Tutti i muri della Terra Santa

Allahu Akbar, Allahu Akbar” (in arabo “Allah è grande”), urla una donna all’ombra di un ulivo davanti alla moschea di Al-Aqsa, luogo simbolo per la religione islamica e terzo più sacro al mondo, sulla spianata delle Moschee a Gerusalemme. Nonostante nelle cartoline della Città Santa la cupola di piombo non sia famosa come l’iconica dorata della adiacente Cupola della Roccia, l’importanza della moschea rettangolare che può ospitare fino a 5.000 fedeli è strettamente legata a dove è situata, all’interno di un complesso chiamato dai musulmani al-Haram al-Sharif. Ovvero il “nobile santuario”, che oltre a comprendere le moschee, i quattro minareti e le porte storiche, è il punto dove secondo il Corano Maometto è asceso al cielo dopo aver cavalcato per tutta la notte nel deserto dalla Mecca fino a Gerusalemme. “Allahu Akbar”, continua a ripetere ad alta voce la donna, non in preghiera rivolta verso la moschea ma a uno degli ingressi del Monte del Tempio, come viene chiamato dagli ebrei, perché corrisponde al sito in cui sorgevano il tempio costruito da re Salomone, distrutto dai babilonesi, e il Secondo tempio, distrutto dai romani – la Spianata delle Moschee è sacra anche per il cristianesimo: nel Tempio si svolsero infatti diversi episodi importanti della vita di Gesù Cristo. L’unico modo per accedervi per un ebreo, un cattolico o un turista è attraverso il Muro del Pianto, il monumento più sacro per l’ebraismo, distrutto dai romani nell’assedio di Gerusalemme del 70 d.C. e mai più ricostruito. A partire dalla fine della Guerra dei Sei Giorni, combattuta e vinta da Israele nel 1967, la sicurezza nella Spianata delle Moschee è gestita dallo stato israeliano: nonostante venne concordato uno status quo che concedesse gran parte dell’autorità sulle questioni religiose ai custodi musulmani della Spianata del Waqf di Gerusalemme, una fondazione religiosa controllata dalla Giordania, l’area è di fatto circondata dal territorio israeliano con le forze dell’ordine israeliane a regolare accessi e ordine pubblico. È il motivo per cui la donna, che continua a dire che “Allah è grande“, alza la voce quando la polizia quasi la circonda mentre entra un gruppo di ebrei ortodossi scortati dai militari israeliani – gli ebrei possono pregare soltanto presso il Muro del Pianto, la preghiera nella Spianata delle Moschee è a loro vietata e riservata esclusivamente ai musulmani. Un argomento di scontro ormai datato acuito soprattutto nei giorni del Pesach e del Ramadan – negli ultimi 10 giorni del mese sacro dedicato al digiuno e alla preghiera per i musulmani, la Spianata è aperta solo ai fedeli islamici -, e una rivalità che va ben oltre il credo religioso.

Tutti i muri della Terra Santa
Foto di Maria Michela D’Alessandro

Tutti i muri della Terra Santa – Pasqua a Gerusalemme

Non è scontato che tutti gli anni la Pasqua cristiana capiti nella stessa settimana del Pesach e negli stessi del Ramadan. La festività ebraica che dura otto giorni e che ricorda la liberazione del popolo ebraico dall’Egitto e il suo esodo verso la Terra promessa, cade il primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera, mentre la Pasqua la domenica successiva. Il Ramadan coincide invece con il nono mese del calendario lunare, che è di circa 10 o 11 giorni più corto rispetto al calendario gregoriano comunemente usato: le date non sono quindi fisse e ogni anno retrocede di 10 giorni. Quest’anno, per due di fila, Gerusalemme non ha solo visto festeggiare i tre eventi religiosi con migliaia di pellegrini provenienti da tutto il mondo, ma anche gli scontri sul luogo più sacro della città antica: nella notte tra il 4 e il 5 aprile scorso, in pieno Ramadan, diverse persone sono rimaste ferite negli scontri scoppiati all’interno della moschea di Al-Aqsa dopo il blitz della polizia israeliana intervenuta per disperdere i manifestanti e i fedeli – secondo un portavoce della polizia israeliana c’erano “individui mascherati, lanciatori di pietre e fuochi d’artificio e individui sospettati di profanare la moschea. Durante la notte molte decine di giovani che hanno violato la legge e mascherati hanno contrabbandato fuochi d’artificio, mazze e pietre nella Moschea e si sono barricati in modo violento al suo interno usando sbarre di ferro, armadi e altri oggetti dalla moschea”. Mentre Hamas ha parlato di un “crimine senza precedenti”, il portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas ha avvertito Israele che questa mossa “supera tutte le linee rosse e porterà a una grande esplosione”. Gli incidenti hanno scatenato ulteriori proteste e condanne – oltre 350 palestinesi sono finiti in manette -, con il movimento islamista che ha invitato i palestinesi in Cisgiordania “ad andare in massa alla moschea di Al-Aqsa per difenderla assieme a tutti i luoghi sacri”. Per il momento e fino alla fine del Ramadan previsto per il 21 aprile, gli unici che si potranno recare nel complesso saranno proprio i musulmani, come deciso dal primo ministro Benjamin Netanyahu, guardati a vista dai numerosi soldati israeliani che presidiano giorno e notte la Spianata e tutta l’area circostante.

Tutti i muri della Terra Santa – Un mondo di arte

Si vede fin troppo bene dalla superstrada numero 60 che collega Gerusalemme, in Israele, e Betlemme, in Cisgiordania, divise in parte da un muro alto 8 metri che spicca anche in lontananza. E che rende difficile pensare che l’aggettivo “santo” venga ancora accostato a “Terra”, per lo meno quando si scende dall’autobus 231 alla fermata di Betlemme, a pochi km di distanza dalla Chiesa della Natività, lì dove è nato Gesù Cristo. Piove e c’è la nebbia, anche se il sole cambierebbe poco il panorama dei cumuli di spazzatura per le strade, e quel muro che si nasconde tra i palazzi abbandonati insieme al canto del Muezzin che invita alla preghiera. La vita di Betlemme sembra divisa a metà ancor prima di trovarsi davanti l’imponente muro costruito nel 2002 al culmine della seconda intifada. Anche se le autorità israeliane preferiscono chiamarla barriera di separazione, progettata come mezzo di difesa dal terrorismo per impedire ad attentatori di entrare in Israele dalla Cisgiordania, e che si estende per oltre 700 km. Il grigio del cemento e la desolazione vengono interrotti per un attimo dai murales della “Wall Street”, a nord di Betlemme, dove diversi street artist, da Banksy a Sami Musa compresi i meno conosciuti, hanno lasciato negli anni le loro opere, e in particolare da un insolito dipinto con la moschea di al-Aqsa e la città vecchia di Gerusalemme. Il muro che si “apre” e svela cosa c’è al di là di per ammirare idealmente lo stesso panorama distante pochi km ma anche un mondo. Quando ricomincia a piovere, però, la luce del sole sembra essere di nuovo lontana così come la poesia di un semplice quanto forte buco nel muro.

Tutti i muri della Terra Santa
Foto di Maria Michela D’Alessandro

Tutti i muri della Terra Santa – Le proteste di piazza e la riforma della giustizia

“In un modo o nell’altro, alla fine la riforma della giustizia passerà”. O almeno è quello che ha dichiarato lo scorso 27 marzo il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a margine della decisione di rinviare la riforma della giustizia dopo mesi di proteste di piazza. Una situazione senza precedenti con la maggior crisi costituzionale registrata nel Paese dalla sua fondazione nel 1948 – il prossimo 15 maggio verranno festeggiati i 75 anni dalla proclamazione della nascita dello Stato d’Israele. Il rinnovamento porterebbe a un rafforzamento dei poteri dell’esecutivo a scapito di quelli della magistratura con diversi punti controversi, dell’elezione dei giudici (il comitato responsabile di raccomandare la nomina e la destituzione dei giudici attualmente composto da 9 membri passerebbe a 11 con 6 in rappresentanza dell’esecutivo), al freno al potere di revisione delle leggi da parte della Corte Suprema (secondo la riforma proposta, per invalidare una legge qualsiasi servirà il consenso dell’80% dei giudici della Corte Suprema, a differenza della attuale maggioranza semplice). Vi è poi la limitazione del raggiungimento del concetto di ‘ragionevolezza’ con cui i tribunali possono sottoporre di propria iniziativa al controllo giurisdizionale qualsiasi decisione governativa, compresa la nomina di pubblici ufficiali a seconda che ritengano le misure ragionevoli o irragionevoli. Cambiano anche gli incarichi di consulenti legali dei ministeri, che dagli attuali esperti indipendenti supervisionati dal ministero della Giustizia saranno invece avvocati scelti con criteri politici. E poi il punto più debole e contestato della riforma che permette a una maggioranza parlamentare semplice di 61 deputati su 120 di annullare sentenze della Corte Suprema relative a modifiche o annullamenti di leggi. I manifestanti che sono scesi in piazza per mesi sono riusciti ad ottenere un momentaneo dietro front parlando apertamente di una situazione con una deriva verso l’autoritarismo. Nonostante la sospensione del progetto di riforma, non si sono fermate le proteste: durante una delle ultime contro il governo di Netanyahu, c’è stato spazio anche per un minuto di silenzio in memoria delle due sorelle israeliane decedute in un attentato palestinese in Cisgiordania (erano entrambe cittadine britanniche) a inizio mese, e del giovane italiano Alessandro Parini rimasto ucciso sul lungomare di Tel Aviv da un auto lanciata sui passanti da un arabo israeliano la sera del 7 aprile. Tutto a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro e dai bombardamenti su e dalla striscia di Gaza, su e dal sud del Libano e su e da Israele, a partire proprio dal giorno di inizio del Pesach.

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Nativi indesiderati

Nell’ultimo decennio il Venezuela ha vissuto una metamorfosi sostanziale: nel mezzo le vite di chi fugge, chi torna e chi non se n’è mai andato. Ad affrontare il tema è Martina Martelloni, collaboratrice de il Millimetro, che direttamente sul posto ha raccontato la situazione degli indigeni, anche attraverso un eccezionale reportage fotografico. Alessandro Di Battista analizza le contraddizioni del “libero e democratico” Occidente nel rapportarsi con le operazioni militari di Israele, le sanzioni che colpiscono solo la Russia e le solite immagini che i TG nazionali nascondono. All’interno L’angolo del solipsista, Tutt’altra politica, Line-up, Un Podcast per capello e Nel mondo dei libri, le consuete rubriche di Giacomo Ciarrapico, Paolo Di Falco, Alessandro De Dilectis, Riccardo Cotumaccio e Cesare Paris. Si aggiunge inoltre Ultima fila di Marta Zelioli. Copertina a cura de “I Buoni Motivi”.

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