Gli animali selvatici sono entrati in città

Per molto tempo abbiamo creduto che le città non potessero essere raggiunte dagli animali selvatici, come delle fortezze inespugnabili. Nella maggior parte dei casi, l’urbanizzazione ha determinato l’allontanamento e l’estinzione di specie animali a causa della perdita del loro habitat. Queste specie vengono definite “urban avoiders” (ovvero evitatori) e dipendono strettamente da habitat naturali per sopravvivere. Per altre, invece, la città è una nuova opportunità da esplorare. Questi animali sono chiamati “urban adapters”, ovvero adattati all’ambiente urbano. Infine, ci siamo noi, gli “urban dwellers”, che troviamo nelle città un nuovo spazio da occupare. In molti casi la presenza nelle aree urbane di animali quali gabbiani, ratti, o ancora cinghiali, lupi e orsi porta a interazioni dirette che possono essere pericolose. Ridurne il numero pensando di aumentare l’attività venatoria (abbattimento o cattura) non è una soluzione praticabile. Aprire la caccia in prossimità o addirittura dentro i centri abitati rappresenterebbe un problema più che una soluzione, da un lato per motivi legati alla sicurezza, dall’altro per l’inefficacia della misura. La soluzione sta nel ridurre le cause che attirano questi animali nei centri abitati, nelle città e nei luoghi di allevamento o agricoltura, partendo da azioni concrete come la corretta gestione dei rifiuti urbani e il divieto di dare loro da mangiare.

Quando gli animali selvatici sono entrati in città – Emergenza lupo, la denuncia di Coldiretti

Dopo i cinghiali, per gli agricoltori di mezza Italia c’è un’altra presenza non gradita, quella dei lupi. “Alle attuali emergenze, gravissime, che si sono abbattute sulla nostra agricoltura, strangolata dall’aumento incontrollato dei costi e dalla siccità, si sommano i danni che quotidianamente subiamo dai cinghiali e dal numero, sempre più rilevante, di lupi. Proprio sul fronte lupi assistiamo a un peggioramento del fenomeno che, se non studiato e controllato, rischia di degenerare in poco tempo” afferma la Coldiretti molisana. Sulla situazione del lupo in Toscana, esordisce così un comunicato ANSA: “Sono quasi 2.500 gli eventi di predazione avvenuti a danno delle aziende zootecniche, in cinque anni, secondo quanto riferisce Coldiretti. Le aziende ovi-caprine sono le più colpite dalla presenza eccessiva di predatori con 7.000 capi uccisi e quasi il 17% degli allevamenti danneggiati quattro o più volte l’anno”.

Gli animali selvatici sono entrati in città

Continua il Presidente regionale Fabrizio Filippi: “Gli allevatori, sin dai tempi dei tempi, hanno convissuto in pace con i lupi. Ma oggi ci troviamo ad affrontare un fenomeno che non viene gestito.Le predazioni sono la principale causa della chiusura di molti allevamenti nella nostra regione al pari dei cinghiali, con gravi ripercussioni sulla biodiversità, sull’occupazione e sulla manutenzione del territorio. Dobbiamo ritrovare un equilibrio sostenibile che preservi la specie del lupo, senza però rappresentare una pesante criticità per la sopravvivenza delle aziende e gli allevamenti”. “L’eccessiva presenza di lupi va a penalizzare gli allevamenti bovini e ovini più virtuosi, ovvero, quelli che hanno scelto il pascolo allo stato semibrado salvaguardando l’ambiente e il benessere animale – aggiunge Franco Luigi, il Vicedirettore Coldiretti Asti. Occorre un nuovo Piano Lupo con misure più efficaci, anche per gli ibridi”.

Quando gli animali selvatici sono entrati in città – Serve piano nazionale per la gestione delle specie selvatiche

I dati del monitoraggio nazionale sul lupo, pubblicato nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU, in sinergia con ISPRA, stimano una popolazione di 3.300 esemplari, di cui 950 nelle regioni alpine e quasi 2.400 lungo il resto della penisola. “I numeri confermano che il lupo, ormai, non è più in pericolo d’estinzione; per tale ragione è indispensabile che le Istituzioni definiscano un Piano nazionale di intervento a tutela della biodiversità” ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco. Altro obiettivo delle ricerche è conoscere l’uso che il branco fa del territorio, come si sposta e da quanti individui è composto, se si avvicina ai centri abitati, dove trova rifugio, come interagisce con le altre specie, proprio in relazione a eventuali predazioni degli animali al pascolo. “Non è più rinviabile il piano nazionale per la gestione delle specie selvatiche: oltre i lupi, negli ultimi anni – sottolinea la Coldiretti – si è registrato un incremento anche della presenza dell’orso con circa 100 esemplari in Trentino, con un aumento anche dell’areale occupato con singoli giovani maschi che sono stati segnalati fino in Piemonte, nelle zone di confine tra Tirolo e Baviera e in Friuli-Venezia Giulia. I dati sono stati resi noti dall’ultimo rapporto elaborato dal settore grandi carnivori del Servizio faunistico della Provincia autonoma di Trento. Senza dimenticare che l’Italia è popolata da 2,3 milioni di cinghiali nelle città e nelle campagne dove è necessario intervenire urgentemente per il loro contenimento”.

Quando gli animali selvatici sono entrati in città – ISPRA, monitoraggio nazionale del lupo sul comparto zootecnico

Per analizzare in modo più approfondito la complessità della relazione tra lupo e zootecnia, ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha pubblicato uno studio sulla stima dell’impatto del lupo sulle attività zootecniche in Italia. I dati, raccolti secondo criteri documentati e trasparenti, potranno essere utili a indirizzare politiche a sostegno della zootecnia con misure adeguate di mitigazione e prevenzione dei danni, favorendo la coesistenza tra uomo e lupo. Cosa si intende per impatto del lupo sulle attività zootecniche? L’uccisione di capi di bestiame, il loro ferimento o smarrimento, l’interruzione di gravidanze in corso. Lo studio che è stato realizzato ha considerato solo la forma più grave di impatto, ovvero l’uccisione documentata e accertata di capi di bestiame da parte del predatore.

Gli animali selvatici sono entrati in città

I danni da lupo considerati nella presente indagine sono, inoltre, solo quelli rilevati dai sistemi di compensazione che ogni Regione e Parco ha messo a disposizione per il periodo di riferimento. Con sistema di compensazione si intendono regolamenti e procedure che nel loro insieme determinano l’iter che va dal verificarsi dell’evento di danno, la sua denuncia, la richiesta di indennizzo, il sopralluogo per la verifica e quantificazione del danno, fino alla liquidazione della quota a compensazione dello stesso. Le quantificazioni presentate nel nostro studio sono quindi da considerarsi come dati minimi, poiché non tutti i danni da lupo vengono rilevati, denunciati e compensati. Quali sono gli animali da allevamento considerati in questo studio? La banca dati comprende sette differenti anagrafi: bovina e bufalina, ovina e caprina, suina, equina, avicola, acquacoltura e apicoltura. Nel presente studio si considerano soltanto i dati relativi alle anagrafi bovina e bufalina e ovina e caprina.

Quando gli animali selvatici sono entrati in città – Qualche numero sulle predazioni da lupo

In totale, in riferimento al periodo 2015-2019, sono stati raccolti dati relativi a 17.989 eventi di predazione accertati, per una media di circa 3.597 eventi ogni anno. L’andamento temporale degli eventi di predazione a livello nazionale ha mostrato una generale tendenza all’aumento, fatta eccezione per l’anno 2016, in cui tutte le statistiche (numero di eventi di predazione accertati, numero di capi predati, somme concesse) sono risultate in diminuzione. Il numero di eventi di predazione accertati è passato dai 3.325 del 2015 ai 4.107 del 2019, con un aumento del 23,5%. A seguito dei 17.989 eventi di predazione totali, sono stati registrati come predati un totale di 43.714 capi di bestiame, per una media di circa 8.742 capi ogni anno. Tra i capi predati, l’82,0% erano ovicaprini, pari a una media di 7.171 capi annui; il 14,2% erano invece bovini, pari a una media di 1.439 capi annui; il 3,2% dei capi indennizzati erano equini, per una media di 280 capi annui; delle restanti predazioni indennizzate, lo 0,1% si riferiva a suini, lo 0,1% riguardava specie avicole e lo 0,4% era rappresentato da predazione su altre specie o da casi non determinati.

Quando gli animali selvatici sono entrati in città – Considerazioni finali

Il monitoraggio dell’impatto del lupo sul comparto zootecnico è uno degli aspetti fondamentali per assicurare corretta gestione della specie in presenza di attività antropiche, base essenziale sia per la conservazione del lupo, specie particolarmente protetta e di interesse comunitario, sia per tutelare le attività produttive. L’indagine realizzata è da considerarsi un contributo parziale alla quantificazione dell’impatto del lupo sul comparto zootecnico, tenuto anche conto della spiccata frammentazione e disomogeneità dei dati raccolti. Lo studio evidenzia chiaramente due tipologie di impatto ben distinte. Una larga maggioranza di aziende zootecniche soggette a danni da lupo sporadici e con perdite quantitativamente ridotte (si pensi che la maggior parte delle aziende, circa l’80%, ha ricevuto indennizzi per una sola predazione nei 5 anni di indagine).

Gli animali selvatici sono entrati in città

Una seconda tipologia invece è costituita da una minoranza di aziende (circa 1.300 a livello nazionale) che registrano attacchi frequenti, ripetuti in modo cronico di anno in anno e con perdite numeriche rilevanti. In conclusione, la maggior parte degli animali selvatici cerca in tutti i modi di evitare l’incontro con l’essere umano, concentrando la loro vita nelle ore notturne. Nelle aree più antropizzate gli animali riducono i loro spostamenti, senza contare che i rumori, il traffico, le luci, la presenza di persone, costituiscono degli ostacoli per il loro spostamento, tanto quanto le barriere fisiche. Ma, ora, alcune nostre azioni hanno consentito che molte di queste barriere diventassero superabili: ora potremmo dire che sono venuti allo scoperto. Non resta quindi che adottare delle misure che tutelino la vita di entrambe le specie, nella sicurezza e nel rispetto della biodiversità.

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Il prigioniero del secolo

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