Shōhei Ōtani, mister mezzo miliardo

Cosa salverà il baseball? Da mesi, ormai, se lo chiedono in tanti. Con la popolarità in rialzo del calcio, ma anche e soprattutto una spettacolarizzazione sempre maggiore di NBA ed NFL, il “passatempo nazionale” degli americani è sotto scacco da una ventina d’anni, derubricato ad una fase della vita in cui lo sport del batti e corri funge principalmente da collante tra padri e figli. Durante la pausa invernale si è parlato soprattutto delle modifiche al regolamento che stanno già velocizzando il gioco, riportandolo alla sua essenza: un limite cronometrato ai lanci, un limite allo spostamento dei giocatori in difesa e l’ingrandimento dei cuscinetti per alzare la media di basi rubate. E già a cavallo tra il 2021 e il 2022, la lega aveva introdotto una regola apposita per Shōhei Ōtani, il fenomeno giapponese dei Los Angeles Angels, consentendo così ad una squadra di usare un lanciatore titolare anche come battitore designato, lasciandolo quindi andare in battuta anche dopo aver concluso il suo turno sul monte di lancio (cosa che fino a quel momento non era concessa). Dal 4 aprile 2021, nella sfida tra Angels e White Sox, Ōtani ha fatto capire al mondo le sue intenzioni: una serie di palle sparate a 160 chilometri orari per eliminare in fretta e furia Anderson, Eaton e Moncada, poi un fuoricampo battuto a 140 metri di distanza; il primo lanciatore partente a battere un home-run in Major League Baseball dopo quasi mezzo secolo. Il giocatore più completo dai tempi del leggendario Babe Ruth (1914-1935) che però, delle cinque stagioni ai Red Sox, solo nel 1919 riuscì ad eccellere nelle due fasi (29 fuoricampo e 113 punti battuti a casa abbinati ad una media PGL di 2,97).

Shōhei Ōtani, mister mezzo miliardo

Shōhei Ōtani – Uno stipendio record

All’All-Star Game a Denver, Ōtani diventa il primo della storia ad essere selezionato nel doppio ruolo. Ed è proprio questo doppio ruolo che potrebbe valergli un ingaggio doppio a partire dal prossimo anno, quando potrà svincolarsi a zero. «Faccio un rapido calcolo matematico – ha detto David Samson, ex presidente dei Miami Marlins – sommando i soldi che perderemmo dalle sponsorizzazioni senza di lui e gli incassi che faremmo al botteghino con lui; quindi, mi rivolgerei al finance: se abbiamo un monte ingaggi di 200 dollari, possiamo permetterci di pagarne 50 ad Ōtani? Abbiamo un giocatore che è sia un lanciatore partente che un battitore designato, per cui occupa due posti in rosa. La regola generale è che se un giocatore vale il 20% o più dell’intero monte ingaggi, significa che c’è un problema. Ma Ōtani vale doppio e due giocatori da 25 milioni in rosa sono più che accettabili. Se Scherzer e Verlander nei Mets valgono 43 milioni a testa, Ōtani da solo ne vale 50: non ci sono dubbi». Nel caso, quindi, di un contratto decennale (come quello che potrebbero offrirgli i Dodgers), andremmo comodamente a mezzo miliardo di dollari. Un accordo che gli consentirebbe di superare il compagno di squadra Trout nella classifica dei contratti più remunerativi di sempre nella storia dello sport.

Shōhei Ōtani – Il Bosman del baseball

Cifre astronomiche che non sarebbero state possibili se non fosse stato per Hideki Irabu, il Bosman del baseball (e di cui potete leggere la drammatica storia sul libro pubblicato da Bibliotheka, Basi Rubate), grazie a cui venne istituito il famoso “posting system”, un sistema di “affissione” secondo cui una squadra giapponese, anziché attendere la conclusione degli anni di servizio di un proprio giocatore (10 anni poi ridotti a nove), poteva finalmente renderne nota la disponibilità anticipata, scatenando così un’asta tra tutti i club di MLB. Nel 2017, Ōtani ha lasciato gli Hokkaido Nippon Ham Fighters per venti milioni di dollari, al pari di Maeda e Tanaka. Il quarto trasferimento più alto della storia da Giappone a Stati Uniti ma, considerando il rendimento e l’indotto, si tratta certamente di un vero affare. La NHK (la tv pubblica giapponese) trasmette tutte le sue partite, servendosi in alcuni casi della Ōtani Cam; gli sponsor nipponici a bordocampo si sono moltiplicati; e ci sono una ventina di giornalisti del Sol Levante che seguono solo e soltanto lui.

Al contrario di Irabu, che voleva esclusivamente gli Yankees nonostante i San Diego Padres avessero già chiuso la trattativa con i Chiba Lotte Marines, Ōtani ha scelto l’affinità e le sensazioni degli Angels (una squadra che non fa i playoff dal 2014) oltre alla tranquillità della West Coast. Il bagno di folla in patria però è sempre garantito: «Dopo la stagione che ha appena disputato – aveva commentato due anni fa il suo interprete, Ippei Mizuhara – mi sento di dire che nessuno, al momento, è popolare quanto lui. Per molti, neanche le Olimpiadi di Tokyo hanno avuto il richiamo che ha Shōhei. Per tanti è stato un punto di riferimento nel caos della pandemia. La gente metteva la sveglia per guardare le sue partite, e quando lui batteva un fuoricampo tutto il Paese esultava. Dava un senso alla giornata».

Shōhei Ōtani – Campioni del mondo

È stato così anche a marzo durante il World Baseball Classic durante il quale il Giappone si è laureato Campione del Mondo per la terza volta in cinque edizioni, con un percorso netto che l’ha visto chiudere il torneo con sette vittorie su sette, eliminando l’Italia a Tokyo ai quarti di finale, prima di avere ragione di Messico e Stati Uniti (3-2) nella finalissima di Miami, quando oltre 6,5 milioni di spettatori si sono sintonizzati per assistere al confronto finale tra i due compagni di squadra, Trout e Ōtani. Durante il torneo, Shōhei su Instagram ha preso 2,1 milioni di follower, diventando il primo profilo di un giocatore di MLB a superare la soglia dei 4,5 milioni. «È il momento più bello della mia vita» ha sentenziato dopo l’ultimo out. Ha vinto da leader, scuotendo i compagni dal torpore del rispetto: «se ammirate [gli avversari] non potrete superarli; siamo venuti qui per superarli e arrivare in cima; per una volta, non pensiamo ad ammirarli ma solo a vincere». Un carattere forgiato nelle difficoltà: dopo aver conquistato il titolo di rookie (matricola) dell’anno dell’American League nel 2018, Ōtani ha subìto due interventi al gomito e al ginocchio, ha lanciato due volte in due anni (Covid incluso) per poi riemergere più forte di sempre.

Shōhei Ōtani, mister mezzo miliardo

Shōhei Ōtani – L’Italia al WBC

La partita contro l’Italia è stata quella più vista nella storia del Classic: con il 48,7% di share significa che l’ha vista addirittura un giapponese su due. E i nostri, tutto sommato, ne sono usciti bene. La “Mission Classic” era partita dall’Italia a novembre: coach Mike Piazza aveva voluto portare i suoi a visitare i luoghi di origine delle famiglie dei giocatori convocati (solo 4 su 38 nati in Italia). Roma (incluse visite a Formello e all’Olimpico), Firenze, Arezzo. Contro Cuba all’esordio è arrivata la terza vittoria di sempre (su 54 gare ufficiali) e, dopo le sconfitte con Panama e Cina Taipei, è arrivata la qualificazione contro l’Olanda per l’indescrivibile gioia di Mikethe Dark KnightPiazza: «Sono così felice per questo gruppo, per questi ragazzi che hanno scelto di rappresentare un Paese per via dei loro nonni, dei loro padri, delle loro madri. Penso che sia una cosa grande per il baseball, per l’Italia, e sono onorato di essere parte di questa squadra, fatta di ragazzi che non mollano mai». È stata comunque un’occasione ideale per mettersi in vetrina: rispetto all’edizione 2017, l’affluenza negli stadi è cresciuta del 20% e la vendita del merchandising addirittura del 147%. Il World Baseball Classic ha raggiunto 163 paesi e territori diversi, con 63 media partner che hanno trasmesso le 47 partite dell’evento in 13 lingue.

Shōhei Ōtani – C’era una volta ad Hollywood

Eppure, quello che ha sempre dato una dimensione globale al baseball è il cinema. Soprattutto, tra gli anni Ottanta e i Novanta, sono usciti almeno una dozzina di film per narrare l’epica di questo sport. Il migliore (1984), Bull DurhamUn gioco a tre mani (1988), Major LeagueLa squadra più scassata della lega (1989), Campione per forza! (1992), Ragazze vincenti (1992, con Madonna), I ragazzi vincenti (1993), La recluta dell’anno (1993), Angels (1994, il film promo della Disney per l’attuale squadra di Ōtani), Un lavoro da grande (1994), Gioco d’amore (1999), Un sogno, una vittoria (2002). Uno in particolare, Field of Dreams/L’uomo dei sogni (1989, con Kevin Costner) ha ispirato una partita speciale, finora giocata solo due volte in campionato (Yankees-White Sox e Cubs-Reds): in un campo di granturco nell’Iowa, i giocatori emergono dalle piante e si sfidano con le antiche divise, proprio come nel film. “È questo il Paradiso?” Sì, ammesso che un milionario continui a preservarlo… 

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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