Nell’ultimo decennio una metamorfosi sostanziale: nel mezzo le vite di chi fugge, chi torna e chi non se n’è mai andato
Il tempo è in grado di mutare e, a volte, anche di trasformare l’assetto di un Paese così come lo conosciamo nel presente. Chi più, chi meno, tutti gli Stati del mondo subiscono e riflettono quelli che nella storia si definiscono come corsi e ricorsi. Alcuni Paesi, però, cambiano più di altri. Il Venezuela è uno di questi. Paese dell’America latina – costa settentrionale del Sud del continente –, è una Repubblica federale che conta quasi 29 milioni di abitanti.
Nell’ultimo decennio ha subìto una metamorfosi sostanziale: da importante esportatore di petrolio nel mondo, dalle complicate relazioni internazionali e dal controverso ruolo geopolitico, sta vivendo oggi una delle più gravi crisi economiche, politiche e sociali della sua storia. Le conseguenze di questo radicale passaggio sono evidenti sulle vite delle persone, segnate dagli effetti dell’instabilità e insicurezza che per molti si è tradotta in una fuga necessaria dal Paese.
I numeri della diaspora migratoria
Quella di oggi è, per il Venezuela, una sfida umanitaria senza precedenti, poiché la diaspora di rifugiati e migranti ha assunto le dimensioni della più grande crisi di sfollamento al mondo, con un allarmante numero di oltre 7,7 milioni di persone che hanno lasciato il territorio.
L’inizio della crisi risale al 2013, quando il PIL ha subìto una contrazione drastica, dando il via a uno dei più gravi crolli economici per un Paese non in conflitto in quasi mezzo secolo. La narrazione mediatica e le considerazioni della comunità internazionale hanno troppo spesso raccontato di questa come una crisi dal peso regionale e non globale.