Eminem, la rivoluzione parte da Detroit

Ci sono le polemiche, hanno le sembianze dei tormentoni, durano molto poco. A volte vengono definite mode, danno una speranza a chi non la cerca: categorie ampie, infinite, logorroiche, commerciali, ripetibili, invidiose. Esistono invece le rivoluzioni, dei venti improvvisi che lasciano il segno, degli squarci nel tempo che indirizzano generazioni intere. Riescono a stravolgere le abitudini, le rendono personali, uniche, irripetibili, poco imitabili. La storia le ha accese da lontano, conservate e protette, le ha regalate a chi ne aveva bisogno. E spesso partono dal nulla, dalla povertà mista al fango, da chi ha una storia da raccontare ma non sa in che modo: Marshall Bruce Mathers III ha gli occhi azzurri e lo sguardo della fame, è uno dei pochi bianchi di Detroit, sa già che dovrà sputare sangue per sopravvivere. Il bullismo, la perdita del padre, i problemi psichici della madre, la responsabilità di un fratello minore e pochi spiccioli per tirare a fine mese: o cresci da solo o vieni risucchiato, è la legge di una strada che non ha nemmeno marciapiedi. Per non parlare della scuola, abbandonata dopo la terza bocciatura in quinta elementare. Nonostante ciò, la padronanza delle rime è evidente, il freestyle scorre nelle vene, la lingua inglese è la chiave per affrontare le battaglie più dure. Perché non si tratta soltanto di cantare, bisogna lanciare messaggi, c’è la necessità di farlo prima che sia troppo tardi. Una comunicazione dura, diretta, cruda, senza giri di parole, anzi, quelle devono essere precise e spietate. Sono anni pieni di lividi e ferite, alcune non si rimargineranno mai, sarà il vissuto a sfondare le porte di un successo premeditato.

Rabbia e povertà, la rivoluzione parte da Detroit – Un povero predestinato

Scrive in una roulotte, incastra frasi con una rabbia mai sentita, è convinto che presto toccherà a lui. Sposa Kim, la ragazza di sempre, madre di sua figlia Hailie: troppi debiti, altrettanti sandwich con burro di arachidi e gelatina, passano mesi di gelo e inchiostro consumato. Slim Shady è un lampo programmato, il tributo alla consapevolezza; tutti sapevano, pochi parlavano: la Interscope Records fiuta il successo, rintraccia Eminem e lo catapulta verso la fama. Just Don’t Give a Fuck ha il sapore dell’esordio, fa il giro del mondo e il videoclip conquista anche il pessimismo becero: proprio come 8Mile (da gennaio 2023 si lavora alla serie), film criticato e amato, odiato e idolatrato, il percorso di un giovane che lotta contro il suo stesso quartiere: “È meglio che ti perdi nella musica, nel momento, ti appartiene, meglio che non te lo lasci mai sfuggire, hai un colpo solo, non perdere la tua occasione di spararlo, questa occasione viene una volta nella vita”.

Eminem, la rivoluzione parte da Detroit

Sono le righe di un trionfo, appartengono alla leggenda del rap mondiale, è il ritmo più serrato di tutti i tempi. Lo chiama Lose Yourself (Oscar come migliore canzone originale) ed ha rappresentato gli eventi più importanti e significativi di ognuno di noi, scritto le pagine più entusiasmanti degli appuntamenti sportivi di tutto il mondo, è nella storia da una ventina di anni. Testi che si spingono oltre i confini, un vocabolario violento, il dito è puntato contro parenti e istituzioni: “Non scrivo per i presidenti morti, preferirei vedere il presidente morto”. Offensivo, oltraggioso, provocatorio, si traduce Eminem: un messaggio a Bush, oppure no, indagarono anche i servizi segreti. Soprattutto dopo Mosh, testo meno forte con un linguaggio più articolato. Non scoprirono mai nulla.

Rabbia e povertà, la rivoluzione parte da Detroit – Le droghe hanno cancellato i suoi ricordi

Omofobia, insulti, nomi e battute sprezzanti, è la strada che percorre con più frequenza. Attacca tutti, non fa differenze, ha anche degli ammiratori. Elton John lo apprezza, nonostante le sue idee: “Quando ti è stata lanciata addosso tutta quella merda – ha dichiarato il cantante inglese – non l’ho sopportato e mi sono dovuto alzare per difenderti. Quella performance ai Grammy è stata l’inizio di una bella amicizia e ne sono grato”. Rapporti umani e pasticche: tante, troppe, immotivate, figlie di un passato avvelenato. Ogni giorno sessanta di Valium, trenta di Vicodin, scopre anche l’Ambien (sonnifero ipnotico), pranza e cena al Mc Donald’s, il fisico prende oltre 40 chili. Inizia un periodo durissimo, i suoi testi sono contro etero, gay, bianchi, neri, tratta tutti gli argomenti senza censura. Le droghe però hanno cancellato molti dei suoi ricordi, i medici le quantificano con l’equivalente di quattro sacchi di eroina consumati in pochi anni.

Eminem, la rivoluzione parte da Detroit

Non si alza più dal letto, è una ricaduta dopo l’altra, soltanto un viaggio in ospedale e il suo nuovo amico Elton lo aiuteranno a ritrovare la luce: l’album Recovery è l’emblema del momento, i colori e le sensazioni che si intensificano, il piacere di riscoprire le cose minime, notare piccoli dettagli senza la spinta di sostanze stupefacenti. Al di là di tutto le oscenità e le identità sceniche costruite, il filo conduttore che attraversa tutta la carriera di Eminem è l’amore per la figlia Hailie, al centro di ogni sua canzone. Ancora nella tempesta, uno scoglio sul quale aggrapparsi nei momenti più bui, l’unico aspetto sano in un mondo impazzito. Oggi la ragazza è una donna e presto convolerà a nozze, ma Eminem ha già interrotto i rapporti con lo sposo: pare sia troppo geloso per accettare uno sgarbo simile.

Rabbia e povertà, la rivoluzione parte da Detroit – Shady è ancora qui

Più tribunali che concerti, 13 anni di carriera passati ad affrontare cause legali, perdere soldi e fare la conta dei nemici. Accuse serie e pericolose, provenienti spesso da familiari e amici: lo cita in giudizio per diffamazione (richiesta di 10 milioni di dollari) anche la madre. Stesso epilogo con suo zio, sua zia, sua moglie Kim e conoscenti di ogni tipo: nessuno riesce a raggiungere il proprio scopo, Eminem ne esce sempre pulito. Qualche arresto sparso, detenzione abusiva di armi da fuoco, risse e due anni di libertà vigilata: a volte, a causa di testi sempre più compromettenti, gira per strada con un giubbotto antiproiettile. Si è scagliato contro l’Apple, ha espresso rabbia nei confronti di Trump in una canzone da 4 minuti con tanto di video-clip presentato ai premi BET Hip Hop, con il sostegno di Ellen DeGeneres e Snoop Dogg. Una qualità aggressiva che isola molti mentre risuona con gli altri, Eminem sa restare basso e rimanere prolifico allo stesso tempo. Potrebbe passare anni senza pubblicare un album, quando accade però supera sempre il confine tra l’attualità e il personale. Un atteggiamento da estraneo acquisito da bambino, voce unica in un campo pieno di cliché. Oggi produce musica, è nella Rock and Roll Hall of Fame, ma non ha smesso di rappare: Shady è tornato per una rivoluzione senza tempo.

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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