La ‘nuova’ dottrina di politica estera di Putin

Prima dell’invasione russa dell’Ucraina, il 24 febbraio 2022, a detenere il primato di essere il Paese più sanzionato al mondo era l’Iran, seguito da Siria e Nord Corea. Ma in meno di un mese dall’inizio della guerra su larga scala, la Russia di Vladimir Putin ha superato tutti i rivali, con più di 5.000 diversi tipi di sanzioni, alcune delle quali in vigore dall’annessione della Crimea nel 2014. Un dato strettamente connesso con le relazioni esterne di Mosca e la sua politica estera, cambiate radicalmente da oltre un anno e mezzo a questa parte. Con conseguenti equilibri mondiali, e soprattutto interni sconvolti, così come l’agenda e i viaggi del Presidente russo, mai così limitrofi e quasi, tra vecchie e nuove amicizie, volte sempre più a Oriente.  Lo ha approvato direttamente lui, il Presidente russo Vladimir Putin, il 31 marzo scorso, in sostituzione alla versione varata nel 2016: stiamo parlando del nuovo Concetto di Politica Estera della Federazione Russa, un documento che, come si evince dal titolo stesso, delinea proprio la rappresentazione degli affari pubblici fuori dai confini del Paese. E che ha come obiettivo principale quello di trasformare la regione del suo estero vicino “in un’unica zona di pace, sviluppo, fiducia reciproca e prosperità”, così come ha dichiarato lo stesso Putin, aggiungendo che “la Russia si impegna a garantire la sicurezza in modo paritetico per tutti i Paesi sulla base del principio di reciprocità”. Anche se più che un ‘manuale di istruzioni’, il Concetto è una sorta di mappa all’interno della quale devono muoversi le istituzioni russe: non un documento vincolante, quindi, con le decisioni in materia di politica estera che rimangono prerogativa del Cremlino e dei diversi personaggi ai quali l’amministrazione presidenziale affida i dossier più importanti. Il contenuto del testo conferma anche la geografia del potere radicatasi in Russia negli ultimi decenni ed elenca gli organi responsabili per l’implementazione e la gestione della politica estera della Federazione, de facto rafforzando, però, il ruolo di Vladimir Putin. Come aveva anticipato Sergej Lavrov, il nuovo concetto prevede l’esigenza di porre fine al monopolio dell’Occidente sulla politica internazionale. Un Occidente che vuole riportare indietro di decenni la Russia: dal 2016, ha chiosato, “la situazione del mondo è diversa” e da allora “ci sono stati profondi cambiamenti”. Tornando alla ‘vera’ politica estera, il Concetto varato la scorsa primavera pone l’accento sull’approfondimento globale delle relazioni con Cina e India e del coordinamento con le due potenze, considerati centri di potere globali amichevoli. Mosca si è inoltre detta interessata anche a mantenere la parità strategica e la coesistenza pacifica con gli Stati Uniti e a stabilire un equilibrio di interessi, tenendo conto del loro status di maggiori potenze nucleari, della responsabilità speciale per la stabilità strategica e per la sicurezza internazionale – gli Stati Uniti vengono però indicati come principale ispiratore, organizzatore ed esecutore dell’aggressiva politica anti-russa dell’Occidente collettivo, fonte dei principali rischi per la sicurezza della Federazione Russa, la pace internazionale, lo sviluppo equilibrato, equo e progressivo dell’umanità. “Le prospettive di un tale modello di relazioni russo-americane – si legge nel documento – dipendono dalla disponibilità degli Stati Uniti ad abbandonare la politica di dominio forzato e riconsiderare il corso anti-russo a favore di un’interazione con la Russia basata sui princìpi di uguaglianza sovrana, mutuo vantaggio e rispetto per gli interessi reciproci”. La Russia proteggerà i suoi interessi nazionali, quindi, creando le condizioni per la cessazione delle azioni ostili dei Paesi europei, poiché la maggior parte di essi, tra le altre cose, starebbe perseguendo una politica aggressiva nei confronti della Federazione Russa, volta a creare minacce alla sicurezza e alla sovranità del Paese.

La 'nuova' dottrina di politica estera di Putin
Il leader nordcoreano Kim Jong-un e il presidente russo Vladimir Putin – Foto LaPresse

La ‘nuova’ dottrina di politica estera di Putin – Tra Kim e Xi

Se con la pandemia da Covid-19 Putin si era chiuso tra i suoi confini (non ha mai lasciato la Russia dal 23 gennaio 2020 a giugno 2021), il mandato di arresto spiccato dalla corte Penale internazionale de L’Aja nei confronti del Presidente russo lo scorso marzo (valido solo nei 123 Paesi che hanno sottoscritto lo Statuto di Roma, tra i quali non ci sono Stati Uniti, Israele, Cina e Ucraina), lo ha costretto a riguardare la sua agenda così come le amicizie. Non solo per il rischio di essere veramente arrestato a seguito delle accuse di crimini di guerra, ma anche per l’importanza delle attuali visite all’estero, ormai centellinate e mai come ora per scopi ben precisi. Difficile ma non impossibile vederlo in Cina questo mese, dopo la proposta del Presidente cinese Xi Jinping a recarsi nel Paese: “Ho accettato con piacere l’invito del Presidente della Repubblica Popolare Cinese a visitare la Cina in ottobre”, aveva detto Putin al ministro degli Esteri di Pechino Wang Yi durante un incontro a settembre. In attesa di capire se in occasione del forum Belt and Road Putin viaggerà per la prima volta all’estero dopo il mandato di arresto, un altro significativo incontro è stato il bilaterale con il leader nordcoreano al cosmodromo di Vostochny, in Siberia. L’incontro di mercoledì 13 settembre scorso tra il Presidente russo e Kim Jong-un si è svolto in due fasi: dopo un primo confronto in presenza delle delegazioni, il dialogo è proseguito con un colloquio diretto faccia a faccia, in un clima di cordialità e di manifesto spirito di collaborazione. Con tanto di 40 secondi di stretta di mano e una unione nella “lotta contro l’imperialismo”, così come Kim ha definito l’amicizia con Vladimir. Tra promesse missilistiche da una parte e armi dall’altra (le consegne di quelle nordcoreane a Mosca avvengono già dall’estate), ognuno per combattere contro un nemico, inesistente, ma che riesce a tenere ancora in scacco tutto il mondo.

(foto copertina LaPresse)

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Il prigioniero del secolo

La libertà di Assange, fondatore di WikiLeaks, è l’unica arma che abbiamo per contrastare chi sta costruendo passo dopo passo la Terza guerra mondiale. Ad affrontare il tema è Alessandro Di Battista, collaboratore de il Millimetro e tra i massimi esperti dell’argomento, oltre a essere protagonista di un fortunato tour teatrale incentrato sul giornalista australiano. Greta Cristini analizza geopoliticamente le origini dell’attentato terroristico islamista in Russia e i possibili scenari. All’interno anche L’angolo del solipsista, Vita da Cronista, Line-up, Pop Corn, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Andrea Pamparana, Alessandro De Dilectis, Simone Spoladori, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Tutt’altra politica di Paolo Di Falco. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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