Tre, numero perfetto per Steinbeck e Furore

Da un’opera letteraria eccezionale la creazione di un film e una canzone dal forte impatto culturale e sociale

Ci sono opere che sono dei veri piccoli miracoli, prodotti che nascono sotto una buona stella e di riflesso riescono a rendere magica ogni cosa provenga in qualche modo da loro. È il caso di un romanzo da cui poi è stato tratto un film e successivamente un album discografico. Un libro nato in un tempo brevissimo, quindi non il tipico volume venuto al mondo dopo una lunghissima gestazione. Ci sono voluti infatti solo 5 mesi per scrivere Furore (The Grapes of Wrath) che è valso a John Steinbeck il premio Nobel per la Letteratura nel 1962 e il Premio Pulitzer nel 1940.

Steinbeck tre il numero perfetto
Furore, un frammento del film di John Ford (screen YouTube) – Il Millimetro

Un’opera dal forte impatto culturale e sociale, che è stata in grado di smuovere le coscienze e di mostrare un mondo e una realtà che all’epoca avevano sconvolto e aperto agli occhi a importanti politici e intellettuali. Nonostante le tempistiche di creazione contenute, non fu affatto semplice per John Steinbeck affrontare la creazione di Furore. Infatti, secondo quanto riportato in un diario, lo scrittore si sentiva immensamente inadeguato a trasmettere un messaggio tanto importante.

Il libro venne pubblicato il 14 aprile del 1939 a New York, fu best seller nell’anno di pubblicazione e anche durante il successivo 1940, vendendo 4 milioni e mezzo di copie. Ritenuto il capolavoro dello scrittore americano, fruttò a quest’ultimo 75.000 dollari dell’epoca. Si tratta del romanzo simbolo della grande depressione americana e tratta la storia della famiglia Joad, una vicenda drammaticamente adatta a ogni epoca e per la quale John Steinbeck prese spunto da una serie di articoli pubblicati nell’ottobre del 1936 dal San Francisco News.

I Joad sono costretti ad abbandonare la propria casa, una fattoria in Oklahoma, per attraversare diversi stati e giungere in California, tramite l’iconica Route 66. Un tragitto lunghissimo di ben 1.508 miglia (2.426 km). Il gruppo di disperati nel romanzo cerca di arrivare nella terra delle arance e dell’oro nel West, l’America degli Americani, la terra dei sogni. Lì, dove la famiglia Joad vorrebbe ricostruirsi una vita, dopo che la banca a cui avevano chiesto un prestito non ha rinnovato i crediti e ha quindi deciso di confiscare i terreni.

Il viaggio della speranza

Protagonisti di questo dramma sono tre generazioni: la madre con i figli e i nonni. Tom, appena uscito di galera, suo padre e sua madre, anima positiva del gruppo. Poi la giovane Rosasharn, sposa novella e incinta insieme al marito Connie. Noah, il fratello, la sorella dodicenne Ruth e il fratello Winfield di dieci anni. Un ex predicatore che si è aggregato alla famiglia tramite Tom. Lo zio John e i nonni. Una storia di speranza,  ma anche di disperazione e di lotta. 

La famiglia Joad e il viaggio
Henry Fonda in una scena del film (screen YouTube) – Il Millimetro.it

“Come fai a spaventare un uomo quando quella che lo tormenta non è fame nella sua pancia ma fame nella pancia dei suoi figli? Non puoi spaventarlo: conosce una paura peggiore di tutte le altre”.

Come tutte le opere grandiose, anche il romanzo di Steinbeck viene accolto in modo controverso. Alcuni lo vedono come un affronto, altri lo accusano di non essere fedele alla realtà. Da altri ancora viene invece apprezzato, tanto da spingerli a compiere azioni importanti. 

Una fan illustre del libro è la First Lady dell’epoca Eleanor Roosevelt. Nella sua rubrica sul quotidiano nazionale “My Day” scrive: “Ora devo dirvi che ho appena finito un libro che è un’esperienza indimenticabile nella lettura. The Grapes of Wrath di John Steinbeck ti respinge e allo stesso tempo ti attrae. Gli orrori del quadro, così ben disegnato, ti fanno temere a volte di iniziare il capitolo successivo, eppure non puoi posare il libro o nemmeno saltare una pagina”. 

Il romanzo dà alla First Lady la spinta per visitare di persona le condizioni di vita nei campi di lavoro; per poi difendere l’accuratezza delle descrizioni di Steinbeck. Il libro, e il sostegno di Roosevelt, contribuiscono persino a portare in udienza al Congresso le riforme del diritto del lavoro sulla regolamentazione dei salari.

Un’opera dall’eco enorme, in grado di condizionare la mente, la società e le vite delle persone. La potenza della letteratura che sposta l’oscurità e la tragedia. L’anima del romanzo emerge da un dialogo intimo tra Tom e la madre: «Ma prima di tutto devi dirmi una cosa, Tommy. Ti hanno maltrattato? Ti hanno fatto diventare cattivo?». «Perché mamma?». «Dicono che succede». «No, mamma, sono rimasto com’ero prima». «Perché ne ho sentite raccontare tante. E quando ti maltrattano si comincia a odiare tutti».

Furore di Steinbeck diventa un film grandioso

Il 1940 ci porta la versione cinematografica di Furore, diretto magistralmente dal regista John Ford. Il cineasta, noto soprattutto per film western, è riconosciuto come uno dei più importanti della storia della settima arte, fonte di ispirazione di altri grandi della pellicola come Martin Scorsese, Akira Kurosawa, Sergio Leone, Steven Spielberg e François Truffaut. E questo è considerato come uno dei suoi film più belli, scelto per essere conservato nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Nel 2000 viene inserito nella Hall of Fame della Online Film & Television Association. 

Furore di Steinbeck un film grandioso
Il film grandioso di John Ford (screen YouTube) – Il Millimetro.it

Quando la Twentieth Century Fox ne acquista i diritti per 70mila dollari, John Steinbeck fa inserire nel contratto una clausola per vincolare lo studio a un impegno, quello di conservare nel film “in modo completo e ragionevole i fatti principali e l’intento sociale”. Una richiesta comprensibile, considerata l’importanza del messaggio. Tuttavia, dato il periodo storico complesso, il capo dello studio decide di inviare degli investigatori in Oklahoma per avere conferma della veridicità del romanzo sull’effettiva condizione dei lavoratori. Teme che Il film possa essere tacciato di propaganda filo comunista.

Un cast eccezionale 

La prima scelta del regista è Henry Fonda per vestire i panni di Tom Joad. Viene scritturato due settimane prima dell’inizio della produzione. Il ruolo della madre viene affidato a Jane Darwell. Per il suo personaggio fa il provino anche Beulah Bondi, che convinta di avere la parte in pugno decide di comprare una vecchia macchina e trasferirsi in California per prepararsi al ruolo in mezzo ai lavoratori, salvo poi rimanere a bocca asciutta.

Furore un film eccezionale
Furore un film eccezionale (screen YouTube) – Il Millimetro.it

Nel cast anche John Carradine, Dorris Bowdon, John Qualen, Shirley Mills, Eddie Quillan e Frank Sully. Il film viene candidato a sette premi Oscar e ne vince due, miglior regista e miglior attrice non protagonista. La fotografia è un incredibile bianco e nero neorealista di Gregg Toland, che l’anno successivo avrebbe girato con Orson Welles un’altra pellicola di eccezionale pregio come Quarto potere

La leggenda narra che John Ford abbia dichiarato di non aver mai letto il libro di Steinbeck. Un’altra dice invece che il regista ne vide subito una storia molto potente, che gli rammentava la carestia in Irlanda quando i suoi avi venivano cacciati dalle terre e lasciati a morire di fame per le strade.

Nelle immagini della pellicola si possono notare le reti e il filo spinato all’ingresso dei campi di lavoro e le guardie armate con bastone e distintivo. L’anno è il 1940 e ci vorranno ancora cinque anni per arrivare a conoscere i campi di lavoro in Germania. Un’opera come già detto drammaticamente attuale anche ai giorni nostri, nonostante pesino sulle sue spalle più di 80 anni. 

Il film arriva in Italia più tardi, il 26 aprile del 1952. Nel periodo del fascismo il romanzo viene tollerato, per la proiezione del film invece devono passare ben 12 anni. Arriva quando in Italia vi è un governo democristiano che mostra non poche perplessità per via del forte messaggio. La pellicola viene addirittura proiettata con una scritta iniziale, aggiunta obbligatoriamente, in cui viene specificato che nella storia si parla di eventi ormai passati e che non c’è più la depressione.

Il monologo di Tom Joad nel romanzo è il cuore pulsante e l’anima di tutta l’opera, creato per arrivare a colpire la coscienza di ogni spettatore. E anche da questo che prenderà vita la canzone, un‘altra opera questa volta musicale, ispirata a Furore, The Ghost of Tom Joad di Bruce Springsteen, appunto: “Lo spirito di Tom Joad”.

«Non potrò mai morire. Io sarò dovunque ci sia un uomo che soffre e combatte per la vita, io sarò là. Dovunque ci sia un uomo che lavora per i figli, io sarò là. Dovunque il genere umano si sforzi di elevarsi, coi ricchi e coi poveri, in questa comune aspirazione di miglioramento. E dove una famiglia mangerà le frutta d’un nuovo frutteto, o andrà a occupare la casa nuova, là mi troverai…». 

Il Boss e la sua ballata in onore degli ‘Ultimi’

The Ghost Of Tom Joad è l’undicesimo album di Bruce Springsteen, pubblicato il 21 novembre 1995. The Ghost, inteso come fantasma, come spettro, in questo caso più che altro come spirito. Quello che aleggia intorno a noi ancora oggi, quello di Tom: “Io sarò ovunque ci sia un uomo che soffre”. 

Il Boss e la sua ballata
La copertina dell’album di Springsteen, The Ghost Of Tom Joad – Il Millimetro.it

Come dichiarato dal cantautore americano, l’album viene al mondo dopo dieci anni di dialogo interiore a seguito del successo di Born In The USA, con un unico interrogativo, ovvero: qual è il ruolo dell’uomo ricco in un contesto sociale e culturale come questo?

In occasione dell’uscita dell’album viene interpellato al riguardo Alessandro Portelli, studioso dei testi di Springsteen. Gli viene chiesto con quale diritto un cantante tanto ricco arrivi a trattare temi di questo tipo, e lui rispose in modo impareggiabile: “Quando della povertà parlano i poveri non li state a sentire, quando ne parla un ricco dite che è ipocrita e non ne ha diritto. In altre parole: dei poveri non si deve parlare mai”.

Bruce Springsteen non è un uomo ricco qualunque, lui la sofferenza se la porta dentro, lo ha segnato e gli ha insegnato a guardare il mondo con occhi differenti. Gli stessi occhi profondi e malinconici con cui riesce a cogliere ogni bruttura e con cui mette appunto al mondo tutto l’album. Un’opera sussurrata con una voce calda, accogliente e tagliente al tempo stesso. Oltre naturalmente al romanzo, un’altra importante fonte di ispirazione per la creazione della canzone è Tom Joad di Woody Guthrie. Il finale è chiaramente connesso al brano di Springsteen: 

Wherever little children are hungry and cry,

Wherever people ain’t free.

Wherever men are fightin’ for their rights,

That’s where I’m a-gonna be, Ma.

That’s where I’m a-gonna be”

La rabbia di Furore che riecheggia attraverso i decenni, un’eco mai svanita che ancora nel 2010 colloca il romanzo tra i più importanti pubblicati dal 1923 in poi. La famiglia Joad una forza indomabile di fronte alle avversità, una testimonianza e un monumento indistruttibile della perseveranza umana. Un’opera di denuncia potente, contrastata da sempre dal mondo conservatore che non ha mai perdonato allo scrittore di aver messo in evidenza la lotta di classe tra gli ultimi e i più fortunati, di aver sollevato il velo e mostrato la vergogna dei potenti e la dignità degli emarginati. E di aver liberato lo spirito di Tom Joad.

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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