Twitter, l’usignolo è il nuovo panda

Lo confesso: sono stato un “twittatore seriale” anche io. Come il canto delle sirene per Ulisse, anche il sottoscritto è stato sedotto e stordito dai cinguettii dell’usignolo più famoso del mondo. Oggi però, ferito e disilluso (come milioni di persone in Italia) dallo snaturamento del social autorevole, politicamente corretto e istituzionale per eccellenza, il mio approccio è sicuramente più equilibrato. Ma cosa succede dalle parti di San Francisco, l’innovativa città californiana che ha dato i natali alle più riuscite esperienza tecnologico-sociali degli ultimi decenni?

Informazione e disinformazione

Una premessa è d’obbligo: Twitter continua a rappresentare (anche per il sottoscritto) uno strumento eccezionale per informarsi facilmente, in tempo reale, in modo gratuito, su tutti i temi a noi più cari. E questo è già tantissimo. Ma il giochetto resta valido solo e soltanto se ci affidiamo ai canali ufficiali, perché se ci si addentra nel mondo oscuro e politicamente scorretto dei bot, degli hashtag improbabili creati ad hoc e spinti in tendenza da pochi utenti ma ben organizzati, delle campagne orchestrate a dovere per fare disinformazione e per destabilizzare, allora è meglio starne alla larga.

Ma quando è iniziata la “decadenza” di questo social?
Twitter è nato nel 2006: in poco tempo è diventato il social istituzionale per eccellenza, quello preferito dai politici, dagli enti governativi, dalle star, diventando una potenza non solo politica ma anche economica. Oggi gli account nel mondo risultano essere 1,3 miliardi, dei quali però solo 330 milioni attivi. 13 milioni, invece, sono gli account italiani.

E se sul fronte istituzionale Twitter continua ad essere un social autorevole e prezioso per addetti ai lavori e non (si pensi a @Quirinale, @Palazzo_Chigi, @Montecitorio, @SenatoStampa, per citare i principali, e all’utilizzo virtuoso di tantissimi politici, da Letta a Meloni, passando per Calenda e Renzi), c’è da dire che spesso sul social la scena è stata rubata da negazionisti, complottisti, terrapiattisti e via discorrendo. Utenti (in carne e ossa oppure virtuali) con pochi follower ma in grado di generare discussioni e fare tendenza (e proselitismo) grazie a quel mistero che è l’algoritmo. Questo è stato il primo sbandamento del social, purtroppo già nei primi anni di vita, come ammesso dagli stessi fondatori e amministratori, che hanno quantificato in un 5% (ritengo di gran lunga al di sotto della realtà) la percentuale di bot sul totale degli account.

Cartellino rosso per Trump

Ma è stato nel gennaio del 2021 che su Twitter si è scatenata la tempesta perfetta, quando all’allora presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, appena sconfitto da Biden, Twitter decise di sospendere l’account per un utilizzo, diciamo così, spregiudicato del social. Erano i giorni della rivolta a Capitol Hill, e Twitter fu utilizzato da Trump (in modo scorretto e irresponsabile, questo è indubbio!) come una sorta di chiamata alle armi per il suo popolo, sfociato nel sanguinoso attacco al Campidoglio. La sospensione di Trump (non un consigliere comunale di un paesino di provincia, non il leader di un partito politico, ma il numero uno dello Stato numero uno!) ha scatenato un vero putiferio socio-antropologico in punta di diritto, sulla necessità o meno di assicurare il diritto di parola a tutti, sempre.

Twitter, l'usignolo è il nuovo panda

Una libertà, quella di esprimere il proprio pensiero, che però nel caso dei tweet trumpiani incriminati ha cozzato violentemente contro tutti i principi di democrazia e di pacifica convivenza all’interno di uno Stato. La divisione tra sostenitori della sospensione e contrari al provvedimento è stata trasversale e disordinata: l’Unione Europa, ad esempio, ha giudicato la decisione dei vertici di Twitter un pericoloso precedente. Ci si chiede: Twitter può giudicare il contenuto di un tweet, a maggior ragione se proviene dall’account personale del presidente degli Usa? E su quali basi? E se il testo viene ritenuto violento, o falso, o pericoloso, quali provvedimenti è possibile prendere?

Se i leoni da tastiera dettano la linea…

Non mi avventurerò in queste disquisizioni per giuristi e sociologi, ma quell’episodio ha sicuramente messo a nudo tutti i limiti di Twitter, tutte le incongruità. Come comportarsi con chi quotidianamente, in modo sistematico, semina fake news e zizzania in rete? Un esercito di leoni da tastiera che passa in pochi mesi da dissertazioni sui vaccini all’analisi delle strategie di guerra, con una incursione nel “so tutto io” per eccellenza: come si allena la Nazionale di Calcio. Un trionfo di photoshop, titoli e notizie inventate, falsità, complotti, deduzioni ed elucubrazioni improbabili, che trovano terreno fertile in un popolo disorientato e, diciamolo, mediamente ignorante. È pur vero che se i giornalisti prestassero meno attenzione a queste voci, forse resterebbero isolate e non considerate.

Purtroppo, invece, è sempre più frequente il lancio di una notizia seguita dalla formuletta magica “… e sui social si scatena la protesta”. Che siano i Maneskin che criticano Putin o Fedez che critica Pillon, la stampa colora il pezzo in questione condendolo di frasi recuperate dai social, spesso al limite della querela e del buongusto. Il problema è che in molti casi si tratta di account anonimi, privi di informazioni, con pochissimi follower al seguito. Insomma, che a “dettare la linea” sia @Ciccio8328548905321 (perché questo è il tenore dei nick name) mi sembra davvero inaccettabile. Eppure siti e giornali in qualche caso gli dedicano il titolo e un paio di righe dell’articolo. Il trionfo del chiacchiericcio da bar!

Musk, da Marte a Twitter

Ma torniamo ai problemi di Twitter: nelle scorse settimane Elon Musk ne ha annunciato l’acquisto, per la modica cifra di 44 miliardi di dollari. Una acquisizione data per certa ma che nei giorni scorsi ha subito un inatteso stop, con la dichiarazione di Musk di aver “sospeso temporaneamente le operazioni per completare l’acquisto di Twitter, in attesa che sia fatta chiarezza sul numero di account falsi e di bot attivi sul social network”. Musk, sudafricano, il più ricco del pianeta (patrimonio netto di 219 miliardi), fondatore di PayPal, Tesla e SpaceX, una sorta di Re Mida dei nostri tempi, personaggio “sfaccettato” che si ama o si odia era perfettamente a conoscenza dei numerosi bot presenti su Twitter. La sua decisione, quindi, appare più un ripensamento sulla sostenibilità dell’offerta che un dubbio sulla bontà del prodotto da acquistare.
Ma perché si parla tanto di questa acquisizione? Musk ha dichiarato di voler acquistare Twitter per garantire la libertà di espressione, togliendo tutti i limiti oggi imposti dai vertici della società californiana.

Twitter, l'usignolo è il nuovo panda

Ha già detto che chiederà a Trump di tornare a twittare, che renderà l’algoritmo open source, per facilitare le interazioni (e quindi gli scontri verbali, aggiungo maliziosamente), che farà la guerra ai bot, perché imporrà ad ogni account di rivelare la propria identità. Insomma, una rivoluzione significativa per un social che dalla nascita ad oggi, di epocale ha solo deciso il raddoppio del numero di caratteri, da 140 a 280. Cosa accadrà se Musk diventerà il padrone di Twitter e metterà in pratica quanto annunciato? Nessuno può dirlo, anche se le polemiche sono già iniziate: Biden, la Harris, la Clinton e quasi tutti gli esponenti del Partito Democratico statunitense si sono detti profondamente preoccupati dalle dichiarazioni di Musk. L’Unione europea nel frattempo ha ricordato che da noi vige il cosiddetto DSA, il Digital Service Act, che fissa paletti ben precisi sui contenuti delle piattaforme e dei motori di ricerca. Una misura resasi indispensabile per porre un freno all’odio in rete.

C’è da dire che Twitter, non tradendo il suo spirito politicamente corretto, è stato il social che per primo e in modo più incisivo è intervenuto durante la pandemia per contrastare la disinformazione, ad esempio rimuovendo molti contenuti e bloccando profili scorretti. Ma è come svuotare il mare con un bicchiere… La domanda che tutti si pongono è la seguente: se durante la pandemia a gestire i cinguettii fosse stato Musk, cosa sarebbe accaduto? E cosa accadrà nel “suo” Twitter, che lui immagina come una sorta di social di opinion leader? Un addetto ai lavori preparato e lungimirante come il professor Lucio Lamberti ha recentemente dichiarato. “Non mi stupirei se Musk trovasse il modo di monetizzare i tweet con la blockchain e le criptovalute”.

Twitter, l'usignolo è il nuovo panda

Tra le prime cose vendute come NFT c’è stato il primo tweet di Jack Dorsey, fondatore di Twitter. Altro che paladino della comunicazione e della libertà di espressione. Musk vuol far soldi su Marte, perché meravigliarsi se tentasse di farli comodamente qui, sul pianeta terra, utilizzando uno dei social più influenti del globo? C’è da dire che da quando ha annunciato l’acquisto di Twitter le cose non è che siano andate bene per le sue finanze: il titolo Tesla ha preso percentuali tutt’altro che irrilevanti, e se davvero dovesse rinunciare ad acquisire Twitter dovrebbe pagare una penale da un miliardo di dollari. Ma miliardo più o miliardo meno (su 219 parliamo di spiccioli), il problema restano la fruibilità, l’accesso, i contenuti, la gestione di quello che per molti (me compreso) continua a rimanere IL social per eccellenza: Twitter!

Quando il social fa il suo dovere

Se la prima Guerra del Golfo del 1990 è passata alla storia per essere stato il primo conflitto trasmesso in tv, la guerra in Ucraina passerà alla storia per il suo racconto in diretta sui social e su Twitter in particolare. Una sorta di storytelling senza fine che ci porta in prima linea sul fronte, senza filtri, a farci vedere le atrocità e le assurdità di questa guerra. Lo stesso presidente ucraino, Zelensky, utilizza i tweet per comunicare i tempi della guerra e conquistare consenso negli Stati, come un reale, moderno mezzo di difesa dagli attacchi della Russia di Putin.

Ecco, proprio i due eventi luttuosi degli ultimi due anni, la pandemia e la guerra in Ucraina, ci dimostrano che continuare a poter attingere le informazioni (quelle serie, quelle autorevoli, quelle ufficiali!) da un social istituzionale e politicamente corretto come Twitter è una questione che va oltre la comunicazione e l’informazione, ma che invade (pacificamente, questa volta) i campi della libertà d’espressione, del diritto di parola e di informazione, della tenuta civile e della democrazia. E allora non lasciamoci sedurre dalle sirene, ma facciamo in modo che dal Twitter ci arrivino solo cinguettii musicalmente gradevoli, isolando i tanti in mala fede. Ognuno di noi si impegni, nel proprio piccolo, in questa vera battaglia in difesa dell’usignolo, un nuovo panda da difendere e tutelare.       

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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