora oggi, le autorità ucraine dicono che non la ritengono ufficiale e non ha peso, ma i nomi ci sono e uffici stampa, comandanti, soldati, fixer che sono legati a ideologie di estrema destra invece la leggono come fosse il Vangelo.

Perché bisogna conoscere la storia di Rocchelli
Mostra dedicata agli scatti di Andrea Rocchelli

Perché bisogna conoscere la storia di Rocchelli – La sua morte è un crimine di guerra

Sulla morte di Rocchelli bisogna rimanere solidi “rompicoglioni”: quello che gli è successo è un crimine di guerra ed essere obiettivi significa che, se piangiamo i colleghi morti in Donbas sotto i bombardamenti dell’artiglieria russa, si deve anche puntare il dito su chi è responsabile nella Difesa ucraina, perché una famiglia ha perso un figlio, un’attivista che era voce autorevole per i diritti umani come Mironov non c’è più, colleghi si stringono nel dolore di un fratello ucciso ed è semplicemente insopportabile che su mille strette di mano e abbracci non venga detta la frase: la questione va chiusa per il bene della Giustizia. Qualcuno potrà pensare che Rocchelli si sia trovato nel posto sbagliato e queste cose capitano quando ci si immischia in una guerra. Questo pensiero è sbagliato e può esserlo per due motivi: o non fai il reporter e non conosci le dinamiche oppure sei fazioso, perché un reporter è sempre nel posto giusto quando la sua esperienza e il suo intuito lo portano dove la storia è presente. Gli incidenti capitano, ma qui parliamo di un’uccisione intenzionale. La famiglia di Rocchelli, intanto, dopo questi anni difficili, ha deciso di rivolgersi alla Corte Penale Internazionale dell’Aja sperando che questo porti a risultati, visto che sono partite indagini sui crimini di guerra avvenuti dal 2013 nel territorio ucraino. Le condizioni e la forza di arrivare ad un risultato ci sono, bisogna sperare però ci sia da parte ucraina la disponibilità di accettare nuove indagini e non ostacolarle con la scusante “nel conflitto c’è molta confusione”. Da fotografo, riguardando il materiale di Rocchelli, mi accorgo che aveva già fatto tutto lui, vedo il mio archivio e il lavoro di tanti altri colleghi e colleghe e pare che sia sempre un omaggio alle sue immagini: la paura negli scantinati, la confusione e il dolore per strada, lo sporco e lo schifo, il silenzio e il cielo cupo. Due parole mi vengono in mente: efficace ed oggettivo, qualità che per chi documenta secondo me sono fondamentali, e il lavoro di Rocchelli è stato così. Documentare la sofferenza del popolo ucraino è un dovere che rimane, in memoria anche di Rocchelli, e moltissimi giornalisti italiani lo stanno facendo nel migliore dei modi, dalle tv alla carta stampata, perché alla fine lo spirito di chi fa questo mestiere lo riassumerei prendendo un estratto di Ursula K. Le Guin dalla sua opera “Il Mago di Earthsea”: “Provava un acuto desiderio di rimare lì sull’isola, rinunciando a magie e avventure, dimenticando poteri magici e tenebrosi orrori, per vivere in pace come qualsiasi altro uomo sul suolo familiare della sua terra. Quello era il suo desiderio, ma la sua volontà era un’altra.”

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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