La lenta agonia dei quotidiani italiani

Il boom di internet e dei social, la fuga degli inserzionisti, i giochi politici e di potere e la mancanza di innovazione. Un mix devastante per i quotidiani italiani, alle prese con un crollo verticale delle vendite che va avanti oramai da anni, mai bilanciato dalle edizioni digitali. Negli anni ’80, ad esempio, Repubblica era il primo quotidiano, con una tiratura di oltre mezzo milione di copie, seguito dal Corriere della Sera (circa 450mila). Oggi il quotidiano fondato da Scalfari nel 1976 sta affrontando la crisi più grave dalla sua nascita, visto che le copie vendute si attestano intorno alle 120mila. Il Corriere della Sera invece, viaggia di poco sopra le 230mila, con una forbice tra i due quotidiani che però si allarga sempre di più. Nel panorama nazionale sono davvero in pochi a fare eccezione al calo delle vendite: nelle impietose rilevazioni mensili si affaccia ogni tanto un timido segno più accanto ad Avvenire, Fatto Quotidiano, Libero, Italia Oggi, per citarne alcune. Ma nulla in grado di recuperare la valanga di giornali “scomparsi”.

La lenta agonia dei quotidiani italiani

La lenta agonia dei quotidiani italiani – Problema globale dell’editoria

Gianluca Comin entra subito nel merito di questa crisi: “È un problema globale dell’editoria, che sta proseguendo da più di una decina di anni e che riguarda in particolar modo i quotidiani. In Italia è più sentita rispetto ad altri paesi, penso ad esempio a Germania e Francia”, dichiara il presidente e fondatore dell’agenzia Comin & Partners, eccellenza italiana nella comunicazione e nella consulenza strategica. Tra i peggiori nemici dell’informazione dei quotidiani c’è sicuramente la diffusione di internet e dei social: “Il problema – spiega Comin – è l’attenzione del pubblico e la vecchia contraddizione tra l’informazione che deve educare e quella che deve invece assecondare. Oggi il digitale asseconda molto di più chi clicca sulle notizie, con una attenzione maggiore verso temi più popolari, come il gossip, il sesso, lo sport, il costume. In questo scenario gli argomenti più seri come l’economia, la cultura e la politica suscitano meno interesse. Il digitale ha questa pecca: non aiuta la crescita nella consapevolezza del ruolo dell’informazione in un sistema democratico. E con la crescita del digitale – osserva – è cambiato anche il mondo pubblicitario, visto che budget importanti della carta stampata sono stati dirottati su Google e in generale sui siti che performano meglio dal punto di vista della vendita del prodotto”.

La lenta agonia dei quotidiani italiani – La concorrenza sleale di internet, aggiornato e gratuito

Se si parla di internet e social, si parla soprattutto dei nativi digitali. Il problema è duplice: a differenza dei quotidiani l’informazione social ha i due grandi vantaggi di essere aggiornata in tempo reale e gratuita. “I giovani si informano molto bene – sottolinea Comin – sono globali nell’attingere informazioni rispetto a noi. Non c’è più il rito dell’acquisto dei giornali in edicola, ora l’informazione è sul proprio smartphone, in buona parte gratuita, anche se mediata dai portali. Il vero tema non è che i giovani non si informano, ma che per loro l’informazione non costa niente, si trova facilmente. Ma al contempo non porta nulla nelle tasche degli editori e non valorizza il lavoro dei giornalisti”. Un cortocircuito in piena regola, nel quale si insinuano altri temi delicati e attuali come la diffusione delle fake news e in generale la disinformazione. Il mondo della comunicazione italiana, poi, non pullula di editori “puri”, anzi. E spesso chi ha acquistato le testate giornalistiche le ha trattate alla stregua di una squadra di calcio. Oggi Antonio Angelucci, ad esempio, che nasce come imprenditore nel campo della sanità, è anche editore di ben tre quotidiani nazionali: Il Tempo, Libero e Il Giornale.

La lenta agonia dei quotidiani italiani
La lenta agonia dei quotidiani italiani

La lenta agonia dei quotidiani italiani – I gruppi editoriali e la girandola delle direzioni

Nelle redazioni si avverte qualche tensione: ci sono stati molti avvicendamenti ai vertici e ci sono novità importanti in questi giorni. Marco Tarquinio ha annunciato l’addio alla guida dell’Avvenire dopo ben 14 anni, una delle storie più longeve. Il quotidiano Domani, fondato da Carlo De Benedetti (già editore di Repubblica) ha perso il direttore Stefano Feltri per affidare la guida ad Emiliano Fittipaldi. E poi c’è l’esordio di Matteo Renzi come direttore editoriale de Il Riformista e il ritorno de L’Unità, che sarà diretta da Piero Sansonetti. Una girandola da capogiro: “Vero – conferma Comin – ma se guardo agli ultimi 30 anni abbiamo avuto periodi ben più caldi di questo in termini di cambio di direzione e vicende editoriali. L’avvicendamento Tarquinio, che ha fatto un lavoro straordinario, visto che ha fatto crescere un giornale comunque ‘di nicchia’, dandogli un ruolo significativo nel dibattito politico, credo sia naturale dopo tanti anni. E su Renzi ricordo che Veltroni ha fatto il direttore de L’Unità, e quindi non mi spaventano i politici che dirigono un giornale, anche perché Renzi non è direttore responsabile ma editoriale. Insomma, una sorta di direttore politico, un modo per avere visibilità”. Un altro problema è la scomparsa delle edicole, in un circolo vizioso che si autoalimenta: “Il tema dell’accesso al mezzo di informazione è sicuramente attuale”, afferma Comin. “In Italia i quotidiani si vendono solo nelle edicole. O ci si converte al digitale oppure non è facile trovare la copia cartacea. Forse se venisse liberalizzata la vendita dei giornali nei supermercati qualche copia in più si potrebbe vendere”.

La lenta agonia dei quotidiani italiani

La lenta agonia dei quotidiani italiani – Cercasi il “Le Monde” nostrano

Ma torniamo ai contenuti. Che in qualche caso ci sia un calo della credibilità dei quotidiani è innegabile. Ma il fiume ininterrotto di notizie sui canali all news, sui social, sui siti di informazione, deve coincidere con un cambio della linea editoriale dei quotidiani: meno “cronaca” e più contenuti inediti, più approfondimenti, più storie. È questa la formula che ha permesso al quotidiano francese Le Monde di avviare da qualche anno un nuovo corso, superando il mezzo milione di copie, il doppio rispetto al 2016. La ricetta vincente? Tutto in controtendenza: estesa rete di corrispondenti all’estero, riduzione degli articoli e aumento della lunghezza media, più approfondimenti e assunzione di 150 giornalisti negli ultimi anni. Insomma, il quotidiano francese ha vinto la sfida impossibile contro internet e la televisione liberandosi dal rito del flusso di notizie, concentrandosi sul racconto originale. “Il caso di Le Monde è sicuramente eccezionale, la prassi è ben diversa”, commenta Comin.

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La lenta agonia dei quotidiani italiani – Meno copie, ma resta la credibilità

“La crisi c’è, il tema è la credibilità del settore dell’informazione e quella dei marchi che li rappresenta. Ma una cosa è certa: ogni target ha il suo mezzo di informazione, ogni esigenza ha il suo canale: se hai bisogno di parlare ai giovani il quotidiano non è certo il mezzo più adatto. Ma se invece ci si vuole rivolgere agli opinion leader e alla classe dirigente il quotidiano rimane il mezzo principale. Idem se bisogna fare una intervista importante, una dichiarazione che muove i mercati. Insomma – conclude il presidente e fondatore di Comin & Partners – se è vero che in termini di copie vendute c’è una crisi che continua da anni, in termini di ruolo istituzionale e di credibilità i giornali cartacei hanno ancora un grande ruolo”.

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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